Nel saggio viene analizzata la produzione poetica di R.V. Scotellaro risalente agli anni tra il 1982 e il 2024: quarantadue anni in cui R.V. Scotellaro ha trovato nella scrittura l’amica preferita, l’interlocutrice più pronta a sciogliere quel «grumo forte di passione», quel fitto «groviglio interiore» che si era notato sin dall’inizio fungere da leva di azione del congegno poetico. A tale finalità, nel volume concorrono la scrittura in prosa e il disegno (sono infatti riprodotte dieci tavole dell’autore): l’espressione si è fatta multiforme, con fitti transiti di raccordo che l’hanno resa compatta e indifferibile. La poesia è stata ed è la buona carta da calare sempre sul tavolo da gioco. Il dilemma tra fedeltà alle origini e tradimento delle stesse, l’accettazione della partenza e della distanza da parte di questo «pellegrino mesto» nell’altrove e la risanante dinamica distacco-ricordo hanno prodotto i molti frutti qui raccolti. A libro letto, vengono a mente le parole di Jean Genet che Annie Ernaux ha messo in epigrafe a Il posto, breve romanzo in cui la scrittrice racconta, attraverso la storia della sua famiglia, il trapasso della civiltà contadina in società borghese: «Azzardo una spiegazione: scrivere è l’ultima risorsa quando abbiamo tradito».
«L’accento saraceno»: distacco e ricordo nei versi di Rocco Vincenzo Scotellaro
Giulia Dell'Aquila
2024-01-01
Abstract
Nel saggio viene analizzata la produzione poetica di R.V. Scotellaro risalente agli anni tra il 1982 e il 2024: quarantadue anni in cui R.V. Scotellaro ha trovato nella scrittura l’amica preferita, l’interlocutrice più pronta a sciogliere quel «grumo forte di passione», quel fitto «groviglio interiore» che si era notato sin dall’inizio fungere da leva di azione del congegno poetico. A tale finalità, nel volume concorrono la scrittura in prosa e il disegno (sono infatti riprodotte dieci tavole dell’autore): l’espressione si è fatta multiforme, con fitti transiti di raccordo che l’hanno resa compatta e indifferibile. La poesia è stata ed è la buona carta da calare sempre sul tavolo da gioco. Il dilemma tra fedeltà alle origini e tradimento delle stesse, l’accettazione della partenza e della distanza da parte di questo «pellegrino mesto» nell’altrove e la risanante dinamica distacco-ricordo hanno prodotto i molti frutti qui raccolti. A libro letto, vengono a mente le parole di Jean Genet che Annie Ernaux ha messo in epigrafe a Il posto, breve romanzo in cui la scrittrice racconta, attraverso la storia della sua famiglia, il trapasso della civiltà contadina in società borghese: «Azzardo una spiegazione: scrivere è l’ultima risorsa quando abbiamo tradito».I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


