«Greges fiunt fere mercatorum, ut eorum qui e Brundisino aut Apulia asellis dossuariis conportant ad mare oleum aut vinum itemque frumentum aut quid aliunt» (Varro, rust. 2, 6, 5). Il passo varroniano registra le principali derrate alimentari prodotte nell’Apulia et Calabria sullo scorcio del I sec. a.C. e trasportate a dorso di asini verso i maggiori porti dell’Adriatico, cioè vino, grano e soprattutto olio. La produzione, il commercio e il consumo dell’olio d’oliva rappresentarono per la regione uno dei più importanti elementi trainanti l’economia locale, come peraltro suggerisce, pur con le dovute differenze, la persistenza dell’olivicoltura in Puglia e la caratterizzazione in tal senso del paesaggio rurale regionale. Lo studio dell’olivicoltura e della produzione, commercializzazione e consumo di olio d’oliva in Puglia in età romana (fine IV sec. a.C.- inizi IV sec. d.C.) consente di desumere importanti informazioni sia nell’ottica della ricostruzione dei paesaggi antichi, delle tecniche di produzione e dei traffici commerciali sia nella prospettiva della conservazione e valorizzazione del patrimonio rurale, dello sviluppo sostenibile e dell’innovazione tecnologico-produttiva, come hanno mostrato progetti analoghi, avviati in altri contesti sia d’Italia sia del bacino del Mediterraneo Se il consumo di olive provenienti da olivastri è documentato in Puglia già dal XV sec. a.C., come dimostrano i noccioli di olive rinvenuti a Monopoli, più tarde sono le testimonianze relative alla domesticazione degli olivastri e all’olivicoltura, che in Italia sono documentate dalla fine dell’VIII-VII sec. a.C. Tuttavia, soltanto con il processo di ‘romanizzazione’ e di urbanizzazione, avviato in Puglia dalla fine del IV sec. a.C. e concluso dopo il bellum sociale, l’olivicoltura, il commercio e il consumo dell’olio conobbero un significativo incremento. Infatti, le mutate dinamiche insediative e produttive favorirono il passaggio dal piccolo arboreto familiare, che dovette continuare a sopravvivere, alla coltura specializzata dell’olivo, spesso estesa anche su grandi superfici e connessa a proprietà fondiarie medio-grandi, come lascia intuire il sistema di buche rettangolari per la piantumazione degli ulivi individuato a Passo di Corvo (FG). Accanto agli indicatori archeologici − installazioni fisse (vani per la produzione dell’olio, strumenti utilizzati nel ciclo produttivo) e reperti mobili (contenitori da trasporto, ollae perforatae) −, utili sono le informazioni desumibili dai reperti vegetali, per la definizione dei caratteri morfometrici e genetici degli ulivi, dalle tracce residue di olio su anfore e lucerne, individuabili attraverso mirate indagini archeometriche, e dalle fonti iconografiche. I dati raccolti, sistematizzati in una piattaforma GIS, permettono di leggere il datum storico in maniera integrata, e di elaborare un progetto funzionale sia alla gestione sostenibile e alla pianificazione strategica del territorio sia allo sviluppo identitario di una coscienza di luogo nelle persone che abitano e vivono questo spazio regionale.

Coltura e cultura dell’olio d’oliva nella Apulia et Calabria

Fioriello, Custode Silvio
;
Mangiatordi, Anna
2014-01-01

Abstract

«Greges fiunt fere mercatorum, ut eorum qui e Brundisino aut Apulia asellis dossuariis conportant ad mare oleum aut vinum itemque frumentum aut quid aliunt» (Varro, rust. 2, 6, 5). Il passo varroniano registra le principali derrate alimentari prodotte nell’Apulia et Calabria sullo scorcio del I sec. a.C. e trasportate a dorso di asini verso i maggiori porti dell’Adriatico, cioè vino, grano e soprattutto olio. La produzione, il commercio e il consumo dell’olio d’oliva rappresentarono per la regione uno dei più importanti elementi trainanti l’economia locale, come peraltro suggerisce, pur con le dovute differenze, la persistenza dell’olivicoltura in Puglia e la caratterizzazione in tal senso del paesaggio rurale regionale. Lo studio dell’olivicoltura e della produzione, commercializzazione e consumo di olio d’oliva in Puglia in età romana (fine IV sec. a.C.- inizi IV sec. d.C.) consente di desumere importanti informazioni sia nell’ottica della ricostruzione dei paesaggi antichi, delle tecniche di produzione e dei traffici commerciali sia nella prospettiva della conservazione e valorizzazione del patrimonio rurale, dello sviluppo sostenibile e dell’innovazione tecnologico-produttiva, come hanno mostrato progetti analoghi, avviati in altri contesti sia d’Italia sia del bacino del Mediterraneo Se il consumo di olive provenienti da olivastri è documentato in Puglia già dal XV sec. a.C., come dimostrano i noccioli di olive rinvenuti a Monopoli, più tarde sono le testimonianze relative alla domesticazione degli olivastri e all’olivicoltura, che in Italia sono documentate dalla fine dell’VIII-VII sec. a.C. Tuttavia, soltanto con il processo di ‘romanizzazione’ e di urbanizzazione, avviato in Puglia dalla fine del IV sec. a.C. e concluso dopo il bellum sociale, l’olivicoltura, il commercio e il consumo dell’olio conobbero un significativo incremento. Infatti, le mutate dinamiche insediative e produttive favorirono il passaggio dal piccolo arboreto familiare, che dovette continuare a sopravvivere, alla coltura specializzata dell’olivo, spesso estesa anche su grandi superfici e connessa a proprietà fondiarie medio-grandi, come lascia intuire il sistema di buche rettangolari per la piantumazione degli ulivi individuato a Passo di Corvo (FG). Accanto agli indicatori archeologici − installazioni fisse (vani per la produzione dell’olio, strumenti utilizzati nel ciclo produttivo) e reperti mobili (contenitori da trasporto, ollae perforatae) −, utili sono le informazioni desumibili dai reperti vegetali, per la definizione dei caratteri morfometrici e genetici degli ulivi, dalle tracce residue di olio su anfore e lucerne, individuabili attraverso mirate indagini archeometriche, e dalle fonti iconografiche. I dati raccolti, sistematizzati in una piattaforma GIS, permettono di leggere il datum storico in maniera integrata, e di elaborare un progetto funzionale sia alla gestione sostenibile e alla pianificazione strategica del territorio sia allo sviluppo identitario di una coscienza di luogo nelle persone che abitano e vivono questo spazio regionale.
2014
978-88-940276-1-7
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