Lo studio si propone di analizzare la posizione degli scrittori e intellettuali ebreo-tedeschi tra Ottocento e Novecento sotto l’aspetto della continua ridefinizione, negoziazione, riscrittura della propria sfera d’azione e della propria identità, lungi dalla consolatoria quanto illusoria ipotesi di una simbiosi con il mondo tedesco. Ciò induce inevitabilmente al confronto con quel paradigma interpretativo del rapporto fra cultura egemone e minoranze che va sotto il nome di teorie dell’orientalismo (Said, Bhabha). Al centro del volume vi è pertanto l’analisi delle implicazioni relative all’uso del discorso orientalistico negli scrittori ebreo-tedeschi, che emerge in particolare nella rappresentazione del mondo orientale e della figura dell’orientale, toccando molto da vicino i confini, sempre labili, sempre bisognosi di una ridefinizione dell’ identità di ebrei assimilati. Al di là di una convenzionale recezione di temi e topoi dell’orientalismo europeo, la presenza dell’Oriente in autori come Heine, Arnold Zweig, la Lasker-Schüler o Celan rinvia sempre al problema delle origini, è un mezzo di riflessione sulla propria condizione di outsiders all’interno della cultura e della società tedesca. L’Oriente, eterotopia che allude metaforicamente alla patria perduta con la diaspora, al luogo della memoria culturale, diviene il simbolo di una nuova possibile identità non connotata in modo etnico, razziale o religioso. Le radici orientali, fonte di ineludibile diversità e come tali sempre evocate, citate in modo aperto o criptico, nell’opera degli intellettuali ebrei, possono assurgere a segno di un rapporto vivificante e ininterrotto con una tradizione mai del tutto perduta. Lo stereotipo negativo (l’Orientale in quanto «non tedesco») può risolversi nel luogo di una identificazione positiva, articolata attraverso il medium della lingua tedesca. L’ambivalenza delle rappresentazioni stereotipiche dà spazio anche a contro-rappresentazioni in cui ribaltare le conclusioni del discorso orientalista e giungere a una valutazione positiva della marginalità e della differenza in quanto punto di partenza per una nuova definizione identitaria.

Tra Babilonia a Gerusalemme. Scrittori ebreo-tedeschi e il “terzo spazio“

BOSCO, Carmela Lorella Ausilia
2012-01-01

Abstract

Lo studio si propone di analizzare la posizione degli scrittori e intellettuali ebreo-tedeschi tra Ottocento e Novecento sotto l’aspetto della continua ridefinizione, negoziazione, riscrittura della propria sfera d’azione e della propria identità, lungi dalla consolatoria quanto illusoria ipotesi di una simbiosi con il mondo tedesco. Ciò induce inevitabilmente al confronto con quel paradigma interpretativo del rapporto fra cultura egemone e minoranze che va sotto il nome di teorie dell’orientalismo (Said, Bhabha). Al centro del volume vi è pertanto l’analisi delle implicazioni relative all’uso del discorso orientalistico negli scrittori ebreo-tedeschi, che emerge in particolare nella rappresentazione del mondo orientale e della figura dell’orientale, toccando molto da vicino i confini, sempre labili, sempre bisognosi di una ridefinizione dell’ identità di ebrei assimilati. Al di là di una convenzionale recezione di temi e topoi dell’orientalismo europeo, la presenza dell’Oriente in autori come Heine, Arnold Zweig, la Lasker-Schüler o Celan rinvia sempre al problema delle origini, è un mezzo di riflessione sulla propria condizione di outsiders all’interno della cultura e della società tedesca. L’Oriente, eterotopia che allude metaforicamente alla patria perduta con la diaspora, al luogo della memoria culturale, diviene il simbolo di una nuova possibile identità non connotata in modo etnico, razziale o religioso. Le radici orientali, fonte di ineludibile diversità e come tali sempre evocate, citate in modo aperto o criptico, nell’opera degli intellettuali ebrei, possono assurgere a segno di un rapporto vivificante e ininterrotto con una tradizione mai del tutto perduta. Lo stereotipo negativo (l’Orientale in quanto «non tedesco») può risolversi nel luogo di una identificazione positiva, articolata attraverso il medium della lingua tedesca. L’ambivalenza delle rappresentazioni stereotipiche dà spazio anche a contro-rappresentazioni in cui ribaltare le conclusioni del discorso orientalista e giungere a una valutazione positiva della marginalità e della differenza in quanto punto di partenza per una nuova definizione identitaria.
2012
9788861597129
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