Sono stati proposti diversi metodi per quantificazione il rapporto tra nocicezione ed analgesia farmacologica in corso di anestesia, quali la conduttanza cutanea, la pupillometria, la fotopletismografia e la variabilità della frequenza cardiaca (HRV). Quest’ultimo parametro è stato quello che ha destato maggiore interesse negli ultimi anni per il suo possibile utilizzo clinico ed è da poco disponibile in Italia una tecnologia che sfrutta un indice, chiamato ANI (Analgesia/Nociception Index), che si basa proprio sulla HRV per il monitoraggio della analgesia in pazienti anestetizzati. Nello specifico, la tecnologia ANI (Mdoloris Medical Systems- MDMS) si basa sulla registrazione dell’ECG e sulle fluttuazioni respiratorie della frequenza cardiaca che riflettono il tono parasimpatico del paziente. Grazie ad un algoritmo matematico, il monitor elabora quindi un valore numerico, compreso tra 0 (massima nocicezione) e 100 (massima analgesia). Se il valore dell’ANI è compreso in un intervallo numerico che va da 50 a 70, il paziente si trova in una situazione di adeguata analgesia, con un tono parasimpatico che predomina su quello simpatico. Se il valore medio dell’ANI scende sotto i 50 il paziente si trova in una condizione di scarsa analgesia, se il valore medio supera il 70, è plausibile che la dose di oppioidi sia superiore alla richiesta indotta dalla nocicezione. Ci sono, in letteratura, diversi studi di validazione dell’ANI sia durante l’anestesia che nell’immediato periodo post-operatorio. Dalla nostra esperienza clinica possiamo dire che l’ANI è un indice utile nel monitoraggio della analgesia intraoperatoria ma va sempre associato al monitoraggio della profondità dell’anestesia, in modo da poter discriminare variazioni emodinamiche secondarie a superficializzazione della stessa.

Monitoraggio del dolore intraoperatorio: nuove frontiere

Puntillo F.;Giglio M.
2017-01-01

Abstract

Sono stati proposti diversi metodi per quantificazione il rapporto tra nocicezione ed analgesia farmacologica in corso di anestesia, quali la conduttanza cutanea, la pupillometria, la fotopletismografia e la variabilità della frequenza cardiaca (HRV). Quest’ultimo parametro è stato quello che ha destato maggiore interesse negli ultimi anni per il suo possibile utilizzo clinico ed è da poco disponibile in Italia una tecnologia che sfrutta un indice, chiamato ANI (Analgesia/Nociception Index), che si basa proprio sulla HRV per il monitoraggio della analgesia in pazienti anestetizzati. Nello specifico, la tecnologia ANI (Mdoloris Medical Systems- MDMS) si basa sulla registrazione dell’ECG e sulle fluttuazioni respiratorie della frequenza cardiaca che riflettono il tono parasimpatico del paziente. Grazie ad un algoritmo matematico, il monitor elabora quindi un valore numerico, compreso tra 0 (massima nocicezione) e 100 (massima analgesia). Se il valore dell’ANI è compreso in un intervallo numerico che va da 50 a 70, il paziente si trova in una situazione di adeguata analgesia, con un tono parasimpatico che predomina su quello simpatico. Se il valore medio dell’ANI scende sotto i 50 il paziente si trova in una condizione di scarsa analgesia, se il valore medio supera il 70, è plausibile che la dose di oppioidi sia superiore alla richiesta indotta dalla nocicezione. Ci sono, in letteratura, diversi studi di validazione dell’ANI sia durante l’anestesia che nell’immediato periodo post-operatorio. Dalla nostra esperienza clinica possiamo dire che l’ANI è un indice utile nel monitoraggio della analgesia intraoperatoria ma va sempre associato al monitoraggio della profondità dell’anestesia, in modo da poter discriminare variazioni emodinamiche secondarie a superficializzazione della stessa.
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Descrizione: Relazione su invito 40° Congresso AISD
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