Anche se ufficialmente costituito nei primi anni del regno d’Italia, la ‘missione’ didattica e culturale del Museo Provinciale di Bari e la sua originaria relazione con altre istituzioni formative riflettono fedelmente l’idea borbonica del museo e in particolare il profilo dei Musei Provinciali disegnato dal Piano di Michele Arditi che, nel ‘Rapporto’ del 10 febbraio 1822, introduce come valore strategico il collegamento tra Musei Provinciali e Licei, in termini di risorse e di strutture e pone quello di Bari tra gli esempi più facilmente praticabili. Per quanto riguarda il progetto espositivo, la rilettura dei carteggi di archivio e della documentazione fotografica, molto significativa a questo riguardo, permette di scorgere nella selezione dei materiali, nella maniera in cui per la prima volta vengono organizzati, negli arredi, la trasposizione in forma pubblica di un altro modello eccellente di età borbonica, il museo privato degli Jatta a Ruvo, prima e fondativa esperienza di una rete museale che, nel corso dell’Ottocento, conta in Puglia ben quattro esposizioni, caso unico in tutto il territorio del Regno e conseguenza diretta della ricchezza archeologica che rese la regione nota in tutta Europa. Tra gli effetti del ‘modello Jatta’ emerge anche il legame con un nuovo contenitore architettonico del cui progetto il Museo diviene componente essenziale, per Bari il Palazzo degli Studi, nato con lo stesso nome e con la medesima funzione dell’edificio sede del Real Museo Borbonico, che anche del Museo Jatta rappresenta il canone. In questa linea di tradizione museografica colpisce che, nel novembre 1882, l’autore della proposta al Consiglio Provinciale per la nascita del Museo barese nel Palazzo degli Studi in fase di edificazione sia Antonio Jatta, figlio di Giovanni Jatta junior, primo artefice dell’esposizione ruvese e autore del notissimo Catalogo. La ricerca in corso sulle origini del Museo di Bari, parte di un più ampio progetto di studio, didattica e valorizzazione, per cui l’Ateneo barese con il Dipartimento di Ricerca e Innovazione Umanistica e la Città metropolitana di Bari a cui il Museo afferisce hanno siglato una convenzione nel 2021, oltre a recuperare i modelli sta cercando di verificare tra le prime acquisizioni la presenza anche di materiali provenienti da scavi condotti negli anni conclusivi del Regno borbonico, il cui metodo continua per diversi decenni nella pratica archeologica della Puglia.
Modelli culturali e acquisizioni archeologiche di età borbonica alle origini del Museo Provinciale di Bari
Gianluca Mastrocinque
2024-01-01
Abstract
Anche se ufficialmente costituito nei primi anni del regno d’Italia, la ‘missione’ didattica e culturale del Museo Provinciale di Bari e la sua originaria relazione con altre istituzioni formative riflettono fedelmente l’idea borbonica del museo e in particolare il profilo dei Musei Provinciali disegnato dal Piano di Michele Arditi che, nel ‘Rapporto’ del 10 febbraio 1822, introduce come valore strategico il collegamento tra Musei Provinciali e Licei, in termini di risorse e di strutture e pone quello di Bari tra gli esempi più facilmente praticabili. Per quanto riguarda il progetto espositivo, la rilettura dei carteggi di archivio e della documentazione fotografica, molto significativa a questo riguardo, permette di scorgere nella selezione dei materiali, nella maniera in cui per la prima volta vengono organizzati, negli arredi, la trasposizione in forma pubblica di un altro modello eccellente di età borbonica, il museo privato degli Jatta a Ruvo, prima e fondativa esperienza di una rete museale che, nel corso dell’Ottocento, conta in Puglia ben quattro esposizioni, caso unico in tutto il territorio del Regno e conseguenza diretta della ricchezza archeologica che rese la regione nota in tutta Europa. Tra gli effetti del ‘modello Jatta’ emerge anche il legame con un nuovo contenitore architettonico del cui progetto il Museo diviene componente essenziale, per Bari il Palazzo degli Studi, nato con lo stesso nome e con la medesima funzione dell’edificio sede del Real Museo Borbonico, che anche del Museo Jatta rappresenta il canone. In questa linea di tradizione museografica colpisce che, nel novembre 1882, l’autore della proposta al Consiglio Provinciale per la nascita del Museo barese nel Palazzo degli Studi in fase di edificazione sia Antonio Jatta, figlio di Giovanni Jatta junior, primo artefice dell’esposizione ruvese e autore del notissimo Catalogo. La ricerca in corso sulle origini del Museo di Bari, parte di un più ampio progetto di studio, didattica e valorizzazione, per cui l’Ateneo barese con il Dipartimento di Ricerca e Innovazione Umanistica e la Città metropolitana di Bari a cui il Museo afferisce hanno siglato una convenzione nel 2021, oltre a recuperare i modelli sta cercando di verificare tra le prime acquisizioni la presenza anche di materiali provenienti da scavi condotti negli anni conclusivi del Regno borbonico, il cui metodo continua per diversi decenni nella pratica archeologica della Puglia.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


