Tra il 1990 e il 2004 i turisti nel mondo sono passati da 456 a 800 milioni, con un incremento del 75%. Nel 1970 i Paesi più visitati nel mondo furono l’Italia con 50 milioni di arrivi, seguita da Stati Uniti e Canada (30 milioni), Francia (25 milioni), Spagna (20 milioni). In venticinque anni la graduatoria è radicalmente cambiata: oggi al primo posto è la Francia con 75 milioni di turisti; seguono la Spagna (54 milioni), gli Stati Uniti (46 milioni), la Cina (42 milioni), l’Italia (37 milioni), il Regno Unito (28 milioni). Esistono differenze altrettanto vistose tra le varie zone dell’Italia. Nel 2004 tutto il Sud, isole comprese, ha avuto 9 milioni di turisti con 31 milioni di presenze mentre il solo Triveneto ha avuto 12 milioni di turisti con 53 milioni di presenze. Nel 2004 l’indice di saturazione delle camere è stato del 28%: dodici punti meno della media italiana e 32 punti meno della media francese. Benché il clima sia più clemente che al Centro e al Nord, la stagionalità del turismo meridionale è molto più accentuata: basti pensare che le camere disponibili sono saturate soltanto nei mesi di luglio e di agosto. Solo un turista su tre viene dall’estero. La questione della quantità, in campo turistico, non riguarda però solo la necessità di aumentare il rendimento delle strutture e dei costi di personale tramite la destagionalizzazione. Esiste anche il problema del sovraccarico turistico, che colpisce un numero crescente di località (non solo nel nostro Paese) e che pone sempre di più all’attenzione l’esigenza della sostenibilità dell’economia turistica. Oltre che alle grandi minacce – riscaldamento globale, distruzione delle risorse naturali, etc. – il nostro Paese è esposto anche a problematiche più legate al nostro contesto specifico: il rischio di cementificazione del paesaggio, l’eccessiva concentrazione in pochi centri di attrazione, la separatezza delle strutture turistiche dal territorio e dal suo tessuto economico, etc. La questione della sostenibilità del turismo si pone dunque tanto dal punto di vista ambientale, quanto da quelli economico e sociale: un turismo che non tenga conto del resto dell’economia del territorio – e soprattutto di quella rurale – rischia di sprecare delle opportunità enormi di sinergia. Ed è difficile immaginare che l’attività turistica possa prosperare ed aumentare le proprie potenzialità se non collegandosi strettamente alle tradizioni culturali locali, valorizzandole non solo in termini di mera attrattiva, ma come orizzonte di riferimento per arricchire di senso l’esperienza turistica, per indurre nel visitatore non semplicemente delle sensazioni estemporanee, ma un vero e proprio apprendimento.

LE PROSPETTIVE DEL TURISMO IN PUGLIA.INDAGINE PREVISIONALE PER IL PERIODO 2008-2012

DI VITTORIO, Arianna
2008-01-01

Abstract

Tra il 1990 e il 2004 i turisti nel mondo sono passati da 456 a 800 milioni, con un incremento del 75%. Nel 1970 i Paesi più visitati nel mondo furono l’Italia con 50 milioni di arrivi, seguita da Stati Uniti e Canada (30 milioni), Francia (25 milioni), Spagna (20 milioni). In venticinque anni la graduatoria è radicalmente cambiata: oggi al primo posto è la Francia con 75 milioni di turisti; seguono la Spagna (54 milioni), gli Stati Uniti (46 milioni), la Cina (42 milioni), l’Italia (37 milioni), il Regno Unito (28 milioni). Esistono differenze altrettanto vistose tra le varie zone dell’Italia. Nel 2004 tutto il Sud, isole comprese, ha avuto 9 milioni di turisti con 31 milioni di presenze mentre il solo Triveneto ha avuto 12 milioni di turisti con 53 milioni di presenze. Nel 2004 l’indice di saturazione delle camere è stato del 28%: dodici punti meno della media italiana e 32 punti meno della media francese. Benché il clima sia più clemente che al Centro e al Nord, la stagionalità del turismo meridionale è molto più accentuata: basti pensare che le camere disponibili sono saturate soltanto nei mesi di luglio e di agosto. Solo un turista su tre viene dall’estero. La questione della quantità, in campo turistico, non riguarda però solo la necessità di aumentare il rendimento delle strutture e dei costi di personale tramite la destagionalizzazione. Esiste anche il problema del sovraccarico turistico, che colpisce un numero crescente di località (non solo nel nostro Paese) e che pone sempre di più all’attenzione l’esigenza della sostenibilità dell’economia turistica. Oltre che alle grandi minacce – riscaldamento globale, distruzione delle risorse naturali, etc. – il nostro Paese è esposto anche a problematiche più legate al nostro contesto specifico: il rischio di cementificazione del paesaggio, l’eccessiva concentrazione in pochi centri di attrazione, la separatezza delle strutture turistiche dal territorio e dal suo tessuto economico, etc. La questione della sostenibilità del turismo si pone dunque tanto dal punto di vista ambientale, quanto da quelli economico e sociale: un turismo che non tenga conto del resto dell’economia del territorio – e soprattutto di quella rurale – rischia di sprecare delle opportunità enormi di sinergia. Ed è difficile immaginare che l’attività turistica possa prosperare ed aumentare le proprie potenzialità se non collegandosi strettamente alle tradizioni culturali locali, valorizzandole non solo in termini di mera attrattiva, ma come orizzonte di riferimento per arricchire di senso l’esperienza turistica, per indurre nel visitatore non semplicemente delle sensazioni estemporanee, ma un vero e proprio apprendimento.
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