Nel 1902, Ferdinando Alfonso Spagna, direttore dell’Istituto Agrario Castelnuovo e redattore dei Nuovi Annali di Agricoltura Siciliana, è autore di una pubblicazione dal titolo “Dei funghi velenosi” (1) nella quale include un “elenco minuzioso dei funghi mangerecci più comuni” al fine di fornire indicazioni utili ai cercatori di funghi e per evitare i frequenti avvelenamenti che, a quel tempo, avevano causato numerose vittime in varie regioni d’Italia. Alfonso Spagna, tra le specie eduli e di buone proprietà organolettiche, segnala Pleurotus nebrodensis [sub: Agaricus nebrodensis Inz.], “fungo di eccellenti qualità”, noto localmente con il nome di “fungo di basilisco”. A differenza di Giuseppe Inzenga, che nelle Centurie (2), aveva fornito informazioni generiche sulle località di raccolta del rinomato fungo madonita, Alfonso Spagna, oltre a fornire dati interessanti sull’abbondanza delle fruttificazioni, indica con precisione due siti in cui egli stesso raccoglie il fungo. In particolare le località da lui censite ricadevano nei feudi della Canna e della Dragonara di proprietà degli eredi del Barone Nicolò Turrisi Colonna. La possibilità di raccolta dei basidiomi in questi luoghi è oggi piuttosto limitata in quanto, a causa della notevole pressione antropica, il popolamento è in declino. L’indicazione di Alfonso Spagna sull’abbondanza delle sue raccolte ad inizio ‘900 è un’ulteriore conferma di come la produzione naturale di basidiomi di P. nebrodensis si sia progressivamente contratta nel corso degli anni. Inoltre l’indicazione delle due località di raccolta consente di mettere ordine nelle generiche, e a volte, confuse o errate segnalazioni riportate in letteratura. Le due località riportate da Alfonso Spagna sono state oggetto di verifica al fine di evidenziare la presenza o l’eventuale estinzione del raro basidiomicete. Alla luce delle osservazioni effettuate si può confermare la presenza di P. nebrodensis negli ex feudi della Canna e della Dragonara, ricadenti nel territorio del comune di Petralia Sottana, sebbene, come già sottolineato, in quantità indubbiamente inferiori a quanto riportato oltre un secolo fa. Le due località, rappresentate da estesi pascoli a Cachrys ferulacea (L.) Calestani, sono state per anni oggetto di intenso sfruttamento per la pastorizia e, soltanto dopo l’istituzione del Parco Regionale delle Madonie, avvenuta nel 1989, hanno ricevuto una maggiore protezione. Ciò non ha fermato i cercatori di funghi che, richiamati dal valore economico oltre che gastronomico del “fungo di basilisco”, incuranti delle limitazioni sopraggiunte a seguito dell’emanazione di un regolamento per la raccolta dei funghi da parte dell’Ente Parco delle Madonie hanno continuato a raccogliere il rinomato fungo che, peraltro, nel 2005 è stato incluso dall’IUCN nella Red List of Threatened Species con lo status di Critically Endangered.
Verifica dei luoghi storici di raccolta di Pleurotus nebrodensis (Basidiomycota)ai fini di una valutazione dello stato del popolamento
GARGANO, Maria Letizia;
2009-01-01
Abstract
Nel 1902, Ferdinando Alfonso Spagna, direttore dell’Istituto Agrario Castelnuovo e redattore dei Nuovi Annali di Agricoltura Siciliana, è autore di una pubblicazione dal titolo “Dei funghi velenosi” (1) nella quale include un “elenco minuzioso dei funghi mangerecci più comuni” al fine di fornire indicazioni utili ai cercatori di funghi e per evitare i frequenti avvelenamenti che, a quel tempo, avevano causato numerose vittime in varie regioni d’Italia. Alfonso Spagna, tra le specie eduli e di buone proprietà organolettiche, segnala Pleurotus nebrodensis [sub: Agaricus nebrodensis Inz.], “fungo di eccellenti qualità”, noto localmente con il nome di “fungo di basilisco”. A differenza di Giuseppe Inzenga, che nelle Centurie (2), aveva fornito informazioni generiche sulle località di raccolta del rinomato fungo madonita, Alfonso Spagna, oltre a fornire dati interessanti sull’abbondanza delle fruttificazioni, indica con precisione due siti in cui egli stesso raccoglie il fungo. In particolare le località da lui censite ricadevano nei feudi della Canna e della Dragonara di proprietà degli eredi del Barone Nicolò Turrisi Colonna. La possibilità di raccolta dei basidiomi in questi luoghi è oggi piuttosto limitata in quanto, a causa della notevole pressione antropica, il popolamento è in declino. L’indicazione di Alfonso Spagna sull’abbondanza delle sue raccolte ad inizio ‘900 è un’ulteriore conferma di come la produzione naturale di basidiomi di P. nebrodensis si sia progressivamente contratta nel corso degli anni. Inoltre l’indicazione delle due località di raccolta consente di mettere ordine nelle generiche, e a volte, confuse o errate segnalazioni riportate in letteratura. Le due località riportate da Alfonso Spagna sono state oggetto di verifica al fine di evidenziare la presenza o l’eventuale estinzione del raro basidiomicete. Alla luce delle osservazioni effettuate si può confermare la presenza di P. nebrodensis negli ex feudi della Canna e della Dragonara, ricadenti nel territorio del comune di Petralia Sottana, sebbene, come già sottolineato, in quantità indubbiamente inferiori a quanto riportato oltre un secolo fa. Le due località, rappresentate da estesi pascoli a Cachrys ferulacea (L.) Calestani, sono state per anni oggetto di intenso sfruttamento per la pastorizia e, soltanto dopo l’istituzione del Parco Regionale delle Madonie, avvenuta nel 1989, hanno ricevuto una maggiore protezione. Ciò non ha fermato i cercatori di funghi che, richiamati dal valore economico oltre che gastronomico del “fungo di basilisco”, incuranti delle limitazioni sopraggiunte a seguito dell’emanazione di un regolamento per la raccolta dei funghi da parte dell’Ente Parco delle Madonie hanno continuato a raccogliere il rinomato fungo che, peraltro, nel 2005 è stato incluso dall’IUCN nella Red List of Threatened Species con lo status di Critically Endangered.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.