Il lavoro si interroga, in primo luogo, sul rapporto tra interesse collettivo e tipologie contrattuali flessibili che si collocano all’interno del lavoro subordinato: qui la condizione del lavoratore atipico oscilla fra la tutela offerta dal principio della uniformità di trattamento (rispetto ai lavoratori standard) e la sua ‘invisibilità’ giuridica dovuta al mancato computo nell’organico aziendale. Si analizzano, al contempo, gli interventi, in sede legislativa e negoziale, a sostegno dell’azione sindacale nei casi di scissione tra titolarità del contratto ed effettiva utilizzazione del lavoro (somministrazione di manodopera e appalto). Varcato il confine dell’art. 2094 c.c., e assunta come dato fattuale la presenza di dinamiche collettive oltre l’area del lavoro subordinato, si è reso necessario sondarne la eventuale riconducibilità sotto l’egida del diritto sindacale. Tra le tutele sindacali, spiccano la libertà di coalizione sindacale e il diritto di sciopero, storicamente riconosciute al lavoro indipendente, (non solo autonomo, ma anche associativo) purché esso, operando in un contesto relazionale con un’impresa, venga a trovarsi in una condizione di soggezione economica e di debolezza contrattuale, che lo renda simile al modello socialtipico di lavoro subordinato. A sostegno della difficoltosa actio finium regundorum dell’area protetta dagli artt. 39 e 40 Cost., ci si interroga sulla rilevanza giuridica delle manifestazioni di autotutela collettiva che si collocano al di fuori di tale ambito. La nota vicenda dello ‘sciopero’ degli avvocati (ma anche di altre categorie la cui attività è in grado di incidere sulla funzionalità dei servizi essenziali), se ha avuto il merito di rilanciare una discussione che sembrava sopita, ha finito per arrecare più confusione che chiarezza circa gli incerti confini del diritto (costituzionalmente riconosciuto) al conflitto. Tale incursione è utile a confermare la necessità di una revisione della categoria della sottoprotezione sociale, aggiornata alla luce di quella che oggi si chiama ‘dipendenza economica’, quale presupposto per l’applicazione delle richiamate tutele costituzionali. Sotto questo profilo, il lavoro intende contribuire a portare l’attenzione sul rilievo che la dimensione collettiva assume all’interno di un simile percorso, non di rado concentrato più che sul terreno delle dinamiche sociali reali, su quello delle astratte categorie giuridiche, ove la dipendenza economica finirebbe per essere confinata, se si tentasse di assumerla come nuova fattispecie generale della nostra materia (e non piuttosto come presupposto per l’estensione, controllata e selettiva, di quelle tutele che non implicano necessariamente il tradizionale dato della subordinazione). Al momento, la dimensione collettiva si è ritagliata uno spazio, per la verità non particolarmente significativo, nei diversi progetti di regolazione del lavoro giuridicamente non subordinato, attraverso il (generico) riconoscimento della libertà sindacale, con qualche timida apertura verso forme di sostegno all’attività sindacale, sottoposte al filtro della compatibilità con l’assenza del vincolo di subordinazione. In attesa di una regolamentazione legislativa dei profili sindacali del lavoro esterno all’art. 2094 c.c., l’Autore analizza le previsioni che - in tal senso - sono state introdotte in sede negoziale. Assunta come bussola dell’indagine, la nozione di dipendenza economica conduce l’Autore nel territorio, solitamente inesplorato dalle ricerche giuslavoristiche, delle relazione fra imprese fra loro verticalmente integrate, ove pure emergono emergono segnali di counterveiling power da parte di categorie di soggetti in posizione di dipendenza economica, che si manifestano nello svolgimento di un’attività di negoziazione collettiva (accompagnata, in qualche caso, dalla sperimentazione di pratiche di lotta o di protesta). A tal proposito, l’Autore si interroga sulla loro rilevanza giuridica, in primis, sotto il profilo del complesso di tutele costituzionali richiamabili a sostegno di simili manifestazioni di pluralismo sociale. Una simile operazione conduce ad ipotizzare un riassestamento (non certo uno stravolgimento) dei confini del diritto sindacale, il quale può cominciare a schiudere le proprie porte laddove la dipendenza economica nei confronti dell’altrui organizzazione incroci il lavoro, inteso, però, in tutte le sue forme ed applicazioni.

Interessi collettivi, diritto sindacale e dipendenza economica

VOZA, Roberto
2004-01-01

Abstract

Il lavoro si interroga, in primo luogo, sul rapporto tra interesse collettivo e tipologie contrattuali flessibili che si collocano all’interno del lavoro subordinato: qui la condizione del lavoratore atipico oscilla fra la tutela offerta dal principio della uniformità di trattamento (rispetto ai lavoratori standard) e la sua ‘invisibilità’ giuridica dovuta al mancato computo nell’organico aziendale. Si analizzano, al contempo, gli interventi, in sede legislativa e negoziale, a sostegno dell’azione sindacale nei casi di scissione tra titolarità del contratto ed effettiva utilizzazione del lavoro (somministrazione di manodopera e appalto). Varcato il confine dell’art. 2094 c.c., e assunta come dato fattuale la presenza di dinamiche collettive oltre l’area del lavoro subordinato, si è reso necessario sondarne la eventuale riconducibilità sotto l’egida del diritto sindacale. Tra le tutele sindacali, spiccano la libertà di coalizione sindacale e il diritto di sciopero, storicamente riconosciute al lavoro indipendente, (non solo autonomo, ma anche associativo) purché esso, operando in un contesto relazionale con un’impresa, venga a trovarsi in una condizione di soggezione economica e di debolezza contrattuale, che lo renda simile al modello socialtipico di lavoro subordinato. A sostegno della difficoltosa actio finium regundorum dell’area protetta dagli artt. 39 e 40 Cost., ci si interroga sulla rilevanza giuridica delle manifestazioni di autotutela collettiva che si collocano al di fuori di tale ambito. La nota vicenda dello ‘sciopero’ degli avvocati (ma anche di altre categorie la cui attività è in grado di incidere sulla funzionalità dei servizi essenziali), se ha avuto il merito di rilanciare una discussione che sembrava sopita, ha finito per arrecare più confusione che chiarezza circa gli incerti confini del diritto (costituzionalmente riconosciuto) al conflitto. Tale incursione è utile a confermare la necessità di una revisione della categoria della sottoprotezione sociale, aggiornata alla luce di quella che oggi si chiama ‘dipendenza economica’, quale presupposto per l’applicazione delle richiamate tutele costituzionali. Sotto questo profilo, il lavoro intende contribuire a portare l’attenzione sul rilievo che la dimensione collettiva assume all’interno di un simile percorso, non di rado concentrato più che sul terreno delle dinamiche sociali reali, su quello delle astratte categorie giuridiche, ove la dipendenza economica finirebbe per essere confinata, se si tentasse di assumerla come nuova fattispecie generale della nostra materia (e non piuttosto come presupposto per l’estensione, controllata e selettiva, di quelle tutele che non implicano necessariamente il tradizionale dato della subordinazione). Al momento, la dimensione collettiva si è ritagliata uno spazio, per la verità non particolarmente significativo, nei diversi progetti di regolazione del lavoro giuridicamente non subordinato, attraverso il (generico) riconoscimento della libertà sindacale, con qualche timida apertura verso forme di sostegno all’attività sindacale, sottoposte al filtro della compatibilità con l’assenza del vincolo di subordinazione. In attesa di una regolamentazione legislativa dei profili sindacali del lavoro esterno all’art. 2094 c.c., l’Autore analizza le previsioni che - in tal senso - sono state introdotte in sede negoziale. Assunta come bussola dell’indagine, la nozione di dipendenza economica conduce l’Autore nel territorio, solitamente inesplorato dalle ricerche giuslavoristiche, delle relazione fra imprese fra loro verticalmente integrate, ove pure emergono emergono segnali di counterveiling power da parte di categorie di soggetti in posizione di dipendenza economica, che si manifestano nello svolgimento di un’attività di negoziazione collettiva (accompagnata, in qualche caso, dalla sperimentazione di pratiche di lotta o di protesta). A tal proposito, l’Autore si interroga sulla loro rilevanza giuridica, in primis, sotto il profilo del complesso di tutele costituzionali richiamabili a sostegno di simili manifestazioni di pluralismo sociale. Una simile operazione conduce ad ipotizzare un riassestamento (non certo uno stravolgimento) dei confini del diritto sindacale, il quale può cominciare a schiudere le proprie porte laddove la dipendenza economica nei confronti dell’altrui organizzazione incroci il lavoro, inteso, però, in tutte le sue forme ed applicazioni.
2004
88-8422-304-0
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