La chiesa di Santa Maria la Nova, fondata intorno al XIII secolo, fu la prima costruzione extra moenia a sorgere sul pianoro dei Sasso Barisano, lungo la direttrice che metteva in comunicazione la città con i vicini nuclei urbani pugliesi. Oggi intitolato a San Giovanni, l’edificio è noto agli studi per essere, insieme alla coeva cattedrale, una delle poche testimonianze dell’architettura medievale sub divo materana. La fabbrica presenta a livello di forme architettoniche linguaggi profondamente diversi, soprattutto tra l’involucro esterno, compatto, ritmato da arcate cieche su paraste con un ricco apparato scultoreo che si distribuisce su portali e finestre e lo spazio interno, arioso impianto basilicale con colonne , coperto a capriate con cupola all’incrocio. La sua fama si deve al leggendario e intricato arrivo a Matera, nel 1231, di un gruppo di monache Penitenti provenienti da Accon in Palestina. Il contributo in esame si inserisce in un volume monografico pubblicato nella collana di studi “Vita regularis. Ordnungen und Deutungen religiosen Lebens im Mittelalter” fondata da Gert Melville, dedicato interamente allo studio della chiesa materana attraverso le testimonianze documentarie, storiche, archeologiche ed artistiche. Lo scopo è stato quello di indagare la facies medievale della fabbrica, in una prospettiva che includesse il rapporto con l'Oriente, terra di provenienza del primo nucleo di religiose, e il contesto pugliese, al cui interno Matera si collocava. A tal fine è stato necessario ricostruire le vicende storiche e storiografiche della chiesa a partire dalla sua fondazione fino ai restauri ed alle indagini archeologiche del secolo scorso, ricerche solo parzialmente edite; analizzare e distinguere le varie trasformazioni avvenute nel corso dei secoli sia per quanto riguarda l'assetto architettonico che per la decorazione scultorea; operare una lettura che tenesse conto degli elementi strutturali e della scultura architettonica, dei differenti modelli, delle concezioni dello spazio architettonico e dell’uso degli spazi liturgici; descrivere ed analizzare nel dettaglio l’ornamentazione . Gli studi condotti fino ad oggi sul monumento hanno indagato quasi esclusivamente l’apparato scultoreo della chiesa, legandolo ad una generica matrice orientale di forme e modelli rielaborati nel contesto della cultura della Terra d’Otranto, mentre sul versante dell’architettura è stato posto l’accento su influenze derivate dall’architettura borgognona, da quella siciliana, abruzzese e pugliese, senza discostarsi di molto dalla lettura che già il Bertaux aveva fatto dell’edificio nel 1903. Il risultato raggiunto dalla ricerca è stato, sul versante dell’architettura, quello di una nuova lettura dell’edificio che ha individuato l’esistenza di due cantieri che, in relazione alle esigenze della committenza, si sono succeduti nel giro di pochi decenni operando separatamente sul corpo della navata e nella zona del transetto, con il risultato della di una sorta di doppia polarità dello spazio in funzione, da un lato, delle adiacenti fabbriche monastiche e dall’altro della città, attraverso la monumentalizzazione di quelle parti dell’edificio rivolte verso la civita materana. Tale lettura spiega anche la distribuzione degli spazi superiori dell’edificio, interamente percorribile tramite scale e ballatoi che mettono in comunicazione l’interno dell’edificio con l’esterno. L’analisi dei documenti ha consentito di precisare meglio la cronologia della chiesa e di individuare nella figura del procuratore dell’ordine materano, Melo Spano, colui che fu investito del compito di seguire ed amministrare il secondo cantiere della chiesa . Sono stati analizzati anche i materiali utilizzati nella costruzione dell’edificio ed il modo con il quale sono stati messi in opera: in relazione agli altri coevi cantieri materani di ambito rupestre, tale indagine ha portato ad avanzare l’ipotesi di un intervento in Santa Maria la Nova di maestranze formatesi nell’ambito dell’architettura ‘scavata’. Il loro intervento giustifica l’estrema libertà formale, ricca di ingenuità ed approssimazioni, che caratterizza i pilastri della chiesa e che è tipica delle soluzioni sperimentate nell’architettura rupestre. Sul versante della decorazione scultorea sono state individuate le diverse botteghe all’opera nella chiesa, alcune che mostrano una cultura artistica di forte ascendenza orientale ( chiesa di Sant’Anna, complesso di Haram al Sharif, edicola dell’Ascensione a Gerusalemme), altre legate al cantiere della cattedrale, a tradizioni nutrite di modelli antichi (soprattutto per alcune lastre reimpiegate della SS. Trinità di Venosa) nonché alle correnti scultoree che si sviluppano nella Terra d’Otranto (con particolare attenzione all’assimilazione di modelli legati alla committenza tancrediana).

Storia di un edificio della Puglia storica. La chiesa di Santa Maria la Nova a Matera

DEROSA, Luisa Maria Sterpeta
2012-01-01

Abstract

La chiesa di Santa Maria la Nova, fondata intorno al XIII secolo, fu la prima costruzione extra moenia a sorgere sul pianoro dei Sasso Barisano, lungo la direttrice che metteva in comunicazione la città con i vicini nuclei urbani pugliesi. Oggi intitolato a San Giovanni, l’edificio è noto agli studi per essere, insieme alla coeva cattedrale, una delle poche testimonianze dell’architettura medievale sub divo materana. La fabbrica presenta a livello di forme architettoniche linguaggi profondamente diversi, soprattutto tra l’involucro esterno, compatto, ritmato da arcate cieche su paraste con un ricco apparato scultoreo che si distribuisce su portali e finestre e lo spazio interno, arioso impianto basilicale con colonne , coperto a capriate con cupola all’incrocio. La sua fama si deve al leggendario e intricato arrivo a Matera, nel 1231, di un gruppo di monache Penitenti provenienti da Accon in Palestina. Il contributo in esame si inserisce in un volume monografico pubblicato nella collana di studi “Vita regularis. Ordnungen und Deutungen religiosen Lebens im Mittelalter” fondata da Gert Melville, dedicato interamente allo studio della chiesa materana attraverso le testimonianze documentarie, storiche, archeologiche ed artistiche. Lo scopo è stato quello di indagare la facies medievale della fabbrica, in una prospettiva che includesse il rapporto con l'Oriente, terra di provenienza del primo nucleo di religiose, e il contesto pugliese, al cui interno Matera si collocava. A tal fine è stato necessario ricostruire le vicende storiche e storiografiche della chiesa a partire dalla sua fondazione fino ai restauri ed alle indagini archeologiche del secolo scorso, ricerche solo parzialmente edite; analizzare e distinguere le varie trasformazioni avvenute nel corso dei secoli sia per quanto riguarda l'assetto architettonico che per la decorazione scultorea; operare una lettura che tenesse conto degli elementi strutturali e della scultura architettonica, dei differenti modelli, delle concezioni dello spazio architettonico e dell’uso degli spazi liturgici; descrivere ed analizzare nel dettaglio l’ornamentazione . Gli studi condotti fino ad oggi sul monumento hanno indagato quasi esclusivamente l’apparato scultoreo della chiesa, legandolo ad una generica matrice orientale di forme e modelli rielaborati nel contesto della cultura della Terra d’Otranto, mentre sul versante dell’architettura è stato posto l’accento su influenze derivate dall’architettura borgognona, da quella siciliana, abruzzese e pugliese, senza discostarsi di molto dalla lettura che già il Bertaux aveva fatto dell’edificio nel 1903. Il risultato raggiunto dalla ricerca è stato, sul versante dell’architettura, quello di una nuova lettura dell’edificio che ha individuato l’esistenza di due cantieri che, in relazione alle esigenze della committenza, si sono succeduti nel giro di pochi decenni operando separatamente sul corpo della navata e nella zona del transetto, con il risultato della di una sorta di doppia polarità dello spazio in funzione, da un lato, delle adiacenti fabbriche monastiche e dall’altro della città, attraverso la monumentalizzazione di quelle parti dell’edificio rivolte verso la civita materana. Tale lettura spiega anche la distribuzione degli spazi superiori dell’edificio, interamente percorribile tramite scale e ballatoi che mettono in comunicazione l’interno dell’edificio con l’esterno. L’analisi dei documenti ha consentito di precisare meglio la cronologia della chiesa e di individuare nella figura del procuratore dell’ordine materano, Melo Spano, colui che fu investito del compito di seguire ed amministrare il secondo cantiere della chiesa . Sono stati analizzati anche i materiali utilizzati nella costruzione dell’edificio ed il modo con il quale sono stati messi in opera: in relazione agli altri coevi cantieri materani di ambito rupestre, tale indagine ha portato ad avanzare l’ipotesi di un intervento in Santa Maria la Nova di maestranze formatesi nell’ambito dell’architettura ‘scavata’. Il loro intervento giustifica l’estrema libertà formale, ricca di ingenuità ed approssimazioni, che caratterizza i pilastri della chiesa e che è tipica delle soluzioni sperimentate nell’architettura rupestre. Sul versante della decorazione scultorea sono state individuate le diverse botteghe all’opera nella chiesa, alcune che mostrano una cultura artistica di forte ascendenza orientale ( chiesa di Sant’Anna, complesso di Haram al Sharif, edicola dell’Ascensione a Gerusalemme), altre legate al cantiere della cattedrale, a tradizioni nutrite di modelli antichi (soprattutto per alcune lastre reimpiegate della SS. Trinità di Venosa) nonché alle correnti scultoree che si sviluppano nella Terra d’Otranto (con particolare attenzione all’assimilazione di modelli legati alla committenza tancrediana).
2012
978-3-643-11830-1
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