Il panorama nazionale degli incentivi diretti alle imprese comprende un vasto ed eterogeneo sistema di strumenti di sostegno: nel 2021 i dati evidenziano un rilevante incremento delle agevolazioni concesse e degli investimenti agevolati principalmente come risposta alle trasversali crisi indotte dalla pandemia e dall’aumento dei prezzi dell’energia. I dati appena menzionati assumono particolare rilievo se si considerano le misure promozionali in ambito fiscale degli ultimi anni dedicate al sostegno della ricerca industriale e dell’innovazione quali fattori decisivi per la crescita della competitività e per l’instaurazione di un clima favorevole allo spirito d’impresa; il riferimento è relativo alle diversificate misure normative volte, appunto, a sostenere gli investimenti in innovazione tecnologica e specializzazione intelligente: tra queste, hanno assunto un ruolo significativo la disciplina del Patent box, il credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo e la disciplina dell’iper-ammortamento. Le agevolazioni fiscali assumono, in questa prospettiva, la qualifica di tax expenditures, ovvero di spese del tutto assimilabili alle sovvenzioni che lo Stato concede per il perseguimento di importanti interessi economici e sociali di rilievo costituzionale. Esse concorrono, dunque, con l’insieme degli incentivi finanziari a realizzare il contesto di riferimento del sistema imprenditoriale incline a potenziare gli investimenti in ricerca e sviluppo. Tale contesto può tuttavia risultare più o meno attrattivo in funzione di elementi che vengono spesso trascurati dalle politiche fiscali, quali la loro stabilità nel tempo e, sul versante procedurale, la chiarezza e affidabilità dei meccanismi di accesso e fruizione di ciascuna misura, unitamente alla prevedibilità e accettabilità del trattamento sanzionatorio. Ciò premesso, nell’ambito del disegno di legge delega per la revisione del sistema degli incentivi alle imprese il legislatore dovrà confermare e rafforzare la disciplina dei crediti di imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo, innovazione e design, attualmente previsti con un orizzonte temporale al 2031 (ricerca e sviluppo) e 2025 (innovazione e design). Siffatto intendimento risulta confermato se si considera la recentissima introduzione, con il nuovo art. 7-quater del Decreto c.d. “bollette” (D.L. n. 34/2023) convertito in legge (Legge n. 56/2023), di un ‘nuovo’ credito d’imposta per le start up innovative. In particolare, si riconosce alle start-up innovative, costituite a partire dal 1° gennaio 2020, operanti nei settori dell'ambiente, delle energie rinnovabili e della sanità, nel limite complessivo di 2 milioni di euro per l'anno 2023, un contributo, sotto forma di credito d'imposta, fino ad un importo massimo di 200.000 euro, in misura non superiore al 20% delle spese sostenute per attività di ricerca e sviluppo. Apparirebbe, quindi, opportuno rendere il credito di imposta seppure in vario modo declinato, strumento incentivante strutturale, che però non trascuri ed anzi affronti le principali criticità legate alla fruizione del bonus. Muovendo da tali premesse ci si propone, in questo scritto, di verificare l’appeal e la concreta capacità d’incidenza dell’istituto del credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo sul contesto imprenditoriale alla luce delle alterne interpretazioni giurisprudenziali e di prassi accertative che determinano le condizioni e i rischi correlati alla fruizione dell’agevolazione in esame, soffermandosi in modo particolare sul versante sanzionatorio che, negli ultimi mesi, costituisce probabilmente il profilo più spinoso in punto di tutela del contribuente.
Il credito di imposta quale volano per un riordino degli incentivi fiscali alle imprese tra perduranti incertezze applicative e controverso regime sanzionatorio. Quale tutela per il contribuente?
Caramia, L. V.
2023-01-01
Abstract
Il panorama nazionale degli incentivi diretti alle imprese comprende un vasto ed eterogeneo sistema di strumenti di sostegno: nel 2021 i dati evidenziano un rilevante incremento delle agevolazioni concesse e degli investimenti agevolati principalmente come risposta alle trasversali crisi indotte dalla pandemia e dall’aumento dei prezzi dell’energia. I dati appena menzionati assumono particolare rilievo se si considerano le misure promozionali in ambito fiscale degli ultimi anni dedicate al sostegno della ricerca industriale e dell’innovazione quali fattori decisivi per la crescita della competitività e per l’instaurazione di un clima favorevole allo spirito d’impresa; il riferimento è relativo alle diversificate misure normative volte, appunto, a sostenere gli investimenti in innovazione tecnologica e specializzazione intelligente: tra queste, hanno assunto un ruolo significativo la disciplina del Patent box, il credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo e la disciplina dell’iper-ammortamento. Le agevolazioni fiscali assumono, in questa prospettiva, la qualifica di tax expenditures, ovvero di spese del tutto assimilabili alle sovvenzioni che lo Stato concede per il perseguimento di importanti interessi economici e sociali di rilievo costituzionale. Esse concorrono, dunque, con l’insieme degli incentivi finanziari a realizzare il contesto di riferimento del sistema imprenditoriale incline a potenziare gli investimenti in ricerca e sviluppo. Tale contesto può tuttavia risultare più o meno attrattivo in funzione di elementi che vengono spesso trascurati dalle politiche fiscali, quali la loro stabilità nel tempo e, sul versante procedurale, la chiarezza e affidabilità dei meccanismi di accesso e fruizione di ciascuna misura, unitamente alla prevedibilità e accettabilità del trattamento sanzionatorio. Ciò premesso, nell’ambito del disegno di legge delega per la revisione del sistema degli incentivi alle imprese il legislatore dovrà confermare e rafforzare la disciplina dei crediti di imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo, innovazione e design, attualmente previsti con un orizzonte temporale al 2031 (ricerca e sviluppo) e 2025 (innovazione e design). Siffatto intendimento risulta confermato se si considera la recentissima introduzione, con il nuovo art. 7-quater del Decreto c.d. “bollette” (D.L. n. 34/2023) convertito in legge (Legge n. 56/2023), di un ‘nuovo’ credito d’imposta per le start up innovative. In particolare, si riconosce alle start-up innovative, costituite a partire dal 1° gennaio 2020, operanti nei settori dell'ambiente, delle energie rinnovabili e della sanità, nel limite complessivo di 2 milioni di euro per l'anno 2023, un contributo, sotto forma di credito d'imposta, fino ad un importo massimo di 200.000 euro, in misura non superiore al 20% delle spese sostenute per attività di ricerca e sviluppo. Apparirebbe, quindi, opportuno rendere il credito di imposta seppure in vario modo declinato, strumento incentivante strutturale, che però non trascuri ed anzi affronti le principali criticità legate alla fruizione del bonus. Muovendo da tali premesse ci si propone, in questo scritto, di verificare l’appeal e la concreta capacità d’incidenza dell’istituto del credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo sul contesto imprenditoriale alla luce delle alterne interpretazioni giurisprudenziali e di prassi accertative che determinano le condizioni e i rischi correlati alla fruizione dell’agevolazione in esame, soffermandosi in modo particolare sul versante sanzionatorio che, negli ultimi mesi, costituisce probabilmente il profilo più spinoso in punto di tutela del contribuente.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.