Il presente scritto commenta la sentenza CGUE del 28 giugno 2018 (causa C-512/17) che ha ulteriormente chiarito le circostanze da considerare per determinare la nozione di residenza abituale e il modus operandi attraverso cui valutarle, ai fini dell’applicazione del regolamento (CE) n. 2201/2003. Si è illustrato il fatto di specie e le questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte UE, richiamando la sua pregressa giurisprudenza. Si è poi rilevato che per determinare la residenza abituale di un minore, oltre alla sua presenza fisica in uno Stato membro, la Corte valuta la sussistenza di altri elementi che dimostrino che tale presenza non è temporanea o occasionale e che il minore sia integrato in un ambiente sociale e familiare. Ricostruendo l’iter logico-giuridico della Corte, si è riscontrata la prevalenza delle considerazioni geografiche oggettive rispetto a quelle relative ai legami culturali del minore e alla sua cittadinanza. Infine si è evidenziato come la scelta di non cristallizzare il concetto di residenza abituale, rimettendo ai giudici nazionali il compito di ricavarne il significato alla luce degli obiettivi del regolamento stesso, è stata mantenuta anche nella recente proposta di rifusione e che uno spostamento da tale titolo di giurisdizione sarà possibile, eccezionalmente, solo nell’interesse superiore del minore.

Residenza abituale del minore è il luogo in cui si trova il centro della sua vita, spetta al giudice individuarlo

Emilia Maria Magrone
2018-01-01

Abstract

Il presente scritto commenta la sentenza CGUE del 28 giugno 2018 (causa C-512/17) che ha ulteriormente chiarito le circostanze da considerare per determinare la nozione di residenza abituale e il modus operandi attraverso cui valutarle, ai fini dell’applicazione del regolamento (CE) n. 2201/2003. Si è illustrato il fatto di specie e le questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte UE, richiamando la sua pregressa giurisprudenza. Si è poi rilevato che per determinare la residenza abituale di un minore, oltre alla sua presenza fisica in uno Stato membro, la Corte valuta la sussistenza di altri elementi che dimostrino che tale presenza non è temporanea o occasionale e che il minore sia integrato in un ambiente sociale e familiare. Ricostruendo l’iter logico-giuridico della Corte, si è riscontrata la prevalenza delle considerazioni geografiche oggettive rispetto a quelle relative ai legami culturali del minore e alla sua cittadinanza. Infine si è evidenziato come la scelta di non cristallizzare il concetto di residenza abituale, rimettendo ai giudici nazionali il compito di ricavarne il significato alla luce degli obiettivi del regolamento stesso, è stata mantenuta anche nella recente proposta di rifusione e che uno spostamento da tale titolo di giurisdizione sarà possibile, eccezionalmente, solo nell’interesse superiore del minore.
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Descrizione: Commento a sentenza 28 giugno 2018 della Corte di giustizia dell'Unione europea in causa C-512/17
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