Riapprontando la fortunata formula (the post medium condition) che Rosalind Krauss elaborò per render conto dello scenario delle arti visive dei Novanta e adattandola al teatro, potremmo tranquillamente affermare che il teatro del terzo millennio è uscito da se stesso, oppure che si è potenziato, trovando in altri media, discipline e ambiti, sviluppi e soprattutto formati nuovi. Il teatro postnovecentesco è un teatro per certi aspetti post teatrale, che vive cioè la fine (o l’uscita) di pratiche specifiche con uno spirito tutt’altro che nichilista, tantomeno derisorio o al contrario nostalgico. Performance, opera, creazione, lavoro, conferenza, dispositivo, progetto sono diventate oggi espressioni sostitutive del cosiddetto spettacolo (teatrale). Se la crisi dell’attore è stata principalmente recepita come una deflagrazione, una sfaccettatura cristallina di modi di vita più che di pratica scenica, il regista ha anch’esso modificato il suo status. Nel terzo millennio, egli è un ideatore, curatore, supervisore, coordinatore, direttore artistico; colui che intrattiene con l’operazione artistica, intesa anche come macro-opera (un festival, ad esempio), una varietà di rapporti volta volta negoziati in base al progetto intrapreso. Il contributo esplora alcuni aspetti dell’estetica contemporanea con riferimento a esperienze e pratiche della scena teatrale italiana anni Zero. Si andranno elaborando alcune riflessioni a partire da un’inchiesta condotta su un bacino rappresentativo dell’attuale panorama e dall’affiancamento critico-militante intrapreso da chi scrive nell’ultimo decennio: tra “crisi” della centralità del regista-leader e cambiamento di statuto della rappresentazione.

Sul concetto di regia. Tesi inattuali sulla scena italiana del terzo millennio

MEI S
2020-01-01

Abstract

Riapprontando la fortunata formula (the post medium condition) che Rosalind Krauss elaborò per render conto dello scenario delle arti visive dei Novanta e adattandola al teatro, potremmo tranquillamente affermare che il teatro del terzo millennio è uscito da se stesso, oppure che si è potenziato, trovando in altri media, discipline e ambiti, sviluppi e soprattutto formati nuovi. Il teatro postnovecentesco è un teatro per certi aspetti post teatrale, che vive cioè la fine (o l’uscita) di pratiche specifiche con uno spirito tutt’altro che nichilista, tantomeno derisorio o al contrario nostalgico. Performance, opera, creazione, lavoro, conferenza, dispositivo, progetto sono diventate oggi espressioni sostitutive del cosiddetto spettacolo (teatrale). Se la crisi dell’attore è stata principalmente recepita come una deflagrazione, una sfaccettatura cristallina di modi di vita più che di pratica scenica, il regista ha anch’esso modificato il suo status. Nel terzo millennio, egli è un ideatore, curatore, supervisore, coordinatore, direttore artistico; colui che intrattiene con l’operazione artistica, intesa anche come macro-opera (un festival, ad esempio), una varietà di rapporti volta volta negoziati in base al progetto intrapreso. Il contributo esplora alcuni aspetti dell’estetica contemporanea con riferimento a esperienze e pratiche della scena teatrale italiana anni Zero. Si andranno elaborando alcune riflessioni a partire da un’inchiesta condotta su un bacino rappresentativo dell’attuale panorama e dall’affiancamento critico-militante intrapreso da chi scrive nell’ultimo decennio: tra “crisi” della centralità del regista-leader e cambiamento di statuto della rappresentazione.
2020
978-88-8305-165-4
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