Digitalisation has revolutionised and continues to revolutionise the world of work. Technological innovation runs at the speed of algorithmic management, in the potential automation of the entire range of traditional employer powers, from recruitment to termination of employment, and even more, beyond the perspective of subordination, of the management of all aspects related to the (diverse) relationships involving the working person. Against this background, two watchwords are repeatedly invoked: opacity and transparency. The first, as a physiological condition but also as a necessary evil of algorithmic management; the second, as a solution to the problem. The cure, however, is unconvincing: the mere transmission of information is not only no guarantee of effective knowledge, but even more it is not an instrument, at least by itself sufficient, for rebalancing the balance of power. The scant attention paid so far by national and European legislation cannot, however, call into question either the possibility of resorting to the complex and corpulent framework of anti-discrimination law, or even more its inescapable usefulness.

La digitalizzazione ha rivoluzionato e continua a rivoluzionare il mondo del lavoro. L’innovazione tecnologica corre alla velocità del management algoritmico, nella potenziale automazione dell’intera gamma dei tradizionali poteri del datore di lavoro, dall’assunzione alla cessazione del rapporto di lavoro, e più ancora, al di là della prospettiva della subordinazione, della gestione di tutti gli aspetti legati alle (diverse) relazioni che coinvolgono il soggetto che lavora. Su tale sfondo, due sono le parole d’ordine che vengono a più riprese invocate: opacità e trasparenza. La prima, come condizione fisiologica ma anche come male necessario del management algoritmico; la seconda, come soluzione al problema. La cura, tuttavia, non convince: la semplice trasmissione di informazioni non solo non è garanzia di effettiva conoscenza, ma più ancora non è strumento, quantomeno da solo sufficiente, di riequilibrio dell’assetto dei poteri. La scarsa attenzione posta sin qui dalla legislazione nazionale ed europea non può comunque mettere in discussione né la possibilità di ricorrere al complesso e corposo impianto del diritto antidiscriminatorio, né ancor più la sua ineludibile utilità.

Dalla trasparenza alla responsabilità: le potenzialità del diritto antidiscriminatorio nelle organizzazioni digitali

Giuseppe Antonio Recchia
2024-01-01

Abstract

Digitalisation has revolutionised and continues to revolutionise the world of work. Technological innovation runs at the speed of algorithmic management, in the potential automation of the entire range of traditional employer powers, from recruitment to termination of employment, and even more, beyond the perspective of subordination, of the management of all aspects related to the (diverse) relationships involving the working person. Against this background, two watchwords are repeatedly invoked: opacity and transparency. The first, as a physiological condition but also as a necessary evil of algorithmic management; the second, as a solution to the problem. The cure, however, is unconvincing: the mere transmission of information is not only no guarantee of effective knowledge, but even more it is not an instrument, at least by itself sufficient, for rebalancing the balance of power. The scant attention paid so far by national and European legislation cannot, however, call into question either the possibility of resorting to the complex and corpulent framework of anti-discrimination law, or even more its inescapable usefulness.
2024
979-12-235-0109-2
La digitalizzazione ha rivoluzionato e continua a rivoluzionare il mondo del lavoro. L’innovazione tecnologica corre alla velocità del management algoritmico, nella potenziale automazione dell’intera gamma dei tradizionali poteri del datore di lavoro, dall’assunzione alla cessazione del rapporto di lavoro, e più ancora, al di là della prospettiva della subordinazione, della gestione di tutti gli aspetti legati alle (diverse) relazioni che coinvolgono il soggetto che lavora. Su tale sfondo, due sono le parole d’ordine che vengono a più riprese invocate: opacità e trasparenza. La prima, come condizione fisiologica ma anche come male necessario del management algoritmico; la seconda, come soluzione al problema. La cura, tuttavia, non convince: la semplice trasmissione di informazioni non solo non è garanzia di effettiva conoscenza, ma più ancora non è strumento, quantomeno da solo sufficiente, di riequilibrio dell’assetto dei poteri. La scarsa attenzione posta sin qui dalla legislazione nazionale ed europea non può comunque mettere in discussione né la possibilità di ricorrere al complesso e corposo impianto del diritto antidiscriminatorio, né ancor più la sua ineludibile utilità.
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