Nel presente lavoro, l’a. ricostruisce la figura del diritto di accesso, secondo un’interpretazione evolutiva e sistematica della normativa vigente, anche in considerazione del dettato costituzionale e comunitario. L’indagine si svolge alla luce della recente interpretazione della Suprema Corte del rapporto tra privacy e diritto di accesso, non tanto e non solo per soffermarsi sul problema pratico relativo all’individuazione e “delimitazione temporale” dello spatium deliberandi, in merito al “pronto riscontro” del titolare del trattamento dei dati personali, quanto per approfondire la stessa natura e funzione del diritto di accesso. Dopo un riepilogo storico e comparatistico in tema di diritto alla riservatezza, è analizzato il contributo della dottrina e giurisprudenza attuale – sia nazionale che comunitaria, con particolare attenzione ai provvedimenti del Garante – in merito al diritto di accesso. Ciò in considerazione della opportunità di un “raffronto” tra il diritto alla privacy ed il diritto di accesso: tale scelta risulta, peraltro, quasi “obbligatoria” per superare l’atteggiamento di parte della dottrina, che nega al diritto di accesso stesso ed agli altri diritti, previsti dall’art. 7 d.lgs. 196/2003, natura giuridica di “diritti soggettivi” e li inquadra come “mezzi di tutela”, e quindi come meri strumenti finalizzati al soddisfacimento di un valore “diverso”, quale il diritto alla riservatezza (che quindi sarebbe l’“unico diritto soggettivo tutelato”). Nel presente lavoro, invece, sulla base di un’interpretazione evolutiva, si afferma che il diritto di accesso costituisca il “lato dinamico” dello stesso diritto alla riservatezza, che rappresenterebbe il “dato statico”. In tal senso, il diritto alla riservatezza, se non si “esprimesse” in modalità operative, si configurerebbe come una mera “petizione di principio”; resterebbe, quindi, affermata la sua rilevanza, ma il diritto sarebbe – per così dire – “sguarnito” di tutela. Il diritto di accesso, invece, costituirebbe l’esplicazione dinamica della riservatezza, oltre a rappresentare, innegabilmente, anche il mezzo, legislativamente individuato, per garantire l’effettività della sua tutela

Accesso ai dati personali e tutela dei diritti fondamentali nel sistema del d.lgs. 196/2003

NANNA, Concetta Maria
2013-01-01

Abstract

Nel presente lavoro, l’a. ricostruisce la figura del diritto di accesso, secondo un’interpretazione evolutiva e sistematica della normativa vigente, anche in considerazione del dettato costituzionale e comunitario. L’indagine si svolge alla luce della recente interpretazione della Suprema Corte del rapporto tra privacy e diritto di accesso, non tanto e non solo per soffermarsi sul problema pratico relativo all’individuazione e “delimitazione temporale” dello spatium deliberandi, in merito al “pronto riscontro” del titolare del trattamento dei dati personali, quanto per approfondire la stessa natura e funzione del diritto di accesso. Dopo un riepilogo storico e comparatistico in tema di diritto alla riservatezza, è analizzato il contributo della dottrina e giurisprudenza attuale – sia nazionale che comunitaria, con particolare attenzione ai provvedimenti del Garante – in merito al diritto di accesso. Ciò in considerazione della opportunità di un “raffronto” tra il diritto alla privacy ed il diritto di accesso: tale scelta risulta, peraltro, quasi “obbligatoria” per superare l’atteggiamento di parte della dottrina, che nega al diritto di accesso stesso ed agli altri diritti, previsti dall’art. 7 d.lgs. 196/2003, natura giuridica di “diritti soggettivi” e li inquadra come “mezzi di tutela”, e quindi come meri strumenti finalizzati al soddisfacimento di un valore “diverso”, quale il diritto alla riservatezza (che quindi sarebbe l’“unico diritto soggettivo tutelato”). Nel presente lavoro, invece, sulla base di un’interpretazione evolutiva, si afferma che il diritto di accesso costituisca il “lato dinamico” dello stesso diritto alla riservatezza, che rappresenterebbe il “dato statico”. In tal senso, il diritto alla riservatezza, se non si “esprimesse” in modalità operative, si configurerebbe come una mera “petizione di principio”; resterebbe, quindi, affermata la sua rilevanza, ma il diritto sarebbe – per così dire – “sguarnito” di tutela. Il diritto di accesso, invece, costituirebbe l’esplicazione dinamica della riservatezza, oltre a rappresentare, innegabilmente, anche il mezzo, legislativamente individuato, per garantire l’effettività della sua tutela
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