In questo articolo innanzitutto si ipotizza che ad innescare il vivace dibattito sulla biopolitica, sviluppatosi in Italia prima che altrove, possa aver contribuito la pubblicazione in italiano nel 1990 della prima edizione nel mondo del Corso di Foucault: “Il faut defendre la societé”. Successivamente si prendono in esame le tesi di Giorgio Agamben, Antonio Negri e Roberto Esposito sulla biopolitica, confrontandole con quelle di Foucault. A questo riguardo si sostiene: che Agamben, identificando sostanzialmente il biopotere con il potere sovrano, corra il rischio di sottovalutare soprattutto la specificità del potere-sapere biopolitico moderno; che Negri, oltre a declinare discutibilmente il concetto di biopolitica in termini di liberazione politica, ponga le “pratiche etiche di soggettivazione” in una relazione troppo stretta con la potenza produttiva del lavoro; che Esposito, insistendo sul carattere immunitario e negativo della biopolitica moderna, sottovaluti la prevalenza della manipolazione attiva della vita, che si delinea nelle forme contemporanee del biopotere. Infine, nell’articolo si pone in evidenza l’esigenza di dare importanza alle pratiche etiche di libertà (cura di sé e coraggio della verità) più che alla ricerca di una biopolitica affermativa, per fronteggiare il rischio che le ‘politiche della vita’ si traducano in ‘poteri sulla vita’.
Agamben, Negri, Esposito: la biopolitique sans fin
MARZOCCA, Ottavio
2012-01-01
Abstract
In questo articolo innanzitutto si ipotizza che ad innescare il vivace dibattito sulla biopolitica, sviluppatosi in Italia prima che altrove, possa aver contribuito la pubblicazione in italiano nel 1990 della prima edizione nel mondo del Corso di Foucault: “Il faut defendre la societé”. Successivamente si prendono in esame le tesi di Giorgio Agamben, Antonio Negri e Roberto Esposito sulla biopolitica, confrontandole con quelle di Foucault. A questo riguardo si sostiene: che Agamben, identificando sostanzialmente il biopotere con il potere sovrano, corra il rischio di sottovalutare soprattutto la specificità del potere-sapere biopolitico moderno; che Negri, oltre a declinare discutibilmente il concetto di biopolitica in termini di liberazione politica, ponga le “pratiche etiche di soggettivazione” in una relazione troppo stretta con la potenza produttiva del lavoro; che Esposito, insistendo sul carattere immunitario e negativo della biopolitica moderna, sottovaluti la prevalenza della manipolazione attiva della vita, che si delinea nelle forme contemporanee del biopotere. Infine, nell’articolo si pone in evidenza l’esigenza di dare importanza alle pratiche etiche di libertà (cura di sé e coraggio della verità) più che alla ricerca di una biopolitica affermativa, per fronteggiare il rischio che le ‘politiche della vita’ si traducano in ‘poteri sulla vita’.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.