Lo stacco di un mosaico pavimentale è sempre un intervento complesso e traumatico; dal punto di vista metodologico le circostanze che determinano questa scelta sono sempre legate alle precarie condizioni conservative del manufatto, all'impossibilità di preservarlo dall'azione degli agenti esterni senza comprometterne l'esistenza e la sua trasmissione al futuro. Nel caso del mosaico del Pavone della Basilica paleocristiana di San Leucio a Canosa l'Amministrazione Comunale ha sfruttato un finanziamento regionale per mettere in sicurezza il pavimento musivo all'interno dell'Antiquarium situato nel parco archeologico. Tra il 1957 e il 1963 il mosaico era stato oggetto, insieme agli altri mosaici pavimentali, di un radicale intervento di distacco, con conseguente montaggio su pannelli in cemento armato e ricollocazione in situ, diretto dalla Soprintendenza ai Monumenti della Puglia. Alcune grandi fotografie realizzate nel 2008 per l'allestimento museale dell'Antiquarium mostrano ancora la superficie musiva ben leggibile e dalla cromia riconoscibile, mentre nei successivi 8 anni il manufatto sembra aver subito pesanti danni: la superficie si è ricoperta di spesse e diffuse patine biologiche che non rendevano più comprensibile la ricca raffigurazione, un grigiore diffuso aveva offuscato i colori del tessellato; il materiale lapideo e fittile delle tessere cominciava ad essere soggetto a fenomeni di degrado, molte tessere non erano più ben ancorate al sottofondo. L'intervento di distacco è stato eseguito con metodi tradizionali. Il cemento retrostante è stato solo assottigliato, in quanto l'asportazione totale avrebbe provocato degli stress meccanici molto consistenti a carico del manto musivo vista la tenacia e l'aderenza del cemento stesso; infatti, durante il vecchio restauro erano stati completamente asportati gli strati preparatori originali e le tessere affogate per quasi tutto il loro spessore nel cemento grigio. Il progetto prevedeva, inoltre, la realizzazione di una copia del mosaico da collocare in situ; in accordo con la Soprintendenza si è invece pensato di realizzare una serigrafia su pannelli in alluminio nella quale proporre ai visitatori anche una ricostruzione grafica delle estese lacune del mosaico. Si è ritenuto, infatti, che la presenza della copia in un sito esterno e privo di coperture avrebbe richiesto una manutenzione continua, con costi e interventi da programmare annualmente per l'Amministrazione. Ci si è chiesti: se non è stato possibile fare conservazione costante sul mosaico, sarebbero state messe in atto tutte le misure preventive per conservare la copia? Una conservazione programmata delle superfici musive avrebbe potuto allontanare la necessità del distacco e avrebbe permesso, in alternativa, di progettare la realizzazione di una copertura dell'area dell'abside in cui insiste il mosaico evitandone la decontestualizzazione. Il nostro contributo, oltre che raccontare dell'intervento di stacco e restauro, intende proporre alcuni spunti di riflessione su quanto ancora si sia lontani dalla virtuosa pratica della conservazione programmata, del minimo intervento, dalla antica ma ormai desueta attività di manutenzione, azioni che ricadono nelle competenze di Enti Territoriali che per molteplici ragioni incontrano difficoltà nel porre in atto queste pratiche. Uno stato di fatto che mette in allerta il mondo della conservazione, considerando il gran numero di siti archeologici estremamente ricchi e variegati, ma allo stesso tempo molto fragili e per i quali non sempre si è in grado di programmare interventi che ne consentano una corretta fruizione. Un altro aspetto che intendiamo porre in evidenza è quello legato all'uso delle copie degli originali e delle alternative possibili per una conservazione e valorizzazione dei siti archeologici all'insegna della sostenibilità.
Pavimenti musivi della basilica paleocristiana di San Leucio a Canosa. Il pannello figurato dell’abside ovest tra restauro conservativo e priorità di fruizione
Giuliano De Felice;
2017-01-01
Abstract
Lo stacco di un mosaico pavimentale è sempre un intervento complesso e traumatico; dal punto di vista metodologico le circostanze che determinano questa scelta sono sempre legate alle precarie condizioni conservative del manufatto, all'impossibilità di preservarlo dall'azione degli agenti esterni senza comprometterne l'esistenza e la sua trasmissione al futuro. Nel caso del mosaico del Pavone della Basilica paleocristiana di San Leucio a Canosa l'Amministrazione Comunale ha sfruttato un finanziamento regionale per mettere in sicurezza il pavimento musivo all'interno dell'Antiquarium situato nel parco archeologico. Tra il 1957 e il 1963 il mosaico era stato oggetto, insieme agli altri mosaici pavimentali, di un radicale intervento di distacco, con conseguente montaggio su pannelli in cemento armato e ricollocazione in situ, diretto dalla Soprintendenza ai Monumenti della Puglia. Alcune grandi fotografie realizzate nel 2008 per l'allestimento museale dell'Antiquarium mostrano ancora la superficie musiva ben leggibile e dalla cromia riconoscibile, mentre nei successivi 8 anni il manufatto sembra aver subito pesanti danni: la superficie si è ricoperta di spesse e diffuse patine biologiche che non rendevano più comprensibile la ricca raffigurazione, un grigiore diffuso aveva offuscato i colori del tessellato; il materiale lapideo e fittile delle tessere cominciava ad essere soggetto a fenomeni di degrado, molte tessere non erano più ben ancorate al sottofondo. L'intervento di distacco è stato eseguito con metodi tradizionali. Il cemento retrostante è stato solo assottigliato, in quanto l'asportazione totale avrebbe provocato degli stress meccanici molto consistenti a carico del manto musivo vista la tenacia e l'aderenza del cemento stesso; infatti, durante il vecchio restauro erano stati completamente asportati gli strati preparatori originali e le tessere affogate per quasi tutto il loro spessore nel cemento grigio. Il progetto prevedeva, inoltre, la realizzazione di una copia del mosaico da collocare in situ; in accordo con la Soprintendenza si è invece pensato di realizzare una serigrafia su pannelli in alluminio nella quale proporre ai visitatori anche una ricostruzione grafica delle estese lacune del mosaico. Si è ritenuto, infatti, che la presenza della copia in un sito esterno e privo di coperture avrebbe richiesto una manutenzione continua, con costi e interventi da programmare annualmente per l'Amministrazione. Ci si è chiesti: se non è stato possibile fare conservazione costante sul mosaico, sarebbero state messe in atto tutte le misure preventive per conservare la copia? Una conservazione programmata delle superfici musive avrebbe potuto allontanare la necessità del distacco e avrebbe permesso, in alternativa, di progettare la realizzazione di una copertura dell'area dell'abside in cui insiste il mosaico evitandone la decontestualizzazione. Il nostro contributo, oltre che raccontare dell'intervento di stacco e restauro, intende proporre alcuni spunti di riflessione su quanto ancora si sia lontani dalla virtuosa pratica della conservazione programmata, del minimo intervento, dalla antica ma ormai desueta attività di manutenzione, azioni che ricadono nelle competenze di Enti Territoriali che per molteplici ragioni incontrano difficoltà nel porre in atto queste pratiche. Uno stato di fatto che mette in allerta il mondo della conservazione, considerando il gran numero di siti archeologici estremamente ricchi e variegati, ma allo stesso tempo molto fragili e per i quali non sempre si è in grado di programmare interventi che ne consentano una corretta fruizione. Un altro aspetto che intendiamo porre in evidenza è quello legato all'uso delle copie degli originali e delle alternative possibili per una conservazione e valorizzazione dei siti archeologici all'insegna della sostenibilità.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.