La metformina (dimetilbiguanide) è diventata il farmaco ipoglicemizzante di prima linea per la gestione del diabete mellito di tipo 2. La sua lunga storia è legata alla Galega officinalis (nota anche come ruta di capra), una sostanza erboristica tradizionale in Europa, conosciuta per essere ricca di guanidina, che nel 1918 dimostrò di ridurre il livello di glucosio nel sangue. Derivati della guanidina, inclusa la metformina, furono sintetizzati e alcuni (non metformina) usati per il trattamento del diabete negli anni 1920 e 1930, ma poi furono sospesi a causa della tossicità e della maggiore disponibilità di insulina. La metformina fu riscoperta tra i farmaci antimalarici negli anni '40 e, durante i test clinici, si dimostrò utile per trattare anche l'influenza e a volte riduceva il glucosio nel sangue. Questa proprietà fu approfondita dal medico francese Jean Sterne che per primo, nel 1957, segnalò l'uso della metformina per il trattamento del diabete. Tuttavia, la metformina ricevette un'attenzione limitata in quanto era meno potente di altre biguanidi (fenformina e buformina) che riducevano la glicemia, ma sospese alla fine degli anni '70 a causa dell'elevato rischio di acidosi lattica. Così Il futuro della Metformina fu precario, la sua reputazione fu offuscata dall'associazione con altre biguanidi, nonostante evidenti differenze. La capacità della metformina di contrastare l'insulino-resistenza e di affrontare l'iperglicemia ad esordio nell'età adulta, senza aumento di peso o aumento del rischio di ipoglicemia, ha gradualmente acquisito credibilità in Europa e, dopo un'attenta analisi, la metformina è stata introdotta negli USA nel 1995. Nel 1998 lo studio UKPDS (United Kingdom Prospective Diabetes Study) identificò benefici cardiovascolari a lungo termine della metformina, fornendo una nuova motivazione per la sua adozione come terapia iniziale per gestire l'iperglicemia nel diabete mellito di tipo 2. I meccanismi alla base di questi benefici sono complessi e non ancora pienamente compresi. Fisiologicamente, la metformina ha dimostrato di ridurre la produzione di glucosio epatico, ma non tutti i suoi effetti possono essere spiegati da questo meccanismo e vi sono prove crescenti di un suo ruolo chiave nell'intestino. Negli ultimi 10 anni, si è passati dalla semplice concezione che la metformina migliora la glicemia agendo sul fegato tramite l'attivazione dell’AMPK, ad un quadro molecolare molto più complesso che riflette molteplici modalità di azione. Sessant'anni dopo la sua introduzione nel trattamento del diabete, la metformina è diventata l’ipoglicemizzante più prescritto nel mondo con potenziali ulteriori applicazioni terapeutiche.

METFORMINA: Storia antica, nuove prospettive.

R. Alfonso;
2017-01-01

Abstract

La metformina (dimetilbiguanide) è diventata il farmaco ipoglicemizzante di prima linea per la gestione del diabete mellito di tipo 2. La sua lunga storia è legata alla Galega officinalis (nota anche come ruta di capra), una sostanza erboristica tradizionale in Europa, conosciuta per essere ricca di guanidina, che nel 1918 dimostrò di ridurre il livello di glucosio nel sangue. Derivati della guanidina, inclusa la metformina, furono sintetizzati e alcuni (non metformina) usati per il trattamento del diabete negli anni 1920 e 1930, ma poi furono sospesi a causa della tossicità e della maggiore disponibilità di insulina. La metformina fu riscoperta tra i farmaci antimalarici negli anni '40 e, durante i test clinici, si dimostrò utile per trattare anche l'influenza e a volte riduceva il glucosio nel sangue. Questa proprietà fu approfondita dal medico francese Jean Sterne che per primo, nel 1957, segnalò l'uso della metformina per il trattamento del diabete. Tuttavia, la metformina ricevette un'attenzione limitata in quanto era meno potente di altre biguanidi (fenformina e buformina) che riducevano la glicemia, ma sospese alla fine degli anni '70 a causa dell'elevato rischio di acidosi lattica. Così Il futuro della Metformina fu precario, la sua reputazione fu offuscata dall'associazione con altre biguanidi, nonostante evidenti differenze. La capacità della metformina di contrastare l'insulino-resistenza e di affrontare l'iperglicemia ad esordio nell'età adulta, senza aumento di peso o aumento del rischio di ipoglicemia, ha gradualmente acquisito credibilità in Europa e, dopo un'attenta analisi, la metformina è stata introdotta negli USA nel 1995. Nel 1998 lo studio UKPDS (United Kingdom Prospective Diabetes Study) identificò benefici cardiovascolari a lungo termine della metformina, fornendo una nuova motivazione per la sua adozione come terapia iniziale per gestire l'iperglicemia nel diabete mellito di tipo 2. I meccanismi alla base di questi benefici sono complessi e non ancora pienamente compresi. Fisiologicamente, la metformina ha dimostrato di ridurre la produzione di glucosio epatico, ma non tutti i suoi effetti possono essere spiegati da questo meccanismo e vi sono prove crescenti di un suo ruolo chiave nell'intestino. Negli ultimi 10 anni, si è passati dalla semplice concezione che la metformina migliora la glicemia agendo sul fegato tramite l'attivazione dell’AMPK, ad un quadro molecolare molto più complesso che riflette molteplici modalità di azione. Sessant'anni dopo la sua introduzione nel trattamento del diabete, la metformina è diventata l’ipoglicemizzante più prescritto nel mondo con potenziali ulteriori applicazioni terapeutiche.
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