Coniata da Legambiente Campania nel rapporto 2003 sulle ecomafie, l’espressione “terra dei fuochi” ha iniziato a godere di una straordinaria popolarità grazie a Gomorra, dove viene utilizzata da Saviano per identificare il territorio compreso tra l’hinterland napoletano e quello casertano, una specie di no man’s land in cui i clan smaltiscono i rifiuti intombandoli nei terreni agricoli, nelle radure o nelle cave abbandonate, molto spesso bruciandoli quando ogni spazio utile è divenuto saturo. La locuzione rimanda direttamente a quelle luci e quei fuochi che i navigatori europei del XVI secolo avvistavano circumnavigando le coste meridionali del Sudamerica (una regione che, non a caso, ha assunto storicamente il nome di Terra del Fuoco), ma viene ripresa dallo scrittore nell’ultimo capitolo del libro per indicare due diverse tipologie di fenomeni: il primo è l’«interramento di rifiuti tossici e nocivi provenienti dai poli industriali del nord Italia, e concentrato soprattutto [nei] paesi del casertano e […] del napoletano»; il secondo «riguarda la pratica di dare fuoco ai rifiuti precedentemente sversati, con produzione di sostanze cancerogene altamente lesive». L’immagine risulta ad ogni modo talmente pregnante da diventare emblematica delle condizioni di degrado non soltanto ecologico, ma anche sociale e antropologico in cui versa questo territorio, paragonato dallo scrittore a «un’apocalisse continua e ripetuta, routinaria».

Un paesaggio "debole": i territori di Gomorra come "discarica di marginalità"

Gianpaolo Altamura
2025-01-01

Abstract

Coniata da Legambiente Campania nel rapporto 2003 sulle ecomafie, l’espressione “terra dei fuochi” ha iniziato a godere di una straordinaria popolarità grazie a Gomorra, dove viene utilizzata da Saviano per identificare il territorio compreso tra l’hinterland napoletano e quello casertano, una specie di no man’s land in cui i clan smaltiscono i rifiuti intombandoli nei terreni agricoli, nelle radure o nelle cave abbandonate, molto spesso bruciandoli quando ogni spazio utile è divenuto saturo. La locuzione rimanda direttamente a quelle luci e quei fuochi che i navigatori europei del XVI secolo avvistavano circumnavigando le coste meridionali del Sudamerica (una regione che, non a caso, ha assunto storicamente il nome di Terra del Fuoco), ma viene ripresa dallo scrittore nell’ultimo capitolo del libro per indicare due diverse tipologie di fenomeni: il primo è l’«interramento di rifiuti tossici e nocivi provenienti dai poli industriali del nord Italia, e concentrato soprattutto [nei] paesi del casertano e […] del napoletano»; il secondo «riguarda la pratica di dare fuoco ai rifiuti precedentemente sversati, con produzione di sostanze cancerogene altamente lesive». L’immagine risulta ad ogni modo talmente pregnante da diventare emblematica delle condizioni di degrado non soltanto ecologico, ma anche sociale e antropologico in cui versa questo territorio, paragonato dallo scrittore a «un’apocalisse continua e ripetuta, routinaria».
2025
9788846772480
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