Nonostante tra il 1776 e il 1778, per volere di Ferdinando IV, siano stati diretti da Andrea Pigonati complessi lavori per il «riaprimento del porto di Brindisi» ormai ridotto a zona paludosa, la città agli inizi dell’Ottocento continua a presentarsi agli occhi dei viaggiatori come «una borgata insignificante» dall’aria malsana, la cui popolazione era in continuo regresso a causa delle frequenti epidemie di malaria. La persistenza, infatti, di estese aree paludose in corrispondenza del canale che divide il porto interno da quello esterno rese necessari ulteriori interventi di bonifica e risanamento che si protrassero per tutto il secolo. Nel corso delle attività di escavazione svolte in quest’ambito, come già era accaduto durante i precedenti lavori, non mancarono rinvenimenti di evidenze archeologiche. L’esigenza di documentare e di conservare quanto emerso, tuttavia, si scontrava in quegli anni con la necessità stringente di risolvere l’emergenza sanitaria in corso, la cui urgenza dettava tempistiche sempre più strette ed era causa, peraltro, del dispendio di ingenti risorse economiche. Bisognerà attendere l’Unità d’Italia per assistere all’istituzione dei primi organi di tutela operativi in quest’area e all’affermarsi di dibattiti e di sensibilità, che favorirono in tutta la Terra d’Otranto l’attuazione di iniziative assai proficue per lo studio e la tutela dei beni archeologici. In quegli anni fondamentale per Brindisi è l’apporto di studiosi come Giovanni Tarantini, prima, e di Pasquale Camassa, poi, promotori di diverse iniziative mirate alla conoscenza e alla salvaguardia del patrimonio storico-archeologico cittadino. Il loro costante impegno nel proseguire l’opera avviata da personaggi illustri come Ortensio e Annibale De Leo, nella registrazione di rinvenimenti anche della fase pre-unitaria, in parte finora inediti, ha permesso di non perdere cognizione di strutture significative che contribuiscono alla ricostruzione del paesaggio urbano e suburbano della città di età romana.
Archeologia e lavori pubblici in età borbonica: nuovi dati su Brindisi in età romana
Maria Silvestri
2024-01-01
Abstract
Nonostante tra il 1776 e il 1778, per volere di Ferdinando IV, siano stati diretti da Andrea Pigonati complessi lavori per il «riaprimento del porto di Brindisi» ormai ridotto a zona paludosa, la città agli inizi dell’Ottocento continua a presentarsi agli occhi dei viaggiatori come «una borgata insignificante» dall’aria malsana, la cui popolazione era in continuo regresso a causa delle frequenti epidemie di malaria. La persistenza, infatti, di estese aree paludose in corrispondenza del canale che divide il porto interno da quello esterno rese necessari ulteriori interventi di bonifica e risanamento che si protrassero per tutto il secolo. Nel corso delle attività di escavazione svolte in quest’ambito, come già era accaduto durante i precedenti lavori, non mancarono rinvenimenti di evidenze archeologiche. L’esigenza di documentare e di conservare quanto emerso, tuttavia, si scontrava in quegli anni con la necessità stringente di risolvere l’emergenza sanitaria in corso, la cui urgenza dettava tempistiche sempre più strette ed era causa, peraltro, del dispendio di ingenti risorse economiche. Bisognerà attendere l’Unità d’Italia per assistere all’istituzione dei primi organi di tutela operativi in quest’area e all’affermarsi di dibattiti e di sensibilità, che favorirono in tutta la Terra d’Otranto l’attuazione di iniziative assai proficue per lo studio e la tutela dei beni archeologici. In quegli anni fondamentale per Brindisi è l’apporto di studiosi come Giovanni Tarantini, prima, e di Pasquale Camassa, poi, promotori di diverse iniziative mirate alla conoscenza e alla salvaguardia del patrimonio storico-archeologico cittadino. Il loro costante impegno nel proseguire l’opera avviata da personaggi illustri come Ortensio e Annibale De Leo, nella registrazione di rinvenimenti anche della fase pre-unitaria, in parte finora inediti, ha permesso di non perdere cognizione di strutture significative che contribuiscono alla ricostruzione del paesaggio urbano e suburbano della città di età romana.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


