L’articolo si occupa della vicenda del conflitto di attribuzione tra Procura di Palermo e Presidente della Repubblica in merito alla intercettazione “fortuita” delle conversazioni telefoniche di quest’ultimo, sul piano del delicato rapporto tra prerogative presidenziali e potere giudiziario. Dopo aver approfonditamente indagato i molteplici profili giuridicamente rilevanti della questione, si conclude per una soluzione che, facendo leva sugli artt. 15 e 89 e 90 Cost., affidi al giudice (in mancanza di disposizioni legislative ad hoc) il potere di adottare un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme codicistiche in materia di intercettazioni nonché una valutazione tanto più rigorosa dei dati aquisiti nell’indagine, quanto più questi ultimi siano sottratti al contraddittorio tra le parti: sottrazione in questo caso implicata dal fatto che l’eventuale pubblicazione del contenuto delle conversazioni, costituirebbe un’irrimediabile vulnus alla libertà di comunicazione riservata del Capo dello Stato. Vulnus che, al contrario, con riferimento alle garanzie del contraddittorio risulterebbe rimediato dalla presenza del giudice e dalla sua terzietà nella valutazione del materiale dell’inchiesta: sia il Presidente, sia le parti indagate, sia il Pubblico Ministero devono insomma “fidarsi” di lui e della sua competente capacità di discernimento.
LA RISERVATEZZA DEI COLLOQUI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NEL CONFLITTO DI ATTRIBUZIONI CON LA PROCURA DI PALERMO
PANNACCIULLI Cecilia
2012-01-01
Abstract
L’articolo si occupa della vicenda del conflitto di attribuzione tra Procura di Palermo e Presidente della Repubblica in merito alla intercettazione “fortuita” delle conversazioni telefoniche di quest’ultimo, sul piano del delicato rapporto tra prerogative presidenziali e potere giudiziario. Dopo aver approfonditamente indagato i molteplici profili giuridicamente rilevanti della questione, si conclude per una soluzione che, facendo leva sugli artt. 15 e 89 e 90 Cost., affidi al giudice (in mancanza di disposizioni legislative ad hoc) il potere di adottare un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme codicistiche in materia di intercettazioni nonché una valutazione tanto più rigorosa dei dati aquisiti nell’indagine, quanto più questi ultimi siano sottratti al contraddittorio tra le parti: sottrazione in questo caso implicata dal fatto che l’eventuale pubblicazione del contenuto delle conversazioni, costituirebbe un’irrimediabile vulnus alla libertà di comunicazione riservata del Capo dello Stato. Vulnus che, al contrario, con riferimento alle garanzie del contraddittorio risulterebbe rimediato dalla presenza del giudice e dalla sua terzietà nella valutazione del materiale dell’inchiesta: sia il Presidente, sia le parti indagate, sia il Pubblico Ministero devono insomma “fidarsi” di lui e della sua competente capacità di discernimento.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.