A dare il via alla ricerca è stato un elemento a prima vista meramente terminologico: la presenza di parole diverse, ma assai vicine, usate dallo stesso autore, Gaio, sia pure in scritti differenti, per indicare l’atto illecito: nei due luoghi famosissimi che aprono e reggono, nelle rispettive opere, il tema delle fonti dell’obligatio: delictum nelle Istituzioni (3.88), maleficium nelle Res cottidianae (D.44.7.1 pr.). Di qui una domanda iniziale: si tratta di un dato puramente lessicale, privo di conseguenze sistematiche, oppure è la spia di una operazione volta a ridisegnare, aggiornandolo, l’assetto delle fonti? E poi: è l’avvio di una nuova disciplina delle obbligazioni da fatto illecito, la tappa di un itinerario che, partendo da lontano, dai delicta dell’antico ius civile, approda attraverso un susseguirsi di fasi e vicende complesse all’attuale regolamentazione della responsabilità “per qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto”, come recita l’art. 2043 del Codice Civile? In questa direzione si è mossa l’indagine, e tra non poche difficoltà, legate alla lettura di testi non sempre facili da interpretare e armonizzare, anche per la loro provenienza da opere con finalità e destinazioni differenti. A sostenere l’indagine, a incoraggiarla, la particolare sensibilità di Gaio per il linguaggio: la cura, lo scrupolo nell’impiego delle parole: la sua attenzione alle sfumature, alle “differenze” anche “sottili” tra i vocaboli, come tra gesta e facta nella testimonianza preziosa conservata in D.50.16.58 pr
MALEFICIUM. LE OBBLIGAZIONI DA FATTO ILLECITO NELLA RIFLESSIONE GAIANA
ARNESE, Aurelio
2011-01-01
Abstract
A dare il via alla ricerca è stato un elemento a prima vista meramente terminologico: la presenza di parole diverse, ma assai vicine, usate dallo stesso autore, Gaio, sia pure in scritti differenti, per indicare l’atto illecito: nei due luoghi famosissimi che aprono e reggono, nelle rispettive opere, il tema delle fonti dell’obligatio: delictum nelle Istituzioni (3.88), maleficium nelle Res cottidianae (D.44.7.1 pr.). Di qui una domanda iniziale: si tratta di un dato puramente lessicale, privo di conseguenze sistematiche, oppure è la spia di una operazione volta a ridisegnare, aggiornandolo, l’assetto delle fonti? E poi: è l’avvio di una nuova disciplina delle obbligazioni da fatto illecito, la tappa di un itinerario che, partendo da lontano, dai delicta dell’antico ius civile, approda attraverso un susseguirsi di fasi e vicende complesse all’attuale regolamentazione della responsabilità “per qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto”, come recita l’art. 2043 del Codice Civile? In questa direzione si è mossa l’indagine, e tra non poche difficoltà, legate alla lettura di testi non sempre facili da interpretare e armonizzare, anche per la loro provenienza da opere con finalità e destinazioni differenti. A sostenere l’indagine, a incoraggiarla, la particolare sensibilità di Gaio per il linguaggio: la cura, lo scrupolo nell’impiego delle parole: la sua attenzione alle sfumature, alle “differenze” anche “sottili” tra i vocaboli, come tra gesta e facta nella testimonianza preziosa conservata in D.50.16.58 prI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.