I glucosinolati (GLS) rappresentano un gruppo ben definito di metaboliti secondari con una struttura e biochimica caratteristica. Strutturalmente sono costituiti da β-D-tioglucosio, una porzione glucidica unita mediante legame tioglucosidico ad un’ossima sulfonata ed una catena laterale (R) variabile di natura aminoacidica. Quest’ultima può presentare gruppi alifatici, aromatici o eterocicli (indolo) e proprio queste diverse caratteristiche strutturali determinano le proprietà chimico-fisiche e biologiche dei GLS e dei loro derivati. La presenza del gruppo solfato conferisce alla molecola caratteristiche fortemente acide, e così, i GLS in natura si trovano sotto forma di anioni controbilanciati da un catione come il potassio. I GLS sono infatti sequestrati nei vacuoli delle cellule vegetali [1]. I GLS coesistono nella cellula con il loro enzima idrolitico, mirosinasi, pertanto quando il materiale fresco viene tagliato o macinato inizia una rapida idrolisi dei GLS a livello superficiale del tessuto. Per tale ragione, gli approcci analitici potrebbero essere suddivisi in metodi per l’analisi dei GLS totali, metodi per l’analisi dei singoli GLS e metodi per lo studio dei prodotti di idrolisi (isotiocianati e tiocianati). Lo step preliminare per lo studio dei GLS è l’estrazione, condotta utilizzando solventi protici ad elevate temperature per denaturare l’enzima mirosinasi; tra questi i più utilizzati sono metanolo-acqua. In caso di materiale liofilizzato è preferibile utilizzare etanolo: acqua (1:1 v/v) o metanolo: acqua (7:3 v/v) [2]. Successivamente l’estratto idroalcoolico potrebbe essere trattato con Pb(OAc)2 e Ba(OAc)2 per far precipitare rispettivamente le proteine ed il solfato libero e centrifugato [3]. La purificazione dei GLS precede l’analisi strumentale. La caratteristica presenza di un gruppo solfato viene sfruttata per due principali tecniche di separazione ampiamente utilizzate. Il gruppo solfato permette la formazione di legami anionici su una colonna impaccata con resina a scambio ionico (Sephadex DEAE-A25) e ciò comporta uno dei passaggi successivi: 1) eluizione dei GLS intatti o 2) desolfatazione enzimatica ed eluizione dei risultanti “desulfo “ derivati. In entrambi i casi uno step critico è l’uso del volume di eluizione che serve per completare l’eluizione di tutti i GLS o dei desulfo dalla colonna. Sia i GLS che i desulfo hanno differente affinità per la matrice ionica. Per esempio, glucosinlati quali sinigrina e glucotropaeolina, ed i loro desusulfo derivati sono quelli a più bassa affinità per la resina, pertanto le condizioni di eluizione non devono essere ottimizzate solo su questi GLS. Questo fenomeno è utile per isolare i GLS ma potrebbe portare a dei risultati completamente inaffidabili se non si pone attenzione a completare l’eluizione di tutti gli analiti [4]. Una volta purificati i GLS possono essere analizzati mediante numerose tecniche che possono essere distruttive e non. NIRS è una valida tecnica non distruttiva che sfrutta l’associazione dei gruppi O-H, C-H ed N-H per valutare il contenuto totale di GLS. La separazione cromatografica dei GLS intatti è una sfida storica che richiede l’uso di uno strumento HPLC ad accoppiamento ionico o un’elettroforesi capillare. Con la scoperta che eluenti moderatamente acidificati consentono una rapida analisi HPLC dei GLS intatti, la loro separazione non è più una sfida tecnica. Poiché in passato l’analisi dei GLS intatti era quasi impossibile, è stato risolto il problema facendo delle reazioni di idrolisi che portavano alla formazione di composti più facilmente analizzabili in cromatografia. Nel lavoro originale, pubblicato nel 1982, veniva descritta la conversione dei GLS in desulfo GLS (DGLS). Questo metodo è tuttora il metodo ufficiale per l’analisi dei GLS (metodo ISO 9167-1; 1992). La desolfatazione avviene mediante l’enzima solfatasi che è il substrato per tutti i GLS indipendentemente dalla loro struttura. Il vantaggio di separare i DGLS piuttosto che gli intatti è legato ad una più facile separazione anche dei composti con elevata idrofilia.

Metodologie analitiche per la determinazione dei glucosinolati

ARGENTIERI, MARIA PIA
2016-01-01

Abstract

I glucosinolati (GLS) rappresentano un gruppo ben definito di metaboliti secondari con una struttura e biochimica caratteristica. Strutturalmente sono costituiti da β-D-tioglucosio, una porzione glucidica unita mediante legame tioglucosidico ad un’ossima sulfonata ed una catena laterale (R) variabile di natura aminoacidica. Quest’ultima può presentare gruppi alifatici, aromatici o eterocicli (indolo) e proprio queste diverse caratteristiche strutturali determinano le proprietà chimico-fisiche e biologiche dei GLS e dei loro derivati. La presenza del gruppo solfato conferisce alla molecola caratteristiche fortemente acide, e così, i GLS in natura si trovano sotto forma di anioni controbilanciati da un catione come il potassio. I GLS sono infatti sequestrati nei vacuoli delle cellule vegetali [1]. I GLS coesistono nella cellula con il loro enzima idrolitico, mirosinasi, pertanto quando il materiale fresco viene tagliato o macinato inizia una rapida idrolisi dei GLS a livello superficiale del tessuto. Per tale ragione, gli approcci analitici potrebbero essere suddivisi in metodi per l’analisi dei GLS totali, metodi per l’analisi dei singoli GLS e metodi per lo studio dei prodotti di idrolisi (isotiocianati e tiocianati). Lo step preliminare per lo studio dei GLS è l’estrazione, condotta utilizzando solventi protici ad elevate temperature per denaturare l’enzima mirosinasi; tra questi i più utilizzati sono metanolo-acqua. In caso di materiale liofilizzato è preferibile utilizzare etanolo: acqua (1:1 v/v) o metanolo: acqua (7:3 v/v) [2]. Successivamente l’estratto idroalcoolico potrebbe essere trattato con Pb(OAc)2 e Ba(OAc)2 per far precipitare rispettivamente le proteine ed il solfato libero e centrifugato [3]. La purificazione dei GLS precede l’analisi strumentale. La caratteristica presenza di un gruppo solfato viene sfruttata per due principali tecniche di separazione ampiamente utilizzate. Il gruppo solfato permette la formazione di legami anionici su una colonna impaccata con resina a scambio ionico (Sephadex DEAE-A25) e ciò comporta uno dei passaggi successivi: 1) eluizione dei GLS intatti o 2) desolfatazione enzimatica ed eluizione dei risultanti “desulfo “ derivati. In entrambi i casi uno step critico è l’uso del volume di eluizione che serve per completare l’eluizione di tutti i GLS o dei desulfo dalla colonna. Sia i GLS che i desulfo hanno differente affinità per la matrice ionica. Per esempio, glucosinlati quali sinigrina e glucotropaeolina, ed i loro desusulfo derivati sono quelli a più bassa affinità per la resina, pertanto le condizioni di eluizione non devono essere ottimizzate solo su questi GLS. Questo fenomeno è utile per isolare i GLS ma potrebbe portare a dei risultati completamente inaffidabili se non si pone attenzione a completare l’eluizione di tutti gli analiti [4]. Una volta purificati i GLS possono essere analizzati mediante numerose tecniche che possono essere distruttive e non. NIRS è una valida tecnica non distruttiva che sfrutta l’associazione dei gruppi O-H, C-H ed N-H per valutare il contenuto totale di GLS. La separazione cromatografica dei GLS intatti è una sfida storica che richiede l’uso di uno strumento HPLC ad accoppiamento ionico o un’elettroforesi capillare. Con la scoperta che eluenti moderatamente acidificati consentono una rapida analisi HPLC dei GLS intatti, la loro separazione non è più una sfida tecnica. Poiché in passato l’analisi dei GLS intatti era quasi impossibile, è stato risolto il problema facendo delle reazioni di idrolisi che portavano alla formazione di composti più facilmente analizzabili in cromatografia. Nel lavoro originale, pubblicato nel 1982, veniva descritta la conversione dei GLS in desulfo GLS (DGLS). Questo metodo è tuttora il metodo ufficiale per l’analisi dei GLS (metodo ISO 9167-1; 1992). La desolfatazione avviene mediante l’enzima solfatasi che è il substrato per tutti i GLS indipendentemente dalla loro struttura. Il vantaggio di separare i DGLS piuttosto che gli intatti è legato ad una più facile separazione anche dei composti con elevata idrofilia.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11586/188797
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