La durata del processo di beatificazione di Alessandro Sauli, cominciato in prima battuta a Pavia negli anni 1624-’25, ma terminato solo nel 1741, è uno dei motivi che ha spinto la famiglia Sauli a riconsiderare il ruolo della basilica di Santa Maria Assunta in Carignano a Genova. Se, ancora agli inizi del Seicento, il manufatto costruito dal 1548 su progetto di Galeazzo Alessi era percepito per lo più come emblema gentilizio, con le notizie delle prime grazie da lui concesse diventa, molto gradualmente, anche luogo di trionfo del santo in pectore. Grazie, quelle del vescovo barnabita, peraltro coincidenti con la beatificazione (1610) dell’esponente in assoluto più noto della sua medesima congregazione, vale a dire san Carlo Borromeo. Certo sull’atteggiamento dei Sauli ha pesato anche la celebrazione agiografica di Alessandro: promotore di opere d’arte al pari della sua famiglia d’origine, egli fu vicino in particolare al pittore milanese Ambrogio Figino; sempre Alessandro è descritto interessato all’architettura, a tal punto da essere paragonato da Valeriano Maggi allo stesso autore delle Instructiones fabricae et supellectilis ecclesiasticae (1577). E’ il 1974 quando Maria Luisa Gatti Perer pubblica sulla rivista Arte Lombarda i risultati di un’articolata ricerca condotta su un ciclo di disegni destinati a illustrare episodi della vita di Alessandro Sauli, due dei quali contemporanei alla fase di allestimento degli apparati per la sua beatificazione. Fogli tutt’ora custoditi presso l’Archivio Storico dei Barnabiti a Milano. Nella città dove la famiglia di Alessandro aveva la sua cappella gentilizia in Santa Maria delle Grazie, si sono conservate dunque anche importanti testimonianze grafiche e documentarie di una vicenda che conobbe il suo esito sontuoso appunto nella basilica di Carignano, sotto l’abile regia di Lorenzo de Ferrari, il quale, sempre nella città genovese, aveva già curato gli apparati per le canonizzazioni di Stanislao Kotska e di Luigi Gonzaga nella chiesa del Gesù (1726), nonché quelli per Caterina Fieschi-Adorno nella cattedrale di San Lorenzo (1736). Dell’apparato di De Ferrari esiste anche una breve ma efficace descrizione individuata nel fondo Sauli dell’Archivio Durazzo-Giustiniani a Genova. Si tratta del coronamento di un percorso sviluppato coniugando spazi e devozione che ha permesso di valorizzare non solo il profilo del neo beato, ma anche le scelte di committenza compiute in chiave transgenerazionale dai diversi membri della famiglia Sauli tra Sei e Settecento, prima da Gio Antonio (1596-1661), poi da Francesco Maria (1622-1699), quindi da Domenico Maria Ignazio (1675-1760). L’apparato per la beatificazione di Alessandro Sauli diventa così il tramite per porre a sistema i principali esiti di una formidabile stagione artistica sempre chiamata a confrontarsi con l’esperienza di Pierre Puget e delle sue due statue collocate nei pilastri, un san Sebastiano e ‘un vescovo’, quest’ultimo pensato per ‘rappresentare a suo tempo il venerando Alessandro Sauli del quale si tratta la beatificazione’.

L’APPARATO GENOVESE PER LA BEATIFICAZIONE DI ALESSANDRO SAULI (1741): NUOVI DOCUMENTI PER UNA ‘SOLENNITÉ MAGNIFIQUE’

Leonardi, Andrea
2016-01-01

Abstract

La durata del processo di beatificazione di Alessandro Sauli, cominciato in prima battuta a Pavia negli anni 1624-’25, ma terminato solo nel 1741, è uno dei motivi che ha spinto la famiglia Sauli a riconsiderare il ruolo della basilica di Santa Maria Assunta in Carignano a Genova. Se, ancora agli inizi del Seicento, il manufatto costruito dal 1548 su progetto di Galeazzo Alessi era percepito per lo più come emblema gentilizio, con le notizie delle prime grazie da lui concesse diventa, molto gradualmente, anche luogo di trionfo del santo in pectore. Grazie, quelle del vescovo barnabita, peraltro coincidenti con la beatificazione (1610) dell’esponente in assoluto più noto della sua medesima congregazione, vale a dire san Carlo Borromeo. Certo sull’atteggiamento dei Sauli ha pesato anche la celebrazione agiografica di Alessandro: promotore di opere d’arte al pari della sua famiglia d’origine, egli fu vicino in particolare al pittore milanese Ambrogio Figino; sempre Alessandro è descritto interessato all’architettura, a tal punto da essere paragonato da Valeriano Maggi allo stesso autore delle Instructiones fabricae et supellectilis ecclesiasticae (1577). E’ il 1974 quando Maria Luisa Gatti Perer pubblica sulla rivista Arte Lombarda i risultati di un’articolata ricerca condotta su un ciclo di disegni destinati a illustrare episodi della vita di Alessandro Sauli, due dei quali contemporanei alla fase di allestimento degli apparati per la sua beatificazione. Fogli tutt’ora custoditi presso l’Archivio Storico dei Barnabiti a Milano. Nella città dove la famiglia di Alessandro aveva la sua cappella gentilizia in Santa Maria delle Grazie, si sono conservate dunque anche importanti testimonianze grafiche e documentarie di una vicenda che conobbe il suo esito sontuoso appunto nella basilica di Carignano, sotto l’abile regia di Lorenzo de Ferrari, il quale, sempre nella città genovese, aveva già curato gli apparati per le canonizzazioni di Stanislao Kotska e di Luigi Gonzaga nella chiesa del Gesù (1726), nonché quelli per Caterina Fieschi-Adorno nella cattedrale di San Lorenzo (1736). Dell’apparato di De Ferrari esiste anche una breve ma efficace descrizione individuata nel fondo Sauli dell’Archivio Durazzo-Giustiniani a Genova. Si tratta del coronamento di un percorso sviluppato coniugando spazi e devozione che ha permesso di valorizzare non solo il profilo del neo beato, ma anche le scelte di committenza compiute in chiave transgenerazionale dai diversi membri della famiglia Sauli tra Sei e Settecento, prima da Gio Antonio (1596-1661), poi da Francesco Maria (1622-1699), quindi da Domenico Maria Ignazio (1675-1760). L’apparato per la beatificazione di Alessandro Sauli diventa così il tramite per porre a sistema i principali esiti di una formidabile stagione artistica sempre chiamata a confrontarsi con l’esperienza di Pierre Puget e delle sue due statue collocate nei pilastri, un san Sebastiano e ‘un vescovo’, quest’ultimo pensato per ‘rappresentare a suo tempo il venerando Alessandro Sauli del quale si tratta la beatificazione’.
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