In una prospettiva volta a consolidare l’unità della Chiesa attraverso la conservazione delle pluralità rituali, la sollecitudine per la situazione dei cattolici di rito orientale nel mondo ha rappresentato un punto fermo dell’ attività del magistero ecclesiastico. Paradigmatica, a tal proposito, risulta essere l’enciclica di Benedetto XIV Allatae sunt del 1755 che, in una lettura moderna del progetto di conversione dei popoli, evidenzia la necessità di rispettare le tradizioni delle singole Chiese sui iuris quale parte del patrimonio universale. L’ingente flusso migratorio che caratterizza la società odierna impone, invero, una riflessione con particolare riferimento al profilarsi di nuove esigenze di tutela individuale e collettiva nella prospettiva identitaria. La convivenza forzata, nei medesimi spazi, dei credi e delle religioni crea i presupposti per un’analisi in merito alle concrete possibilità di soddisfazione di tali occorrenze, come evidenzia la vivace casistica giurisprudenziale di settore nei singoli Stati. Il problema della tutela positiva della libertà religiosa investe, però, anche profili interconfessionali e, ancor più significativamente, intraconfessionali. La consapevolezza giuridica della pari dignità delle Chiese, attraverso il riconoscimento dell’eredità spirituale e liturgica, disciplinare e teologica, nelle diverse sue tradizioni, quale patrimonio della Chiesa universale, in un “superamento” dell’esclusività del diritto canonico latino quanto all’assoggettamento alle sue leggi di tutti i battezzati, viene a volte contraddetta da atti territorializzanti, che inducono ad una rilettura dell’elemento tradizionale della praestantia ritus latini. In questa prospettiva si pone la legge del celibato degli ordinati in sacris che, pur non rivestendo carattere di definitività, costituisce un punto caratterizzante il patrimonio dottrinale della Chiesa latina.

Chiesa universale e Chiese sui iuris tra dimensione rituale e unità di fede. celibato e prassi del sacerdozio uxorato

VENTRELLA, Carmela
2014-01-01

Abstract

In una prospettiva volta a consolidare l’unità della Chiesa attraverso la conservazione delle pluralità rituali, la sollecitudine per la situazione dei cattolici di rito orientale nel mondo ha rappresentato un punto fermo dell’ attività del magistero ecclesiastico. Paradigmatica, a tal proposito, risulta essere l’enciclica di Benedetto XIV Allatae sunt del 1755 che, in una lettura moderna del progetto di conversione dei popoli, evidenzia la necessità di rispettare le tradizioni delle singole Chiese sui iuris quale parte del patrimonio universale. L’ingente flusso migratorio che caratterizza la società odierna impone, invero, una riflessione con particolare riferimento al profilarsi di nuove esigenze di tutela individuale e collettiva nella prospettiva identitaria. La convivenza forzata, nei medesimi spazi, dei credi e delle religioni crea i presupposti per un’analisi in merito alle concrete possibilità di soddisfazione di tali occorrenze, come evidenzia la vivace casistica giurisprudenziale di settore nei singoli Stati. Il problema della tutela positiva della libertà religiosa investe, però, anche profili interconfessionali e, ancor più significativamente, intraconfessionali. La consapevolezza giuridica della pari dignità delle Chiese, attraverso il riconoscimento dell’eredità spirituale e liturgica, disciplinare e teologica, nelle diverse sue tradizioni, quale patrimonio della Chiesa universale, in un “superamento” dell’esclusività del diritto canonico latino quanto all’assoggettamento alle sue leggi di tutti i battezzati, viene a volte contraddetta da atti territorializzanti, che inducono ad una rilettura dell’elemento tradizionale della praestantia ritus latini. In questa prospettiva si pone la legge del celibato degli ordinati in sacris che, pur non rivestendo carattere di definitività, costituisce un punto caratterizzante il patrimonio dottrinale della Chiesa latina.
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