Che cosa ci fa conoscere la bellezza? La domanda può essere intesa in due modi diversi, anche se complementari: in primo luogo – secondo una più immediata comprensione – essa si riferisce a quelle condizioni dell’esperienza, e a quei fattori della soggettività umana, che ci permettono di giudicare qualcosa come “bello”, o più in generale ci fanno conoscere la realtà della bellezza. Ma in secondo luogo la domanda si riferisce a ciò che la bellezza stessa ci permette di conoscere, o meglio a quella specifica conoscenza della realtà – di noi stessi e del mondo – che acquisiamo grazie alla bel-lezza. Tutto il problema della bellezza nella nostra epoca può essere sintetizzato nel fatto che i due sensi di questa domanda sembrano essere ormai definitivamente divaricati l’uno rispetto all’altro. Di modo che nell’esperienza soggettiva del bello (in quello che da Kant in poi chiamiamo il “gusto” del bello) si indebolisce, fino a perdersi, ogni pretesa di conoscenza; e a sua volta la conoscenza oggettiva delle cose si identifica progressivamente con la loro misurabilità e la loro costruibilità. Per questo vale la pena riaprire una questione che sembrerebbe essere già stata risolta e archiviata, vale a di-re: qual è la dimensione conoscitiva del bello? Ci permette esso di allargare la nostra conoscenza del mondo e di noi stessi o dev’essere confinata all’interno di un giudizio o di un sentimento soggettivo?
La bellezza come esperienza del vero. Percezione, pensiero, visione pittorica
Costantino ESPOSITO
2017-01-01
Abstract
Che cosa ci fa conoscere la bellezza? La domanda può essere intesa in due modi diversi, anche se complementari: in primo luogo – secondo una più immediata comprensione – essa si riferisce a quelle condizioni dell’esperienza, e a quei fattori della soggettività umana, che ci permettono di giudicare qualcosa come “bello”, o più in generale ci fanno conoscere la realtà della bellezza. Ma in secondo luogo la domanda si riferisce a ciò che la bellezza stessa ci permette di conoscere, o meglio a quella specifica conoscenza della realtà – di noi stessi e del mondo – che acquisiamo grazie alla bel-lezza. Tutto il problema della bellezza nella nostra epoca può essere sintetizzato nel fatto che i due sensi di questa domanda sembrano essere ormai definitivamente divaricati l’uno rispetto all’altro. Di modo che nell’esperienza soggettiva del bello (in quello che da Kant in poi chiamiamo il “gusto” del bello) si indebolisce, fino a perdersi, ogni pretesa di conoscenza; e a sua volta la conoscenza oggettiva delle cose si identifica progressivamente con la loro misurabilità e la loro costruibilità. Per questo vale la pena riaprire una questione che sembrerebbe essere già stata risolta e archiviata, vale a di-re: qual è la dimensione conoscitiva del bello? Ci permette esso di allargare la nostra conoscenza del mondo e di noi stessi o dev’essere confinata all’interno di un giudizio o di un sentimento soggettivo?File | Dimensione | Formato | |
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