Il monitoraggio e la valutazione degli investimenti pubblici in Italia hanno da sempre rappresentato tematiche particolarmente critiche e discusse ) ma, allo stesso tempo, anche complesse per almeno quattro ordini di ragioni: - sotto un profilo concettuale e astratto; - per le questioni tecniche dei relativi processi; - a motivo della rilevanza politica delle specifiche attività; - per i correlati risvolti economici e sociali. Sul piano concettuale, la pubblica amministrazione italiana, sia a livello di stato centrale che al livello periferico delle comunità locali, ha sempre considerato cruciale l’esigenza di garantire un corretto, efficace e coerente processo integrato di monitoraggio e valutazione delle politiche di crescita del Paese. Ciò allo scopo di assicurare che esse possano essere effettivamente e concretamente rivolte a una fattiva programmazione pluriennale (Mazzeo Rinaldi, 2012), secondo un approccio ciclico e sistematico, in cui ciascuna fase non è considerata fine a sé stessa, bensì elemento che, allo stesso tempo, subisce gli effetti e implica conseguenze sugli altri momenti logici e connesse attività (Turco, 2019). Proprio in tale prospettiva, è particolarmente importante evidenziare che l’annosa questione valutativa ha addirittura condotto a una sorta di dualismo – logico e concettuale – sinteticamente rappresentabile in una competizione tra programmazione e valutazione, queste ultime sempre più spesso intese quali estremi opposti di un continuum, più che fasi diverse di un unico processo (Senato della Repubblica, 2017). In realtà, trattasi di un unicum integrato tra programmazione, monitoraggio e valutazione, che dovrebbe assumere un significato ben più sinergico rispetto a quanto tradizionalmente viene a esso attribuito. È così che la stessa attività di monitoraggio, ad esempio, potrebbe idealmente porsi quale elemento di collegamento concettuale tra programmazione e valutazione: in effetti, se da un lato, essa consente di verificare il concreto allineamento tra quanto effettivamente realizzato e quanto programmato, d’altra parte, è sempre il monitoraggio che consente di individuare eventuali scostamenti e, quindi, definire possibili azioni correttive e di feedback inerenti all’attività programmatica. In questo senso, la continua considerazione di tali concetti quali elementi ermeticamente distinti e privi di una univocità o, quantomeno, di una comune finalità interpretativa ha determinato profonde conseguenze negative riguardo alla loro corretta comprensione e implementazione nei processi decisionali. Ciò è stato particolarmente vero per le questioni connesse alla politica degli investimenti pubblici che assumono, oggi più che mai, un ruolo centrale nell’intero sistema economico nazionale e, quindi, il cui rilancio è considerato una priorità strategica per il Paese soprattutto per il loro sostegno all’efficienza delle imprese e delle famiglie.
La programmazione, il monitoraggio e la valutazione degli investimenti pubblici: il contributo della RGS e del DIPE
Turco Mario;
2021-01-01
Abstract
Il monitoraggio e la valutazione degli investimenti pubblici in Italia hanno da sempre rappresentato tematiche particolarmente critiche e discusse ) ma, allo stesso tempo, anche complesse per almeno quattro ordini di ragioni: - sotto un profilo concettuale e astratto; - per le questioni tecniche dei relativi processi; - a motivo della rilevanza politica delle specifiche attività; - per i correlati risvolti economici e sociali. Sul piano concettuale, la pubblica amministrazione italiana, sia a livello di stato centrale che al livello periferico delle comunità locali, ha sempre considerato cruciale l’esigenza di garantire un corretto, efficace e coerente processo integrato di monitoraggio e valutazione delle politiche di crescita del Paese. Ciò allo scopo di assicurare che esse possano essere effettivamente e concretamente rivolte a una fattiva programmazione pluriennale (Mazzeo Rinaldi, 2012), secondo un approccio ciclico e sistematico, in cui ciascuna fase non è considerata fine a sé stessa, bensì elemento che, allo stesso tempo, subisce gli effetti e implica conseguenze sugli altri momenti logici e connesse attività (Turco, 2019). Proprio in tale prospettiva, è particolarmente importante evidenziare che l’annosa questione valutativa ha addirittura condotto a una sorta di dualismo – logico e concettuale – sinteticamente rappresentabile in una competizione tra programmazione e valutazione, queste ultime sempre più spesso intese quali estremi opposti di un continuum, più che fasi diverse di un unico processo (Senato della Repubblica, 2017). In realtà, trattasi di un unicum integrato tra programmazione, monitoraggio e valutazione, che dovrebbe assumere un significato ben più sinergico rispetto a quanto tradizionalmente viene a esso attribuito. È così che la stessa attività di monitoraggio, ad esempio, potrebbe idealmente porsi quale elemento di collegamento concettuale tra programmazione e valutazione: in effetti, se da un lato, essa consente di verificare il concreto allineamento tra quanto effettivamente realizzato e quanto programmato, d’altra parte, è sempre il monitoraggio che consente di individuare eventuali scostamenti e, quindi, definire possibili azioni correttive e di feedback inerenti all’attività programmatica. In questo senso, la continua considerazione di tali concetti quali elementi ermeticamente distinti e privi di una univocità o, quantomeno, di una comune finalità interpretativa ha determinato profonde conseguenze negative riguardo alla loro corretta comprensione e implementazione nei processi decisionali. Ciò è stato particolarmente vero per le questioni connesse alla politica degli investimenti pubblici che assumono, oggi più che mai, un ruolo centrale nell’intero sistema economico nazionale e, quindi, il cui rilancio è considerato una priorità strategica per il Paese soprattutto per il loro sostegno all’efficienza delle imprese e delle famiglie.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.