Poeta delle ceneri è, significativamente, il titolo di un poemetto autobiografico di poche pagine, vergato in maniera quasi esantematica nell’agosto del 1966 e pubblicato a cura di Enzo Siciliano soltanto nel 1980, su «Nuovi argomenti». Siamo all’indomani della grande costruzione manieristica di Poesie in forma di rosa, del ’64, in cui sono incubati, come insetti nell’ambra, luoghi pasoliniani come “l’abiura al ridicolo decennio”, la “disperata vitalità”, “la rivoluzione come sentimento”. Preso in mezzo ai rivolgimenti culturali e sociali – ormai sincroniche evoluzioni tecnologiche senza progresso morale – che cristallizzano la storia in un eterno ritorno neocapitalistico, il poeta civile è condannato a una frustrante «funzione tardoumanistica»,1 all’innocua custodia della forma. Il suo operato minaccia di ridursi ad attività senza impegno, discorso svuotato d’analisi, a poesia senza richiesta. La sua reazione è un pronunciamento ferale. A fronte di questa diacronia spoetizzante, è vivida l’esigenza di riscrivere la propria vita, attraverso il racconto – e la ri-formulazione – autobiografico. Poeta delle ceneri è anche un tentativo, per così dire, di fare spazio su una scrivania caotica su cui si affastellano progetti di opere future e sedimenti di opere passate, di ripristinare l’ordine esistenziale attraverso il principio d’individuazione dell’opera, tramite lo strumento della lingua poetica.
Empirico, eretico, esemplare. Per un'autobiografia di Pier Paolo Pasolini
Altamura G
2008-01-01
Abstract
Poeta delle ceneri è, significativamente, il titolo di un poemetto autobiografico di poche pagine, vergato in maniera quasi esantematica nell’agosto del 1966 e pubblicato a cura di Enzo Siciliano soltanto nel 1980, su «Nuovi argomenti». Siamo all’indomani della grande costruzione manieristica di Poesie in forma di rosa, del ’64, in cui sono incubati, come insetti nell’ambra, luoghi pasoliniani come “l’abiura al ridicolo decennio”, la “disperata vitalità”, “la rivoluzione come sentimento”. Preso in mezzo ai rivolgimenti culturali e sociali – ormai sincroniche evoluzioni tecnologiche senza progresso morale – che cristallizzano la storia in un eterno ritorno neocapitalistico, il poeta civile è condannato a una frustrante «funzione tardoumanistica»,1 all’innocua custodia della forma. Il suo operato minaccia di ridursi ad attività senza impegno, discorso svuotato d’analisi, a poesia senza richiesta. La sua reazione è un pronunciamento ferale. A fronte di questa diacronia spoetizzante, è vivida l’esigenza di riscrivere la propria vita, attraverso il racconto – e la ri-formulazione – autobiografico. Poeta delle ceneri è anche un tentativo, per così dire, di fare spazio su una scrivania caotica su cui si affastellano progetti di opere future e sedimenti di opere passate, di ripristinare l’ordine esistenziale attraverso il principio d’individuazione dell’opera, tramite lo strumento della lingua poetica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.