L’innovazione è l’elemento che più di ogni altro è in grado di garantire sviluppo all’economia aziendale. Nonostante gli ultimi anni siano stati devastati da una crisi finanziaria che per tempi e metodi può essere considerata la più subdola degli ultimi decenni, l’innovazione sembra rimanere, se non altro nelle agende, tra le priorità dei piani strategici di manager, imprenditori e policy maker. L’impressione, però, è che siamo ancora lontani dal comprendere pienamente il concetto d’innovazione continua. Il timore è quindi che, a crisi finita, quando alle funzioni aziendali saranno finalmente attribuiti finanziamenti più consistenti rispetto alle scarse risorse disponibili oggi, si rischi di non ottenere un reale rafforzamento del vantaggio competitivo. Quale elemento ostacola il processo d’innovazione sistematica del leader? Questo fenomeno prende il nome d’inerzia o se vogliamo pigrizia organizzativa. Le competenze distintive nel corso degli anni diventano rigidità altrettanto distintive che portano il leader a innovare con processi che non mettono in discussione i business model in essere. In questo modo però il cambiamento non è sostanziale, ma solo di facciata. Vi sono tre forme d’inerzia organizzativa: una di natura tecnica, una di carattere cognitivo e una di tipo economico. La prima forma d’inerzia è legata all’incapacità tecnica di gestire l’innovazione, le competenze sono rivolte al passato e non necessariamente si legano al futuro. L’inerzia cognitiva coincide con la sindrome “del non inventato qui”, che porta molti progettisti a respingere soluzioni più creative solo perché non integralmente ideate con le competenze dell’azienda. A queste due forme d’inerzia si deve aggiungere l’inerzia economica: l’innovazione nel breve periodo cannibalizza i prodotti del leader e si caratterizza per risultati decisamente inferiori e, di conseguenza, viene respinta dallo stesso leader. Qual è, allora, la ricetta efficace contro l’inerzia? Creare nuove competenze alimentandole a livello organizzativo con soluzioni protette può essere un’idea vincente. Sfortunatamente l’inerzia entra sulla scena producendo un effetto amplificativo sui valori e sulla cultura aziendale che spinge a delegittimare tutto ciò che non sia in sintonia con il passato. Però il destino del leader, seppure inesorabile non è inevitabile. Avere una strategia per anticipare e gestire l’inerzia può essere il punto cruciale per l’innovatore che desidera continuamente stupire i suoi mercati. Quali sono le forme d’inerzia che caratterizzano la mia azienda? Quali strategie di legittimazione di nuove competenze sono in grado di implementare? Rispondere a queste domande potrebbe essere un ottimo punto di partenza per non farsi cogliere impreparati dalla prossima ondata di cambiamenti che investiranno i settori e, anzi, per cercare di cavalcarla anticipatamente rispetto ai concorrenti.
Innovation et développement économique
LUISI, Floriana
2012-01-01
Abstract
L’innovazione è l’elemento che più di ogni altro è in grado di garantire sviluppo all’economia aziendale. Nonostante gli ultimi anni siano stati devastati da una crisi finanziaria che per tempi e metodi può essere considerata la più subdola degli ultimi decenni, l’innovazione sembra rimanere, se non altro nelle agende, tra le priorità dei piani strategici di manager, imprenditori e policy maker. L’impressione, però, è che siamo ancora lontani dal comprendere pienamente il concetto d’innovazione continua. Il timore è quindi che, a crisi finita, quando alle funzioni aziendali saranno finalmente attribuiti finanziamenti più consistenti rispetto alle scarse risorse disponibili oggi, si rischi di non ottenere un reale rafforzamento del vantaggio competitivo. Quale elemento ostacola il processo d’innovazione sistematica del leader? Questo fenomeno prende il nome d’inerzia o se vogliamo pigrizia organizzativa. Le competenze distintive nel corso degli anni diventano rigidità altrettanto distintive che portano il leader a innovare con processi che non mettono in discussione i business model in essere. In questo modo però il cambiamento non è sostanziale, ma solo di facciata. Vi sono tre forme d’inerzia organizzativa: una di natura tecnica, una di carattere cognitivo e una di tipo economico. La prima forma d’inerzia è legata all’incapacità tecnica di gestire l’innovazione, le competenze sono rivolte al passato e non necessariamente si legano al futuro. L’inerzia cognitiva coincide con la sindrome “del non inventato qui”, che porta molti progettisti a respingere soluzioni più creative solo perché non integralmente ideate con le competenze dell’azienda. A queste due forme d’inerzia si deve aggiungere l’inerzia economica: l’innovazione nel breve periodo cannibalizza i prodotti del leader e si caratterizza per risultati decisamente inferiori e, di conseguenza, viene respinta dallo stesso leader. Qual è, allora, la ricetta efficace contro l’inerzia? Creare nuove competenze alimentandole a livello organizzativo con soluzioni protette può essere un’idea vincente. Sfortunatamente l’inerzia entra sulla scena producendo un effetto amplificativo sui valori e sulla cultura aziendale che spinge a delegittimare tutto ciò che non sia in sintonia con il passato. Però il destino del leader, seppure inesorabile non è inevitabile. Avere una strategia per anticipare e gestire l’inerzia può essere il punto cruciale per l’innovatore che desidera continuamente stupire i suoi mercati. Quali sono le forme d’inerzia che caratterizzano la mia azienda? Quali strategie di legittimazione di nuove competenze sono in grado di implementare? Rispondere a queste domande potrebbe essere un ottimo punto di partenza per non farsi cogliere impreparati dalla prossima ondata di cambiamenti che investiranno i settori e, anzi, per cercare di cavalcarla anticipatamente rispetto ai concorrenti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.