All’interno di quelle che chiamo relazioni anglo-meridionali, non molti autori del canone letterario britannico si sono distinti per essersi discostati dagli orientalismi che dominano quelle relazioni. Robert Louis Stevenson è uno di questi. I suoi racconti “del Pacifico” gli sono valsi, non a caso e con qualche ragione, l'appellativo di scrittore postcoloniale ante-litteram. Il saggio prova a vedere come l’autore scozzese nella sua produzione “polinesiana”, sia saggistica (In the South Seas) sia creativa (“The Beach of Falesa”), fa i conti con il colonial desire nell’incontro con l’altro nativo femminile, irrazionale, primitivo. Si prova a vedere fino a che punto Stevenson sia riuscito nelle sue rappresentazioni etnografiche e artistiche a sottrarsi alla missione deculturante del colonialismo britannico e in che modo le questioni di razza e genere s’intersecano in questo tentativo. Grazie ai riferimenti comparativi a quelle “razze” europee che non sono al passo con la Modernità, il quadro stevensoniano si complica e si arricchisce per il coinvolgimento di quelle formazioni discorsive intra-europee (meridionismo e celticismo) che hanno aiutato la Englishness a formarsi e prosperare. Emergerà allora uno Stevenson in grado di interrogare, a tratti duramente, la master narrative dell’impero, grazie a un’epistemologia che revoca in dubbio le certezze occidentali. Per lo Stevenson polinesiano narrazione e verità sono sempre il prodotto di un interscambio fra soggetto e oggetto, il prodotto di un reciproco riconoscimento. Questo gli permette di scorgere cose che lo sguardo monolitico europeo non riusciva a scorgere, come l’inesistenza del “paradise of naked women” e l’esistenza di un rapporto uomo-donna rovesciato. Insomma, la sua antropologia non deculturante gli permette di mettere in scena la razza e il genere in modo de-genere e approssimativo, nel doppio senso d’inevitabile imprecisione e necessario avvicinamento al prossimo, oltre i confini del proprio io.

Le narrazioni degeneri e approssimative di Robert L. Stevenson nei mari del Sud

CAZZATO, Luigi Carmine
2015-01-01

Abstract

All’interno di quelle che chiamo relazioni anglo-meridionali, non molti autori del canone letterario britannico si sono distinti per essersi discostati dagli orientalismi che dominano quelle relazioni. Robert Louis Stevenson è uno di questi. I suoi racconti “del Pacifico” gli sono valsi, non a caso e con qualche ragione, l'appellativo di scrittore postcoloniale ante-litteram. Il saggio prova a vedere come l’autore scozzese nella sua produzione “polinesiana”, sia saggistica (In the South Seas) sia creativa (“The Beach of Falesa”), fa i conti con il colonial desire nell’incontro con l’altro nativo femminile, irrazionale, primitivo. Si prova a vedere fino a che punto Stevenson sia riuscito nelle sue rappresentazioni etnografiche e artistiche a sottrarsi alla missione deculturante del colonialismo britannico e in che modo le questioni di razza e genere s’intersecano in questo tentativo. Grazie ai riferimenti comparativi a quelle “razze” europee che non sono al passo con la Modernità, il quadro stevensoniano si complica e si arricchisce per il coinvolgimento di quelle formazioni discorsive intra-europee (meridionismo e celticismo) che hanno aiutato la Englishness a formarsi e prosperare. Emergerà allora uno Stevenson in grado di interrogare, a tratti duramente, la master narrative dell’impero, grazie a un’epistemologia che revoca in dubbio le certezze occidentali. Per lo Stevenson polinesiano narrazione e verità sono sempre il prodotto di un interscambio fra soggetto e oggetto, il prodotto di un reciproco riconoscimento. Questo gli permette di scorgere cose che lo sguardo monolitico europeo non riusciva a scorgere, come l’inesistenza del “paradise of naked women” e l’esistenza di un rapporto uomo-donna rovesciato. Insomma, la sua antropologia non deculturante gli permette di mettere in scena la razza e il genere in modo de-genere e approssimativo, nel doppio senso d’inevitabile imprecisione e necessario avvicinamento al prossimo, oltre i confini del proprio io.
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