Il presente intervento intende approfondire il ruolo svolto dalle pubblicazioni edite dall’Istituto Nazionale Fascista di Cultura, poi trasformatosi in Istituto Nazionale di Cultura Fascista (INCF), utilizzate da docenti curriculari delle discipline letterarie nelle conversazioni di cultura fascista, nella costruzione di una mentalità coloniale che avrebbe dovuto preparare le giovani generazioni a trasformarsi in coloni agricoli nelle regioni africane sotto il controllo italiano. Questi volumi, pubblicati all’indomani della conquista dell’Etiopia e della proclamazione dell’Impero, contribuirono a realizzare quel processo di educazione all’Oltremare (Deplano 2012, pp. 81-111), perché «potesse finalmente nascere la nuova Italia “sborghesizzata” dei combattenti, dei contadini, degli operai» (Nello 2020, p. 548). Il fascismo, infatti, considerava «le colonie come luogo dell’espansione del lavoro italiano» (Labanca, 2002, p. 251), attribuendo così ai possedimenti coloniali una caratterizzazione populistica altrove assente ovvero scarsamente rilevante. La Carta del Lavoro (1927) sanciva un rapporto ineguale tra singolo e Stato: allo stesso modo attribuiva un ruolo dominante «a quei popoli altamente civili i quali, abbisognevoli di espansione, possano con facilità sfruttare a beneficio dell’umano consorzio territori ricchi di risorse e per nulla sfruttati, attualmente nelle mani di popolazioni incivili» (INFC 1935, pp. 3-4). Le conversazioni di cultura fascista concorsero così attivamente al processo di costruzione di una «scuola coloniale», intesa, secondo Deplano, come quell’aggregato di enti e istituzioni – ivi incluso l’ordinamento scolastico – che guardavano con favore all’espansione coloniale in Africa (Deplano 2015, p. 20). Gli esiti di questo «lavoro minuzioso della propaganda coloniale e “razziale”, cresciuta in maniera esponenziale negli anni del fascismo» (Gabrielli 2015, p. 226) sono perdurati ben oltre i confini temporali dell’esperienza italiana in Africa, producendo l’infausto risultato di una generazione di italiani convinti di aver civilizzato le colonie, missione alla quale avrebbero rinunciato a malincuore solamente in virtù della sconfitta militare conseguita al termine della Seconda guerra mondiale.

Sostituire la spada con l’aratro: la scuola coloniale nella formazione degli italiani negli anni dell’Impero

Domenico Francesco Antonio Elia
2023-01-01

Abstract

Il presente intervento intende approfondire il ruolo svolto dalle pubblicazioni edite dall’Istituto Nazionale Fascista di Cultura, poi trasformatosi in Istituto Nazionale di Cultura Fascista (INCF), utilizzate da docenti curriculari delle discipline letterarie nelle conversazioni di cultura fascista, nella costruzione di una mentalità coloniale che avrebbe dovuto preparare le giovani generazioni a trasformarsi in coloni agricoli nelle regioni africane sotto il controllo italiano. Questi volumi, pubblicati all’indomani della conquista dell’Etiopia e della proclamazione dell’Impero, contribuirono a realizzare quel processo di educazione all’Oltremare (Deplano 2012, pp. 81-111), perché «potesse finalmente nascere la nuova Italia “sborghesizzata” dei combattenti, dei contadini, degli operai» (Nello 2020, p. 548). Il fascismo, infatti, considerava «le colonie come luogo dell’espansione del lavoro italiano» (Labanca, 2002, p. 251), attribuendo così ai possedimenti coloniali una caratterizzazione populistica altrove assente ovvero scarsamente rilevante. La Carta del Lavoro (1927) sanciva un rapporto ineguale tra singolo e Stato: allo stesso modo attribuiva un ruolo dominante «a quei popoli altamente civili i quali, abbisognevoli di espansione, possano con facilità sfruttare a beneficio dell’umano consorzio territori ricchi di risorse e per nulla sfruttati, attualmente nelle mani di popolazioni incivili» (INFC 1935, pp. 3-4). Le conversazioni di cultura fascista concorsero così attivamente al processo di costruzione di una «scuola coloniale», intesa, secondo Deplano, come quell’aggregato di enti e istituzioni – ivi incluso l’ordinamento scolastico – che guardavano con favore all’espansione coloniale in Africa (Deplano 2015, p. 20). Gli esiti di questo «lavoro minuzioso della propaganda coloniale e “razziale”, cresciuta in maniera esponenziale negli anni del fascismo» (Gabrielli 2015, p. 226) sono perdurati ben oltre i confini temporali dell’esperienza italiana in Africa, producendo l’infausto risultato di una generazione di italiani convinti di aver civilizzato le colonie, missione alla quale avrebbero rinunciato a malincuore solamente in virtù della sconfitta militare conseguita al termine della Seconda guerra mondiale.
2023
979-12-5568-059-8
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