"Condividere i dati": il tema del Congresso, nella sua semplicità, risulta estremamente complesso e profondo. Innanzitutto, cos’è un dato (un numero, un’immagine, una informazione, un rilievo)? Che qualità (affidabilità, precisione) ha o dovrebbe avere? Quanti ne servono, in termini numerici? Chi, e come, lo raccoglie, lo elabora, lo rappresenta? E a che scopo, per quale motivo? Quale rappresentazione del mondo (ipogeo, nel nostro caso) si intende dare? Tutte questioni di non poco conto, e che comportano notevoli responsabilità. Molteplici sono i soggetti che possono acquisire dati, ma lo stesso dato può essere “letto”, elaborato ed utilizzato in maniera diversa da soggetti diversi, con competenze differenti. Vi è quindi la necessità di usare uno stesso linguaggio, e di operare in maniera simile, per poter iniziare a comprendersi reciprocamente, e, di conseguenza, a condividere. Comprensione significa acquisire codici comuni o individuare la “logica” di quelli usati. Non di rado, ad esempio, si sono localizzate cavità acquisendo informazioni orali dagli abitanti prossimi a un’area carsica, o deducendo informazioni (o, ancora, interpretandole) da atti e scritture. Con gli attuali, potentissimi, mezzi a disposizione, diviene poi fondamentale l’organizzazione del dato, nonché la sua rappresentazione. Splendide cartografie colorate, o immagini ad altissima definizione, talvolta presentano una sconcertante assenza di informazioni o di dati pertinenti e necessari (vale a dire, controllabili, riproducibili e integrabili). E se i dati sono organizzati in maniera impropria o caotica, ne deriva uno scarso utilizzo, che spesso si limita all’organizzatore del dato stesso: ragion per cui il dato è esibito, archiviato e la condivisione si annulla. Il presente contributo intende stimolare la discussione sul senso del dato e il significato del condividere, aprendo ad ampi e condivisi confronti.

Condividere i dati: riflessioni sul tema

PARISE, Mario
2015-01-01

Abstract

"Condividere i dati": il tema del Congresso, nella sua semplicità, risulta estremamente complesso e profondo. Innanzitutto, cos’è un dato (un numero, un’immagine, una informazione, un rilievo)? Che qualità (affidabilità, precisione) ha o dovrebbe avere? Quanti ne servono, in termini numerici? Chi, e come, lo raccoglie, lo elabora, lo rappresenta? E a che scopo, per quale motivo? Quale rappresentazione del mondo (ipogeo, nel nostro caso) si intende dare? Tutte questioni di non poco conto, e che comportano notevoli responsabilità. Molteplici sono i soggetti che possono acquisire dati, ma lo stesso dato può essere “letto”, elaborato ed utilizzato in maniera diversa da soggetti diversi, con competenze differenti. Vi è quindi la necessità di usare uno stesso linguaggio, e di operare in maniera simile, per poter iniziare a comprendersi reciprocamente, e, di conseguenza, a condividere. Comprensione significa acquisire codici comuni o individuare la “logica” di quelli usati. Non di rado, ad esempio, si sono localizzate cavità acquisendo informazioni orali dagli abitanti prossimi a un’area carsica, o deducendo informazioni (o, ancora, interpretandole) da atti e scritture. Con gli attuali, potentissimi, mezzi a disposizione, diviene poi fondamentale l’organizzazione del dato, nonché la sua rappresentazione. Splendide cartografie colorate, o immagini ad altissima definizione, talvolta presentano una sconcertante assenza di informazioni o di dati pertinenti e necessari (vale a dire, controllabili, riproducibili e integrabili). E se i dati sono organizzati in maniera impropria o caotica, ne deriva uno scarso utilizzo, che spesso si limita all’organizzatore del dato stesso: ragion per cui il dato è esibito, archiviato e la condivisione si annulla. Il presente contributo intende stimolare la discussione sul senso del dato e il significato del condividere, aprendo ad ampi e condivisi confronti.
2015
978-88-89897-11-9
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