Si potrebbe immaginare il risveglio coscienzioso del parlante, illuso proprietario irretito nella lingua, come una metamorfosi kafkiana: il parlante inconsapevole ora divenuto parlante consapevole che pensa la lingua stando già sempre inevitabilmente nella lingua, si rende improvvisamente conto di non poterla possedere come un oggetto a lui contrapposto o contrapponibile giacché essa da sempre lo abita ed è, a sua volta, irrimediabilmente abitata dall’estraneo. Quando pensiamo il linguaggio lo pensiamo infatti già sempre nel linguaggio, più precisamente nella lingua storica in cui pensiamo; compiamo dunque un’operazione metalinguistica per la quale è impossibile ridurre il linguaggio a oggetto. Il linguaggio si manifesta solo nel linguaggio serbando un’irriducibile resto d’estraneità. Ciascuna lingua attraversa i parlanti dando loro un senso di appartenenza su uno sfondo di non appartenenza, di estraneità.
La lingua tra proprio ed estraneo. In ascolto dell’altro
Moira De Iaco
2013-01-01
Abstract
Si potrebbe immaginare il risveglio coscienzioso del parlante, illuso proprietario irretito nella lingua, come una metamorfosi kafkiana: il parlante inconsapevole ora divenuto parlante consapevole che pensa la lingua stando già sempre inevitabilmente nella lingua, si rende improvvisamente conto di non poterla possedere come un oggetto a lui contrapposto o contrapponibile giacché essa da sempre lo abita ed è, a sua volta, irrimediabilmente abitata dall’estraneo. Quando pensiamo il linguaggio lo pensiamo infatti già sempre nel linguaggio, più precisamente nella lingua storica in cui pensiamo; compiamo dunque un’operazione metalinguistica per la quale è impossibile ridurre il linguaggio a oggetto. Il linguaggio si manifesta solo nel linguaggio serbando un’irriducibile resto d’estraneità. Ciascuna lingua attraversa i parlanti dando loro un senso di appartenenza su uno sfondo di non appartenenza, di estraneità.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.