Quello in cui si inserisce lo scavo di Vignale (LI) è un territorio denso di testimonianze archeologiche in cui l'influenza etrusca ha tradizionalmente giocato un ruolo dominante e di forte impatto: localizzato nell'Etruria costiera, a pochi chilometri dalle monumentali tombe di Populonia, non è difficile immaginare quanto anche la percezione stessa dell'archeologia da parte delle comunità locali fosse fortemente viziata e monopolizzata da un'eredità culturale così importante. A dispetto della sua collocazione geografica, tuttavia, e se si escludono pochi frammenti ceramici raccolti in superficie nel corso degli anni, lo scavo non ha ancora restituito tracce di un insediamento strutturato di età preromana che, al momento, ipotizziamo essere sepolto sotto il solido impianto della villa/mansio di epoca romana. Dal 2003 i campi di Vignale sono oggetto di una nuova stagione di indagini archeologiche, condotte in forme diverse di collaborazione nel corso del tempo dall'Università di Siena e dal MiBACT. Originate da una nuova aratura e dall'opportunità di tutelare le famose terme individuate nel 1831 al momento della costruzione dell'Aurelia moderna e poi “perdute”, le nuove indagini a Vignale hanno progressivamente cambiato il loro punto focale: da scavo di tutela e e di formazione per giovani archeologi si sono trasformate in una lunga stagione di valutazione di un sito archeologico che si è andato svelando come di straordinaria complessità e di altrettanto straordinario interesse. Dal punto di vista della ricerca, lo scavo si è definito ben presto come progetto “Uomini e Cose a Vignale - archeologia globale di un territorio”: fulcro dell'indagine non è solamente la villa/mansio di epoca romana con tutti i suoi annessi, ma la trasformazione complessiva di un microterritorio tra l’epoca preromana e la contemporaneità; alla base, un approccio archeologico sviluppato in modo tale da non privilegiare un aspetto o un’epoca a dispetto di altri, ma che si sforza di leggere i tanti tempi e le tante forme del rapporto tra uomini e ambiente in questo pezzo della Maremma costiera. Al tempo stesso, proprio in forza del suo rapporto strutturale con una comunità umana viva, Uomini e cose a Vignale è divenuto un progetto di archeologia comunitaria ormai in grado di coinvolgere i vari livelli della popolazione locale (dalle amministrazioni pubbliche, alle numerose associazioni, dai bambini delle scuole, ai comuni cittadini) e teso a ricostruire e consolidare il rapporto tra quella comunità e il proprio passato. Dieci anni dopo l'avvio del progetto, possiamo inoltre constatare che si è così garantito alla ricerca sul campo di sopravvivere anche al venir meno di finanziamenti istituzionali e alla grande crisi economica degli ultimi anni: aver trasformato lo scavo in una operazione di archeologia pubblica e condivisa ha significato infatti anche un coinvolgimento diretto del tessuto economico del territorio con diverse aziende che sostengono il progetto erogando servizi e supporto logistico. In questo senso, l’archeologia riesce a caratterizzarsi come una azione collettiva, intesa a restituire profondità storica e identità ad una comunità umana di recente formazione, ma che è erede di una lunghissima storia di relazioni umane che si sono stratificate nel territorio e nel sito archeologico che lo sintetizza.
Costruire l’identità di una comunità dell’Etruria costiera: dieci anni di archeologia globale e partecipata a Vignale
Samanta Mariotti
2018-01-01
Abstract
Quello in cui si inserisce lo scavo di Vignale (LI) è un territorio denso di testimonianze archeologiche in cui l'influenza etrusca ha tradizionalmente giocato un ruolo dominante e di forte impatto: localizzato nell'Etruria costiera, a pochi chilometri dalle monumentali tombe di Populonia, non è difficile immaginare quanto anche la percezione stessa dell'archeologia da parte delle comunità locali fosse fortemente viziata e monopolizzata da un'eredità culturale così importante. A dispetto della sua collocazione geografica, tuttavia, e se si escludono pochi frammenti ceramici raccolti in superficie nel corso degli anni, lo scavo non ha ancora restituito tracce di un insediamento strutturato di età preromana che, al momento, ipotizziamo essere sepolto sotto il solido impianto della villa/mansio di epoca romana. Dal 2003 i campi di Vignale sono oggetto di una nuova stagione di indagini archeologiche, condotte in forme diverse di collaborazione nel corso del tempo dall'Università di Siena e dal MiBACT. Originate da una nuova aratura e dall'opportunità di tutelare le famose terme individuate nel 1831 al momento della costruzione dell'Aurelia moderna e poi “perdute”, le nuove indagini a Vignale hanno progressivamente cambiato il loro punto focale: da scavo di tutela e e di formazione per giovani archeologi si sono trasformate in una lunga stagione di valutazione di un sito archeologico che si è andato svelando come di straordinaria complessità e di altrettanto straordinario interesse. Dal punto di vista della ricerca, lo scavo si è definito ben presto come progetto “Uomini e Cose a Vignale - archeologia globale di un territorio”: fulcro dell'indagine non è solamente la villa/mansio di epoca romana con tutti i suoi annessi, ma la trasformazione complessiva di un microterritorio tra l’epoca preromana e la contemporaneità; alla base, un approccio archeologico sviluppato in modo tale da non privilegiare un aspetto o un’epoca a dispetto di altri, ma che si sforza di leggere i tanti tempi e le tante forme del rapporto tra uomini e ambiente in questo pezzo della Maremma costiera. Al tempo stesso, proprio in forza del suo rapporto strutturale con una comunità umana viva, Uomini e cose a Vignale è divenuto un progetto di archeologia comunitaria ormai in grado di coinvolgere i vari livelli della popolazione locale (dalle amministrazioni pubbliche, alle numerose associazioni, dai bambini delle scuole, ai comuni cittadini) e teso a ricostruire e consolidare il rapporto tra quella comunità e il proprio passato. Dieci anni dopo l'avvio del progetto, possiamo inoltre constatare che si è così garantito alla ricerca sul campo di sopravvivere anche al venir meno di finanziamenti istituzionali e alla grande crisi economica degli ultimi anni: aver trasformato lo scavo in una operazione di archeologia pubblica e condivisa ha significato infatti anche un coinvolgimento diretto del tessuto economico del territorio con diverse aziende che sostengono il progetto erogando servizi e supporto logistico. In questo senso, l’archeologia riesce a caratterizzarsi come una azione collettiva, intesa a restituire profondità storica e identità ad una comunità umana di recente formazione, ma che è erede di una lunghissima storia di relazioni umane che si sono stratificate nel territorio e nel sito archeologico che lo sintetizza.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


