Nel saggio l’A. trae spunto da una ordinanza del Tribunale di S.M. Capua Vetere (22 gennaio 2013) per esaminare l’istituto del sequestro di cui all’art. 689 c.p.c., il cui ambito di applicazione appare quantomeno controverso. Stando all’interpretazione prevalente, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, la misura troverebbe il suo impiego elettivo nei casi in cui il debitore contesti l’esistenza di un’obbligazione a suo carico e, per questo, pur non essendo disposto a dare esecuzione alla stessa, voglia evitare di incorrere nelle conseguenze della sua mora in attesa di una decisione che rigetti le pretese della controparte. Le critiche cui questa impostazione presta il fianco appaiono tutt’altro che trascurabili (a partire dalla possibilità che il sequestro si presti ad un impiego distorto e confliggente con gli istituti previsti nel nostro ordinamento per la liberazione coattiva del debitore in caso di mora credendi, quale strumento idoneo ad effettuare un’offerta meramente fittizia della prestazione, effettuata dall’obbligato al solo scopo di sottrarsi agli effetti della mora, impedendo nel contempo che la controparte possa però conseguire quanto a lei dovuto) e inducono l’A. a respingere in radice la possibilità di estendere l’impiego del sequestro in esame alle ipotesi di vera e propria mora debendi, limitandolo, invece, ai soli casi in cui l’inadempimento del debitore derivi da cause indipendenti dalla sua volontà

BREVI NOTE SULLA NATURA E SULLA FUNZIONE DEL SEQUESTRO C.D. LIBERATORIO

TRABACE, SILVANA
2013-01-01

Abstract

Nel saggio l’A. trae spunto da una ordinanza del Tribunale di S.M. Capua Vetere (22 gennaio 2013) per esaminare l’istituto del sequestro di cui all’art. 689 c.p.c., il cui ambito di applicazione appare quantomeno controverso. Stando all’interpretazione prevalente, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, la misura troverebbe il suo impiego elettivo nei casi in cui il debitore contesti l’esistenza di un’obbligazione a suo carico e, per questo, pur non essendo disposto a dare esecuzione alla stessa, voglia evitare di incorrere nelle conseguenze della sua mora in attesa di una decisione che rigetti le pretese della controparte. Le critiche cui questa impostazione presta il fianco appaiono tutt’altro che trascurabili (a partire dalla possibilità che il sequestro si presti ad un impiego distorto e confliggente con gli istituti previsti nel nostro ordinamento per la liberazione coattiva del debitore in caso di mora credendi, quale strumento idoneo ad effettuare un’offerta meramente fittizia della prestazione, effettuata dall’obbligato al solo scopo di sottrarsi agli effetti della mora, impedendo nel contempo che la controparte possa però conseguire quanto a lei dovuto) e inducono l’A. a respingere in radice la possibilità di estendere l’impiego del sequestro in esame alle ipotesi di vera e propria mora debendi, limitandolo, invece, ai soli casi in cui l’inadempimento del debitore derivi da cause indipendenti dalla sua volontà
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