Il presente studio dimostra come l’identità ‘debole’ del poeta moderno si rafforza in Montale sin dalla sezione finale degli Ossi attraverso uno sforzo di tipo volontaristico, che lo porta a cercare nelle risorse intellettuali e morali della poesia l’ultima leva per la difesa del poeta nel mondo contemporaneo. E questo sforzo, com’è noto, si fa strenua difesa della razionalità e dei valori della tradizione liberale borghese negli anni Trenta, basti pensare alla creazione del visiting Angel e alla sua missione salvifica. E tuttavia la fuoriuscita dal «solco dell’emergenza», e il riconoscimento del collasso definitivo di una tradizione di valori, producono nell’autore un momento di dubbio e di nuove interrogazioni sul senso della poesia. Entrano via via in crisi l’idea della conoscenza e della poesia come validi strumenti razionali, come pure l’idea della memoria come struttura portante della personalità e dunque della stessa costruzione dell’io lirico. Si afferma l’idea di un fluire temporale che invece di inserirsi in un disegno razionale dotato di senso, appare come lento franamento. Nel tentativo costante di riaggiornare le ragioni della propria poesia Montale è portato non solo a confrontarsi con la tradizione dei classici e con la recente modernità europea, ma anche a fare i conti con la propria precedente produzione, che viene anch’essa storicizzata e immessa nel circolo di un globale ripensamento del discorso poetico. All’interno delle Silvae, dove la quête religiosa raggiunge punte di massima intensità, e dove si addensano i riferimenti alle Sacre Scritture, a Dante, e in qualche caso a Petrarca, immagini e simboli del passato ritornano non solo associati a miracolose apparizioni oniriche, ma anche per essere sottoposti a nuove verifiche, nel momento in cui le certezze del poeta vacillano e il dubbio sul senso della propria scrittura si affaccia con straziante intensità. Ne è un esempio emblematico L’orto, interamente costruito attraverso una serie di immagini, simboli e termini specificamente riconducibili all’intero repertorio poetico montaliano, e che vengono ora richiamati in una forma di interrogazione dubitativa, che finisce per assumere anche una valenza di riflessione metapoetica. Una lettura attenta del testo mostra come l’intero repertorio poetico montaliano venga recuperato in un contesto di incertezza e di dubbio; quei materiali lessicali, figurativi, fonici, vengono richiamati e assemblati nello spazio circoscritto di un componimento, perché il poeta avverte il bisogno di reinterrogarsi sul loro significato, di rimetterli per così dire alla prova nel momento in cui iniziano a vacillare le ragioni che avevano sostenuto l’impegno degli anni della guerra. All’interno della stessa Bufera è possibile dunque individuare un filo di riflessione metapoetica, di certo non rettilineo, e destinato a più riprese a riavvolgersi su se stesso, prima di trovare, a distanza di anni, una direzione certa, che procede da forme di interrogazione problematica e dubitativa (L’orto), alla disincantata e amara registrazione di una crisi in atto (Proda di Versilia, L’ombra della magnolia), alla sperimentazione di inedite modalità poetiche, offerte da un registro desublimato, prosastico e autoparodico (Di un Natale metropolitano). Da questa forma di ricerca interna prenderà poi corpo l’auto-parodia desublimante di tanti versi di Satura, attraverso la quale il poeta giungerà a rappresentare con lucidità, ironia o sarcasmo, un dissacrante quadro della «microstoria dell’uomo e della condizione quotidiana della parola». L’intero corso della scrittura poetica montaliana appare così segnato dalla persistenza di uno sforzo conoscitivo, che è portato ad aggiornarsi e a confrontarsi con l’evolversi di una realtà sempre più sfuggente e difficilmente interpretabile con i modelli forniti dalla tradizione del pensiero moderno.

"Se poco è il lampo del tuo sguardo...". Montale e il filo della razionalità nella bufera della storia e della coscienza.

VACANTE, Natalia Maria
2014-01-01

Abstract

Il presente studio dimostra come l’identità ‘debole’ del poeta moderno si rafforza in Montale sin dalla sezione finale degli Ossi attraverso uno sforzo di tipo volontaristico, che lo porta a cercare nelle risorse intellettuali e morali della poesia l’ultima leva per la difesa del poeta nel mondo contemporaneo. E questo sforzo, com’è noto, si fa strenua difesa della razionalità e dei valori della tradizione liberale borghese negli anni Trenta, basti pensare alla creazione del visiting Angel e alla sua missione salvifica. E tuttavia la fuoriuscita dal «solco dell’emergenza», e il riconoscimento del collasso definitivo di una tradizione di valori, producono nell’autore un momento di dubbio e di nuove interrogazioni sul senso della poesia. Entrano via via in crisi l’idea della conoscenza e della poesia come validi strumenti razionali, come pure l’idea della memoria come struttura portante della personalità e dunque della stessa costruzione dell’io lirico. Si afferma l’idea di un fluire temporale che invece di inserirsi in un disegno razionale dotato di senso, appare come lento franamento. Nel tentativo costante di riaggiornare le ragioni della propria poesia Montale è portato non solo a confrontarsi con la tradizione dei classici e con la recente modernità europea, ma anche a fare i conti con la propria precedente produzione, che viene anch’essa storicizzata e immessa nel circolo di un globale ripensamento del discorso poetico. All’interno delle Silvae, dove la quête religiosa raggiunge punte di massima intensità, e dove si addensano i riferimenti alle Sacre Scritture, a Dante, e in qualche caso a Petrarca, immagini e simboli del passato ritornano non solo associati a miracolose apparizioni oniriche, ma anche per essere sottoposti a nuove verifiche, nel momento in cui le certezze del poeta vacillano e il dubbio sul senso della propria scrittura si affaccia con straziante intensità. Ne è un esempio emblematico L’orto, interamente costruito attraverso una serie di immagini, simboli e termini specificamente riconducibili all’intero repertorio poetico montaliano, e che vengono ora richiamati in una forma di interrogazione dubitativa, che finisce per assumere anche una valenza di riflessione metapoetica. Una lettura attenta del testo mostra come l’intero repertorio poetico montaliano venga recuperato in un contesto di incertezza e di dubbio; quei materiali lessicali, figurativi, fonici, vengono richiamati e assemblati nello spazio circoscritto di un componimento, perché il poeta avverte il bisogno di reinterrogarsi sul loro significato, di rimetterli per così dire alla prova nel momento in cui iniziano a vacillare le ragioni che avevano sostenuto l’impegno degli anni della guerra. All’interno della stessa Bufera è possibile dunque individuare un filo di riflessione metapoetica, di certo non rettilineo, e destinato a più riprese a riavvolgersi su se stesso, prima di trovare, a distanza di anni, una direzione certa, che procede da forme di interrogazione problematica e dubitativa (L’orto), alla disincantata e amara registrazione di una crisi in atto (Proda di Versilia, L’ombra della magnolia), alla sperimentazione di inedite modalità poetiche, offerte da un registro desublimato, prosastico e autoparodico (Di un Natale metropolitano). Da questa forma di ricerca interna prenderà poi corpo l’auto-parodia desublimante di tanti versi di Satura, attraverso la quale il poeta giungerà a rappresentare con lucidità, ironia o sarcasmo, un dissacrante quadro della «microstoria dell’uomo e della condizione quotidiana della parola». L’intero corso della scrittura poetica montaliana appare così segnato dalla persistenza di uno sforzo conoscitivo, che è portato ad aggiornarsi e a confrontarsi con l’evolversi di una realtà sempre più sfuggente e difficilmente interpretabile con i modelli forniti dalla tradizione del pensiero moderno.
2014
978-88-7470-321-0
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11586/65593
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