In un famoso libro della metà del secolo scorso, “I Persuasori Oc- culti” di Vance Packard, l’autore riferisce di una ricerca per una marca di wiskey in cui i rispondenti avrebbero dovuto scegliere la persona a loro più affine per fare un viaggio in treno o passare una serata a bere tra 7 fotografie di soggetti affetti, all’insaputa dei rispondenti, da al- trettante patologie psichiatriche: un sadico, un epilettico, un isterico, un catatonico, un paranoico, un depresso e un maniaco. La ricerca si fondava sull’assunto che, fisiologicamente, siamo tutti un po’ alienati ed affetti, almeno moderatamente, da una di queste forme di squilibrio mentale (posto che, nella moderna medicina, possano considerarsi an- cora come tali1). Secondo i suoi fautori, gli individui, anche solo in- consciamente, avrebbero scelto come compagno quello con la versione estrema della propria patologia prevalente. Pur senza arrivare a queste conclusioni, è fuor di dubbio che gli individui basino i loro atteggiamenti e, conseguentemente, i loro com- portamenti non solo su valori di giustizia ed equità, mossi da una visione naturalisticamente improntata al bene condiviso; al contrario, proprio perché in natura il bianco implica il nero, il bene il male e la virtù il vizio, tutti noi siamo portati a effettuare le nostre scelte comportamentali – non ultime quelle di consumo – anche sulla base di valori negativi, di dis-valori. La ricerca psicologica e, nel suo campo, quella di marketing ha spesso trascurato di considerare i disvalori come fattori naturali alla base delle azioni personali: naturali perché fisiologici e non necessariamente determinati da patologie croniche o passeggere. I disvalori, come tali, andrebbero indagati con la stessa attenzione posta da quei ricercatori che hanno sviluppato dettagliate tassonomie dei valori positivi e altrettanto affidabili strumenti di misurazione sotto forma di scale e questionari. Al momento, tuttavia, questa ricerca è in una fase preliminare e sono ancora pochi i lavori che hanno esteso l’indagine sui motivi delle scelte individuali. Nel campo del consumo, questi studi sono ancora più rari: per questa ragione, il presente volume, che ha colto il mio invito ad affrontare questo promettente ambito di ricerca, appare meritevole di attenzione come punto di partenza per le future linee di ricerca in grado di approfondire le tematiche qui esposte. La trattazione monografica di Luigi Piper e Lucrezia Maria de Cosmo acquisisce dalla tradizione culturale ed etica occidentale la meta- fora dei “vizi capitali” per individuare quelle inclinazioni intime di un individuo che assumono una valenza negativa assoluta poiché in grado di nuocere alla propria persona, minandone la salute o la stessa soprav- vivenza, oppure agli altri, peggiorando la propria convivenza sociale e condizione civile. Ciò non toglie che, in una visione opportunistica, edonistica o nichilista dell’esistenza, queste inclinazioni possano assumere la funzione di guida delle proprie percezioni, giudizi e compor- tamenti, sì da funzionare come valori negativi – secondo la morale condivisa – e, tuttavia, in grado d’indirizzare le scelte, di volta in volta, poste in essere dall’individuo. I vizi capitali – che, secondo la morale filosofica cristiana, sono costituiti da superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira e accidia – non sono ovviamente gli unici a costituire il novero dei possibili disvalori. Ogni epoca e cultura è in grado di modellarne di specifici: si pensi, soltanto a titolo di esempio, al disinteresse, alla gelosia, alle cattive abitudini. Ciascuno di questi potrebbe avere risvolti sul comportamento individuale e di consumo. Tuttavia, i vizi capitoli costituiscono un primo novero su cui poter verificare l’importanza che assumono nella guida di certi comportamenti, specie in situazioni caratterizzate da scarso controllo sociale o di degrado materiale. I disvalori possono altresì costituire le basi per lo sviluppo di trat- ti specifici della personalità degli individui, come gli stessi autori del volume vanno a indagare, sulla scorta del filone di studi sulla cosiddetta “dark triad”, la triade “oscura” dei tratti comportamentali generalmente considerati come antecedenti di psicopatologie e condotte antisociali, vale a dire: narcisismo, machiavellismo e psicopatia. Questi tratti sono stati in passato osservati anche in individui a capo di organizzazioni o, addirittura, stati nazionali, con ciò intendendo che la loro presenza non è affatto marginale anche in soggetti con ampie capacità d’influenzare gli obiettivi e le azioni degli altri, con evidenti ricadute sul benessere condiviso di una comunità. Lo sviluppo di queste ricerche potrebbe essere di grande importanza negli studi di natura interculturale, considerando che i confini di agentività e comunione, nell’accezione di Bakan, nonché quelli di positività come fine dei comportamenti umani, cambiano secondo le credenze, gli atteggiamenti e gli usi sociali condivisi. Inoltre, considerando i risvolti non sempre razionali quanto agli esiti delle azioni che determinano, i disvalori potrebbero avere anche rilevanti implicazioni nel quadro della “Teoria dell’intuito morale” di Jonathan Haidt, come opposti dei fondamenti morali e, a livello di marketing, come antecedenti di comportamenti nocivi di distruzione, frode, tradimento, ribellione, oppressione, degradazione. Ciascuno di noi cerca di dare un senso alla propria vita: specie in tempi come questi, caratterizzati da rischi pervasivi, dovuti alle guerre e alle pandemie, la ricerca di una direzione diventa più sentita e può risolversi facilmente in un senso o nell’altro, dando adito a comportamenti virtuosi, secondo principi vitali di sopravvivenza o, altresì, op- posti, mirati a soddisfare l’individuo nell’immediato, con ciò cambiando l’esito della storia umana. I nostri comportamenti di consumo sono la cartina al tornasole delle nostre personali vicende umane. Lo studio dei motivi – assai spesso contingenti e contestuali – in cui avvengono queste scelte consente di far luce su quello spartiacque, affatto labile in tempi difficili, che distingue il bene dal male.

Il ruolo dei disvalori nel marketing. Un’analisi preliminare del lato oscuro dei consumatori.

Luigi Piper;Lucrezia Maria de Cosmo
2022-01-01

Abstract

In un famoso libro della metà del secolo scorso, “I Persuasori Oc- culti” di Vance Packard, l’autore riferisce di una ricerca per una marca di wiskey in cui i rispondenti avrebbero dovuto scegliere la persona a loro più affine per fare un viaggio in treno o passare una serata a bere tra 7 fotografie di soggetti affetti, all’insaputa dei rispondenti, da al- trettante patologie psichiatriche: un sadico, un epilettico, un isterico, un catatonico, un paranoico, un depresso e un maniaco. La ricerca si fondava sull’assunto che, fisiologicamente, siamo tutti un po’ alienati ed affetti, almeno moderatamente, da una di queste forme di squilibrio mentale (posto che, nella moderna medicina, possano considerarsi an- cora come tali1). Secondo i suoi fautori, gli individui, anche solo in- consciamente, avrebbero scelto come compagno quello con la versione estrema della propria patologia prevalente. Pur senza arrivare a queste conclusioni, è fuor di dubbio che gli individui basino i loro atteggiamenti e, conseguentemente, i loro com- portamenti non solo su valori di giustizia ed equità, mossi da una visione naturalisticamente improntata al bene condiviso; al contrario, proprio perché in natura il bianco implica il nero, il bene il male e la virtù il vizio, tutti noi siamo portati a effettuare le nostre scelte comportamentali – non ultime quelle di consumo – anche sulla base di valori negativi, di dis-valori. La ricerca psicologica e, nel suo campo, quella di marketing ha spesso trascurato di considerare i disvalori come fattori naturali alla base delle azioni personali: naturali perché fisiologici e non necessariamente determinati da patologie croniche o passeggere. I disvalori, come tali, andrebbero indagati con la stessa attenzione posta da quei ricercatori che hanno sviluppato dettagliate tassonomie dei valori positivi e altrettanto affidabili strumenti di misurazione sotto forma di scale e questionari. Al momento, tuttavia, questa ricerca è in una fase preliminare e sono ancora pochi i lavori che hanno esteso l’indagine sui motivi delle scelte individuali. Nel campo del consumo, questi studi sono ancora più rari: per questa ragione, il presente volume, che ha colto il mio invito ad affrontare questo promettente ambito di ricerca, appare meritevole di attenzione come punto di partenza per le future linee di ricerca in grado di approfondire le tematiche qui esposte. La trattazione monografica di Luigi Piper e Lucrezia Maria de Cosmo acquisisce dalla tradizione culturale ed etica occidentale la meta- fora dei “vizi capitali” per individuare quelle inclinazioni intime di un individuo che assumono una valenza negativa assoluta poiché in grado di nuocere alla propria persona, minandone la salute o la stessa soprav- vivenza, oppure agli altri, peggiorando la propria convivenza sociale e condizione civile. Ciò non toglie che, in una visione opportunistica, edonistica o nichilista dell’esistenza, queste inclinazioni possano assumere la funzione di guida delle proprie percezioni, giudizi e compor- tamenti, sì da funzionare come valori negativi – secondo la morale condivisa – e, tuttavia, in grado d’indirizzare le scelte, di volta in volta, poste in essere dall’individuo. I vizi capitali – che, secondo la morale filosofica cristiana, sono costituiti da superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira e accidia – non sono ovviamente gli unici a costituire il novero dei possibili disvalori. Ogni epoca e cultura è in grado di modellarne di specifici: si pensi, soltanto a titolo di esempio, al disinteresse, alla gelosia, alle cattive abitudini. Ciascuno di questi potrebbe avere risvolti sul comportamento individuale e di consumo. Tuttavia, i vizi capitoli costituiscono un primo novero su cui poter verificare l’importanza che assumono nella guida di certi comportamenti, specie in situazioni caratterizzate da scarso controllo sociale o di degrado materiale. I disvalori possono altresì costituire le basi per lo sviluppo di trat- ti specifici della personalità degli individui, come gli stessi autori del volume vanno a indagare, sulla scorta del filone di studi sulla cosiddetta “dark triad”, la triade “oscura” dei tratti comportamentali generalmente considerati come antecedenti di psicopatologie e condotte antisociali, vale a dire: narcisismo, machiavellismo e psicopatia. Questi tratti sono stati in passato osservati anche in individui a capo di organizzazioni o, addirittura, stati nazionali, con ciò intendendo che la loro presenza non è affatto marginale anche in soggetti con ampie capacità d’influenzare gli obiettivi e le azioni degli altri, con evidenti ricadute sul benessere condiviso di una comunità. Lo sviluppo di queste ricerche potrebbe essere di grande importanza negli studi di natura interculturale, considerando che i confini di agentività e comunione, nell’accezione di Bakan, nonché quelli di positività come fine dei comportamenti umani, cambiano secondo le credenze, gli atteggiamenti e gli usi sociali condivisi. Inoltre, considerando i risvolti non sempre razionali quanto agli esiti delle azioni che determinano, i disvalori potrebbero avere anche rilevanti implicazioni nel quadro della “Teoria dell’intuito morale” di Jonathan Haidt, come opposti dei fondamenti morali e, a livello di marketing, come antecedenti di comportamenti nocivi di distruzione, frode, tradimento, ribellione, oppressione, degradazione. Ciascuno di noi cerca di dare un senso alla propria vita: specie in tempi come questi, caratterizzati da rischi pervasivi, dovuti alle guerre e alle pandemie, la ricerca di una direzione diventa più sentita e può risolversi facilmente in un senso o nell’altro, dando adito a comportamenti virtuosi, secondo principi vitali di sopravvivenza o, altresì, op- posti, mirati a soddisfare l’individuo nell’immediato, con ciò cambiando l’esito della storia umana. I nostri comportamenti di consumo sono la cartina al tornasole delle nostre personali vicende umane. Lo studio dei motivi – assai spesso contingenti e contestuali – in cui avvengono queste scelte consente di far luce su quello spartiacque, affatto labile in tempi difficili, che distingue il bene dal male.
2022
979-12-5965-095-5
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11586/438080
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact