L’olivicoltura italiana è sottoposta ad una crescente competizione esercitata principalmente dalla Spagna e dai Paesi produttori della sponda Sud del Mediterraneo. Negli ultimi anni, inoltre, la politica comunitaria di sostegno al settore olivicolo è mutata radicalmente, adottando il disaccoppiamento totale degli aiuti al reddito. In questo nuovo scenario il rischio di disattivazione di molto aziende olivicole nazionali, sia nelle aree marginali sia in quelle più produttive, è molto elevato. Una delle possibili strategie per affrontare queste nuove sfide competitive è l’adozione di una differenziazione di processo/prodotto capace di rispondere alle mutate esigenze di quella fascia, sempre più ampia, di consumatori che domanda olio di qualità. A tal fine la conversione al metodo biologico sembra poter essere una valida risposta, in quanto capace di espletare una duplice funzione provvedendo, da un lato, a un mercato specifico che risponde alla domanda di prodotti di qualità dei consumatori e, dall’altro, fornendo beni e servizi immateriali (esternalità positive), quali la tutela dell’ambiente e del paesaggio agrario, la salvaguardia della biodiversità, il contributo allo sviluppo rurale. In Italia, l’olivicoltura bio si è diffusa velocemente sino a raggiungere circa 110mila ettari, collocando il nostro Paese al primo posto a livello mondiale. La rilevanza dell’olivicoltura bio è maggiore al Sud, in particolare in Puglia e in Calabria. Tuttavia una quota rilevante della produzione olivicola-olearia biologica finisce nel mercato del prodotto convenzionale, per effetto sia di un’inefficiente organizzazione di filiera sia per la presenza di una quota rilevante di aziende che adottano il bio unicamente per poter usufruire del sostegno erogato attraverso il PSR. L’obiettivo di questo lavoro è, quindi, valutare a quali condizioni l’adozione del metodo biologico in olivicoltura rappresenta una valida strategia competitiva per quelle imprese che intendono confrontarsi con il mercato. L’analisi valuterà, inoltre, la congruità del sussidio e dei criteri previsti dal PSR della Regione Puglia per incentivare l’olivicoltura bio. La metodologia che s’intende adottare prevede l’identificazione e la caratterizzazione delle tipologie aziendali rappresentative dell’olivicoltura regionale e la realizzazione di simulazioni di bilancio. I risultati ottenuti fornirebbero indicazioni utili per un eventuale adeguamento delle politiche a sostegno del comparto.

Capacità competitiva dell’olivicoltura biologica e adeguatezza delle politiche di sostegno

DE GENNARO, Bernardo Corrado;ROSELLI, LUIGI
2009-01-01

Abstract

L’olivicoltura italiana è sottoposta ad una crescente competizione esercitata principalmente dalla Spagna e dai Paesi produttori della sponda Sud del Mediterraneo. Negli ultimi anni, inoltre, la politica comunitaria di sostegno al settore olivicolo è mutata radicalmente, adottando il disaccoppiamento totale degli aiuti al reddito. In questo nuovo scenario il rischio di disattivazione di molto aziende olivicole nazionali, sia nelle aree marginali sia in quelle più produttive, è molto elevato. Una delle possibili strategie per affrontare queste nuove sfide competitive è l’adozione di una differenziazione di processo/prodotto capace di rispondere alle mutate esigenze di quella fascia, sempre più ampia, di consumatori che domanda olio di qualità. A tal fine la conversione al metodo biologico sembra poter essere una valida risposta, in quanto capace di espletare una duplice funzione provvedendo, da un lato, a un mercato specifico che risponde alla domanda di prodotti di qualità dei consumatori e, dall’altro, fornendo beni e servizi immateriali (esternalità positive), quali la tutela dell’ambiente e del paesaggio agrario, la salvaguardia della biodiversità, il contributo allo sviluppo rurale. In Italia, l’olivicoltura bio si è diffusa velocemente sino a raggiungere circa 110mila ettari, collocando il nostro Paese al primo posto a livello mondiale. La rilevanza dell’olivicoltura bio è maggiore al Sud, in particolare in Puglia e in Calabria. Tuttavia una quota rilevante della produzione olivicola-olearia biologica finisce nel mercato del prodotto convenzionale, per effetto sia di un’inefficiente organizzazione di filiera sia per la presenza di una quota rilevante di aziende che adottano il bio unicamente per poter usufruire del sostegno erogato attraverso il PSR. L’obiettivo di questo lavoro è, quindi, valutare a quali condizioni l’adozione del metodo biologico in olivicoltura rappresenta una valida strategia competitiva per quelle imprese che intendono confrontarsi con il mercato. L’analisi valuterà, inoltre, la congruità del sussidio e dei criteri previsti dal PSR della Regione Puglia per incentivare l’olivicoltura bio. La metodologia che s’intende adottare prevede l’identificazione e la caratterizzazione delle tipologie aziendali rappresentative dell’olivicoltura regionale e la realizzazione di simulazioni di bilancio. I risultati ottenuti fornirebbero indicazioni utili per un eventuale adeguamento delle politiche a sostegno del comparto.
2009
978-88-6213-011-0
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