L’attuale società italiana, a seguito di una notevole e costante trasformazione grazie alla quale può essere definita una società multiculturale, si trova a dover affrontare una serie di problematiche di natura giuridica, afferenti ai più svariati ambiti del diritto. Uno di questi è il diritto penale, il quale si configura come prodotto “locale”, nel senso che lo stesso, se osservato da determinati punti di vista, è strettamente connesso alla cultura locale. Sembra, quindi, inevitabile che nel momento in cui uno Stato, il cui ordinamento penale ha natura “locale”, assuma la connotazione di società multiculturale, proliferino situazioni di conflitto, quale è senza dubbio quella in relazione alla quale la dottrina penalistica ha iniziato a parlare di “reati culturalmente motivati”. Con questa denominazione si vuole definire un comportamento messo in atto da un membro appartenente ad una cultura di minoranza, considerato reato all’interno dell’ordinamento giuridico della cultura dominante, nonostante il medesimo comportamento sia accettato in quanto normale nel gruppo culturale dell’agente. Ci si chiede, dunque, in che modo il diritto penale debba confrontarsi con i reati culturalmente motivati, ovvero se si possa dare rilievo o meno alla “motivazione culturale” e in che modo debba disciplinare i suddetti. Per il momento non abbiamo una disciplina ad hoc in materia di reati culturalmente motivati, ma viene lasciato ai giudici il compito di prendere in considerazione tutti gli elementi e le peculiarità legate ai singoli casi. Ciò essenzialmente perché sotto l’etichetta “reato culturalmente motivato” è riconducibile una pluralità di casi, tra loro molto eterogenei. In questo contesto appare utile fare riferimento ai reati religiosamente orientati. Tra i reati culturalmente orientati e quelli religiosamente orientati è complesso effettuare una separazione netta e risulta difficile distinguerli soprattutto quando si riferiscono ad un aspetto di diversità. Ma occorre mettere in risalto come l’elemento culturale, nella sua permeabilità, eserciti un’influenza implicita sul soggetto, diversamente dalle scelte religiose che appartengono alla sfera della volontarietà del soggetto. In più, nel definire il concetto di reato culturalmente motivato, dottrina e giurisprudenza si sono dovuti confrontare con una categoria priva di baluardi legislativi, che potessero in qualche modo fungere da linee guida. Diversamente da quanto succede per i reati religiosamente orientati, la cui definizione risulterebbe più limpida grazie all’esplicito dettato costituzionale in tema di diritto alla libertà religiosa. Il pluralismo religioso, che caratterizza notevolmente questi tempi, procura numerosi casi in cui un dato reato sia stato determinato da un motivo religioso. Pertanto, nel presente contributo, si è tentato di dare una definizione di reato determinato da motivo religioso; potremmo dire che si tratta di un qualunque fatto vietato giuridicamente, sotto minaccia di una pena criminale, che viene compiuto in vista di remunerazioni trascendentali al fine di obbedire ad una potenza divina.

Multiculturalismo e reazione giuridica: i reati religiosamente orientati.

Raffaella Losurdo
2023-01-01

Abstract

L’attuale società italiana, a seguito di una notevole e costante trasformazione grazie alla quale può essere definita una società multiculturale, si trova a dover affrontare una serie di problematiche di natura giuridica, afferenti ai più svariati ambiti del diritto. Uno di questi è il diritto penale, il quale si configura come prodotto “locale”, nel senso che lo stesso, se osservato da determinati punti di vista, è strettamente connesso alla cultura locale. Sembra, quindi, inevitabile che nel momento in cui uno Stato, il cui ordinamento penale ha natura “locale”, assuma la connotazione di società multiculturale, proliferino situazioni di conflitto, quale è senza dubbio quella in relazione alla quale la dottrina penalistica ha iniziato a parlare di “reati culturalmente motivati”. Con questa denominazione si vuole definire un comportamento messo in atto da un membro appartenente ad una cultura di minoranza, considerato reato all’interno dell’ordinamento giuridico della cultura dominante, nonostante il medesimo comportamento sia accettato in quanto normale nel gruppo culturale dell’agente. Ci si chiede, dunque, in che modo il diritto penale debba confrontarsi con i reati culturalmente motivati, ovvero se si possa dare rilievo o meno alla “motivazione culturale” e in che modo debba disciplinare i suddetti. Per il momento non abbiamo una disciplina ad hoc in materia di reati culturalmente motivati, ma viene lasciato ai giudici il compito di prendere in considerazione tutti gli elementi e le peculiarità legate ai singoli casi. Ciò essenzialmente perché sotto l’etichetta “reato culturalmente motivato” è riconducibile una pluralità di casi, tra loro molto eterogenei. In questo contesto appare utile fare riferimento ai reati religiosamente orientati. Tra i reati culturalmente orientati e quelli religiosamente orientati è complesso effettuare una separazione netta e risulta difficile distinguerli soprattutto quando si riferiscono ad un aspetto di diversità. Ma occorre mettere in risalto come l’elemento culturale, nella sua permeabilità, eserciti un’influenza implicita sul soggetto, diversamente dalle scelte religiose che appartengono alla sfera della volontarietà del soggetto. In più, nel definire il concetto di reato culturalmente motivato, dottrina e giurisprudenza si sono dovuti confrontare con una categoria priva di baluardi legislativi, che potessero in qualche modo fungere da linee guida. Diversamente da quanto succede per i reati religiosamente orientati, la cui definizione risulterebbe più limpida grazie all’esplicito dettato costituzionale in tema di diritto alla libertà religiosa. Il pluralismo religioso, che caratterizza notevolmente questi tempi, procura numerosi casi in cui un dato reato sia stato determinato da un motivo religioso. Pertanto, nel presente contributo, si è tentato di dare una definizione di reato determinato da motivo religioso; potremmo dire che si tratta di un qualunque fatto vietato giuridicamente, sotto minaccia di una pena criminale, che viene compiuto in vista di remunerazioni trascendentali al fine di obbedire ad una potenza divina.
2023
979-12-5976-590-1
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11586/501222
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