Introduzione La procreazione medicalmente assistita (PMA) è l’insieme delle tecniche utilizzate per aiutare le coppie nelle quali il concepimento spontaneo è impossibile o remoto e si avvale di metodiche che comportano la manipolazione di ovociti, spermatozoi o embrioni nell'ambito di un trattamento finalizzato a realizzare una gravidanza. Diverse sono le opzioni terapeutiche e si suddividono in tecniche di I, II e III livello in base alla complessità e al grado di invasività. Le metodiche di I livello sono semplici, poco invasive e caratterizzate dal fatto che la fecondazione si realizza all’interno dell’apparato genitale femminile. Le tecniche di II e III livello sono invece più complesse, invasive e la fecondazione avviene in vitro. In Italia, le linee guida previste dalla legge 40/2004 regolano la PMA e prevedono l’utilizzo in prima istanza delle opzioni terapeutiche più semplici, meno invasive e solo successivamente di quelle più complesse. Le tecniche più utilizzate sono: il trattamento farmacologico per l’induzione dell’ovulazione, IUI (Intra Uterine Insemination), GIFT (Gamete Intra fallopian Transfer), FIVET (Fertilization in vitro and Embryo transfer) e ICSI (Intra Cytoplasmatic Sperm Injection). Tra le tecniche di PMA, la fecondazione in vitro è stata utilizzata per la prima volta con indicazioni limitate alla sola occlusione tubarica bilaterale; ultimamente le sue indicazioni sono state estese ad altre cause di infertilità [1,2,3]. Sebbene la maggior parte delle gravidanze con PMA non sia complicata, la fecondazione artificiale è associata ad un aumento di esiti perinatali avversi come la prematurità [4]. La fisiopatologia della prematurità è in gran parte sconosciuta, ma sono stati identificati fattori predisponenti, inclusa la riproduzione assistita [5]. Le gravidanze derivanti da PMA sono maggiormente associate anche a esiti avversi ostetrici e perinatali come gravidanze multiple, difetto di accrescimento fetale, basso peso del neonato, ricovero in terapia intensiva neonatale, complicanze placentari, ricorso a parto vaginale operativo e parto cesareo. Le cause di questi esiti sembrano essere associate ad una combinazione di infertilità dei genitori, età materna e tecniche PMA [6,7,8,9]. Obiettivi Lo scopo di questa analisi esplorativa è di confrontare la distribuzione percentuale di alcuni esiti materno infantili, tra i parti avvenuti con PMA e quelli con concepimento spontaneo (fisiologici), analizzando il flusso informativo dei certificati di assistenza al parto (CedAP) avvenuti in Puglia nel periodo 2019-2022. Tale confronto è finalizzato a valutare se eventi come il decorso della gravidanza, l’accrescimento intrauterino, la modalità di parto, il genere di parto, la presentazione fetale, l‘età gestazionale, il peso del neonato, l’Apgar e la necessità di rianimazione si verifichino con modalità diversa nei parti con PMA rispetto a quelli con concepimento spontaneo. Metodi L’analisi è stata condotta sui CedAP relativi ai parti espletati in strutture pubbliche e private della regione Puglia negli anni 2019, 2020, 2021 e 2022. I dati sono stati raccolti attraverso il sistema informativo regionale di gestione dei flussi relativi all’area gravidanza e nascita. Abbiamo definito l’esito del parto “sfavorevole” quando, attraverso i campi del CedAP, è stato riscontrato un decorso della gravidanza patologico, un difetto di accrescimento intrauterino, un espletamento del parto tramite taglio cesareo, un parto plurimo, una presentazione podalica del bambino, una nascita pretermine (età gestazionale < 37 settimane), un peso neonato ≤ 2500 gr, un punteggio Apgar a 5’ < 7, o un neonato con necessità di rianimazione. Per ogni anno analizzato, la frequenza di parti con ciascuno di questi esiti sfavorevoli è stata confrontata tra i concepimenti avvenuti tramite PMA rispetto a quelli fisiologici attraverso il test ꭓ2. È stato considerato statisticamente significativo ogni risultato con p < 0,05. L’analisi è stata condotta con il software SAS / STAT® Statistics versione 9.4. Risultati I parti del 2019 sono stati 27524 di cui l’1.3% riferiti a concepimenti con PMA; negli anni seguenti il numero di parti è sceso progressivamente mentre la percentuale di PMA è cresciuta: nel 2020 26386 parti di cui l’1.5% PMA, nel 2021 26244 parti di cui l’1.4% PMA e nel 2022 26118 parti di cui 2.1% PMA. Rispetto a tutte le variabili identificative di un esito “sfavorevole”, si evidenzia una frequenza maggiore di eventi avversi nei parti PMA rispetto ai non PMA. Nel 2019 i parti con decorso patologico di gravidanza, difetto di accrescimento, presentazione fetale anomala (podalica), ricorso al parto cesareo, plurimi, con punteggio Apgar inferiore a 7, con necessità di rianimazione, pretermine e con basso peso del neonato sono significativamente maggiori nei parti PMA rispetto ai non PMA (per tutti p<,0001). Nel 2020 tutti i precedenti esiti sono significativamente maggiori nei parti PMA (p<,0005 per il punteggio Apgar e p<,0001 per gli altri), ad esclusione della necessità di rianimazione, la quale non è risultata diversa tra due gruppi (p=0,152). Anche nel 2021 tutti gli esiti sono significativamente maggiori nei parti PMA (p<,0001) ad eccezione del punteggio Apgar (p=0,977). Nel 2022 tutti gli esiti avversi sono più frequenti nei parti PMA (p=0,0002 per il punteggio Apgar, p=0,0010 per la necessità di rianimazione, p<,0001 per gli altri) (Figura 1). Conclusioni L’analisi esplorativa evidenzia, per tutti e quattro gli anni in studio, una maggiore frequenza di eventi avversi materno infantili nei parti con concepimento PMA rispetto a quelli con concepimento spontaneo. La maggiore frequenza di questi eventi avversi nei parti PMA lascia ipotizzare che la PMA sia coinvolta direttamente, ma andrà controllata per altri possibili fattori indipendenti quali l’età materna e la stessa infertilità.

OUTCOME MATERNI E NEONATALI SFAVOREVOLI: CONFRONTO IN PUGLIA TRA I CONCEPIMENTI FISIOLOGICI E QUELLI DA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA

Metta Maria Elvira
;
Bartolomeo Nicola;Morea Rosanna;Giotta Massimo;Trerotoli Paolo
2023-01-01

Abstract

Introduzione La procreazione medicalmente assistita (PMA) è l’insieme delle tecniche utilizzate per aiutare le coppie nelle quali il concepimento spontaneo è impossibile o remoto e si avvale di metodiche che comportano la manipolazione di ovociti, spermatozoi o embrioni nell'ambito di un trattamento finalizzato a realizzare una gravidanza. Diverse sono le opzioni terapeutiche e si suddividono in tecniche di I, II e III livello in base alla complessità e al grado di invasività. Le metodiche di I livello sono semplici, poco invasive e caratterizzate dal fatto che la fecondazione si realizza all’interno dell’apparato genitale femminile. Le tecniche di II e III livello sono invece più complesse, invasive e la fecondazione avviene in vitro. In Italia, le linee guida previste dalla legge 40/2004 regolano la PMA e prevedono l’utilizzo in prima istanza delle opzioni terapeutiche più semplici, meno invasive e solo successivamente di quelle più complesse. Le tecniche più utilizzate sono: il trattamento farmacologico per l’induzione dell’ovulazione, IUI (Intra Uterine Insemination), GIFT (Gamete Intra fallopian Transfer), FIVET (Fertilization in vitro and Embryo transfer) e ICSI (Intra Cytoplasmatic Sperm Injection). Tra le tecniche di PMA, la fecondazione in vitro è stata utilizzata per la prima volta con indicazioni limitate alla sola occlusione tubarica bilaterale; ultimamente le sue indicazioni sono state estese ad altre cause di infertilità [1,2,3]. Sebbene la maggior parte delle gravidanze con PMA non sia complicata, la fecondazione artificiale è associata ad un aumento di esiti perinatali avversi come la prematurità [4]. La fisiopatologia della prematurità è in gran parte sconosciuta, ma sono stati identificati fattori predisponenti, inclusa la riproduzione assistita [5]. Le gravidanze derivanti da PMA sono maggiormente associate anche a esiti avversi ostetrici e perinatali come gravidanze multiple, difetto di accrescimento fetale, basso peso del neonato, ricovero in terapia intensiva neonatale, complicanze placentari, ricorso a parto vaginale operativo e parto cesareo. Le cause di questi esiti sembrano essere associate ad una combinazione di infertilità dei genitori, età materna e tecniche PMA [6,7,8,9]. Obiettivi Lo scopo di questa analisi esplorativa è di confrontare la distribuzione percentuale di alcuni esiti materno infantili, tra i parti avvenuti con PMA e quelli con concepimento spontaneo (fisiologici), analizzando il flusso informativo dei certificati di assistenza al parto (CedAP) avvenuti in Puglia nel periodo 2019-2022. Tale confronto è finalizzato a valutare se eventi come il decorso della gravidanza, l’accrescimento intrauterino, la modalità di parto, il genere di parto, la presentazione fetale, l‘età gestazionale, il peso del neonato, l’Apgar e la necessità di rianimazione si verifichino con modalità diversa nei parti con PMA rispetto a quelli con concepimento spontaneo. Metodi L’analisi è stata condotta sui CedAP relativi ai parti espletati in strutture pubbliche e private della regione Puglia negli anni 2019, 2020, 2021 e 2022. I dati sono stati raccolti attraverso il sistema informativo regionale di gestione dei flussi relativi all’area gravidanza e nascita. Abbiamo definito l’esito del parto “sfavorevole” quando, attraverso i campi del CedAP, è stato riscontrato un decorso della gravidanza patologico, un difetto di accrescimento intrauterino, un espletamento del parto tramite taglio cesareo, un parto plurimo, una presentazione podalica del bambino, una nascita pretermine (età gestazionale < 37 settimane), un peso neonato ≤ 2500 gr, un punteggio Apgar a 5’ < 7, o un neonato con necessità di rianimazione. Per ogni anno analizzato, la frequenza di parti con ciascuno di questi esiti sfavorevoli è stata confrontata tra i concepimenti avvenuti tramite PMA rispetto a quelli fisiologici attraverso il test ꭓ2. È stato considerato statisticamente significativo ogni risultato con p < 0,05. L’analisi è stata condotta con il software SAS / STAT® Statistics versione 9.4. Risultati I parti del 2019 sono stati 27524 di cui l’1.3% riferiti a concepimenti con PMA; negli anni seguenti il numero di parti è sceso progressivamente mentre la percentuale di PMA è cresciuta: nel 2020 26386 parti di cui l’1.5% PMA, nel 2021 26244 parti di cui l’1.4% PMA e nel 2022 26118 parti di cui 2.1% PMA. Rispetto a tutte le variabili identificative di un esito “sfavorevole”, si evidenzia una frequenza maggiore di eventi avversi nei parti PMA rispetto ai non PMA. Nel 2019 i parti con decorso patologico di gravidanza, difetto di accrescimento, presentazione fetale anomala (podalica), ricorso al parto cesareo, plurimi, con punteggio Apgar inferiore a 7, con necessità di rianimazione, pretermine e con basso peso del neonato sono significativamente maggiori nei parti PMA rispetto ai non PMA (per tutti p<,0001). Nel 2020 tutti i precedenti esiti sono significativamente maggiori nei parti PMA (p<,0005 per il punteggio Apgar e p<,0001 per gli altri), ad esclusione della necessità di rianimazione, la quale non è risultata diversa tra due gruppi (p=0,152). Anche nel 2021 tutti gli esiti sono significativamente maggiori nei parti PMA (p<,0001) ad eccezione del punteggio Apgar (p=0,977). Nel 2022 tutti gli esiti avversi sono più frequenti nei parti PMA (p=0,0002 per il punteggio Apgar, p=0,0010 per la necessità di rianimazione, p<,0001 per gli altri) (Figura 1). Conclusioni L’analisi esplorativa evidenzia, per tutti e quattro gli anni in studio, una maggiore frequenza di eventi avversi materno infantili nei parti con concepimento PMA rispetto a quelli con concepimento spontaneo. La maggiore frequenza di questi eventi avversi nei parti PMA lascia ipotizzare che la PMA sia coinvolta direttamente, ma andrà controllata per altri possibili fattori indipendenti quali l’età materna e la stessa infertilità.
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