Nel presente lavoro sono tratteggiati, innanzi tutto, il profilo storico delle politiche delle aggregazioni fra Comuni a partire dall’Unità d’Italia: uno dei temi di un certo impatto politico fu, infatti, in quel periodo, quello del tentativo di riordino del territorio, caratterizzato dal frazionamento in piccole realtà municipali ritenute incapaci di svolgere pienamente i loro compiti. I diversi progetti presentati non trovarono, peraltro, adeguato riscontro in sede legislativa, nonostante gli sforzi portati avanti dalle più eminenti personalità dell’epoca. Un approccio più deciso alle aggregazioni (rectius, alle fusioni) fu portato avanti dallo Stato fascista, che riuscì a porre in essere un programma di accorpamento forzoso dei piccoli Comuni, nei confronti dei quali il regime nutriva scarsa “fiducia”, anche perché, soprattutto in determinate aree del Paese, venivano considerati come centri di malaffare e potenziali elementi di disgregazione dello Stato. La stagione post-costituzionale è segnata, poi, da un lungo oblio che si conclude solo negli anni novanta, a partire dai quali prende l’avvio una stagione di riforme conclusasi con l’adozione del Testo unico degli Enti locali del 2000, che ha sancito la natura giuridica di tale forma associativa quale ente locale a tutti gli effetti . La vita delle Unioni di comuni ha conosciuto, successivamente, cioè in questi ultimi anni, un’ulteriore fase legislativa definibile di riassestamento e di rinnovamento, per il tramite di una serie di disposizioni di legge, i cui esiti sono, invero, tutti ancora da testare e che, perciò, saranno verificabili in un prossimo futuro, quando, cioè, i nuovi assetti e le nuove regole troveranno concreta attuazione. E', poi, preso in esame il ruolo della Regione nella determinazione delle politiche in favore dell’associazionismo e, in particolare, dell’Unione di comuni alla luce sia dell’era del c.d. “terzo decentramento” sia della riforma costituzionale del 2001. Tale percorso di ricerca consentirà, peraltro, di tracciare il quadro delle attuali tendenze della legislazione regionale in tema di Unioni di comuni, soprattutto nella prospettiva della gestione associata delle funzioni e delle misure di incentivazione. In tale quadro di riferimento, le “esperienze” in tema di gestione associata costituiranno un ulteriore elemento di valutazione del complessivo quadro nel quale operano le Regioni per affinare e arricchire le politiche di aggregazione fra Comuni. Il profilo finanziario, che forse rappresenta il fattore di maggiore incidenza anche rispetto al futuro delle politiche sull’associazionismo, costituisce un ulteriore oggetto di osservazione del lavoro monografico. Tale aspetto è da considerarsi fra i più significativi dato che senza le risorse finanziarie potrebbe apparire illusorio procedere ad ulteriori implementazioni dell’ente locale in questione. I criteri di attribuzione delle risorse, sia statali sia regionali, costituiscono un elemento di esplorazione molto utile per capire fino a che punto si pensa di dare impulso al fenomeno associativo. Il “federalismo fiscale”, almeno in linea teorica, potrebbe rappresentare la soluzione delle problematiche relative al reperimento delle risorse necessarie per “gestire” le funzioni e i servizi che le Unioni sono chiamate a svolgere. A tale proposito, si cercherà di appurare le reali possibilità di attribuzione all’Unione di comuni di una (certa) autonoma potestà impositiva, in parte anche de jure condendo, quale condizione indispensabile al fine di rendere operante il principio di autosufficienza finanziaria, in base al quale ai servizi erogati deve necessariamente corrispondere la risorsa necessaria per il suo assolvimento.

Gli enti della intercomunalità: le Unioni di comuni - Studi sulla cooperazione fra enti locali per la gestione associata delle funzioni comunali nella stagione del "federalismo fiscale"

LUCHENA, Giovanni
2012-01-01

Abstract

Nel presente lavoro sono tratteggiati, innanzi tutto, il profilo storico delle politiche delle aggregazioni fra Comuni a partire dall’Unità d’Italia: uno dei temi di un certo impatto politico fu, infatti, in quel periodo, quello del tentativo di riordino del territorio, caratterizzato dal frazionamento in piccole realtà municipali ritenute incapaci di svolgere pienamente i loro compiti. I diversi progetti presentati non trovarono, peraltro, adeguato riscontro in sede legislativa, nonostante gli sforzi portati avanti dalle più eminenti personalità dell’epoca. Un approccio più deciso alle aggregazioni (rectius, alle fusioni) fu portato avanti dallo Stato fascista, che riuscì a porre in essere un programma di accorpamento forzoso dei piccoli Comuni, nei confronti dei quali il regime nutriva scarsa “fiducia”, anche perché, soprattutto in determinate aree del Paese, venivano considerati come centri di malaffare e potenziali elementi di disgregazione dello Stato. La stagione post-costituzionale è segnata, poi, da un lungo oblio che si conclude solo negli anni novanta, a partire dai quali prende l’avvio una stagione di riforme conclusasi con l’adozione del Testo unico degli Enti locali del 2000, che ha sancito la natura giuridica di tale forma associativa quale ente locale a tutti gli effetti . La vita delle Unioni di comuni ha conosciuto, successivamente, cioè in questi ultimi anni, un’ulteriore fase legislativa definibile di riassestamento e di rinnovamento, per il tramite di una serie di disposizioni di legge, i cui esiti sono, invero, tutti ancora da testare e che, perciò, saranno verificabili in un prossimo futuro, quando, cioè, i nuovi assetti e le nuove regole troveranno concreta attuazione. E', poi, preso in esame il ruolo della Regione nella determinazione delle politiche in favore dell’associazionismo e, in particolare, dell’Unione di comuni alla luce sia dell’era del c.d. “terzo decentramento” sia della riforma costituzionale del 2001. Tale percorso di ricerca consentirà, peraltro, di tracciare il quadro delle attuali tendenze della legislazione regionale in tema di Unioni di comuni, soprattutto nella prospettiva della gestione associata delle funzioni e delle misure di incentivazione. In tale quadro di riferimento, le “esperienze” in tema di gestione associata costituiranno un ulteriore elemento di valutazione del complessivo quadro nel quale operano le Regioni per affinare e arricchire le politiche di aggregazione fra Comuni. Il profilo finanziario, che forse rappresenta il fattore di maggiore incidenza anche rispetto al futuro delle politiche sull’associazionismo, costituisce un ulteriore oggetto di osservazione del lavoro monografico. Tale aspetto è da considerarsi fra i più significativi dato che senza le risorse finanziarie potrebbe apparire illusorio procedere ad ulteriori implementazioni dell’ente locale in questione. I criteri di attribuzione delle risorse, sia statali sia regionali, costituiscono un elemento di esplorazione molto utile per capire fino a che punto si pensa di dare impulso al fenomeno associativo. Il “federalismo fiscale”, almeno in linea teorica, potrebbe rappresentare la soluzione delle problematiche relative al reperimento delle risorse necessarie per “gestire” le funzioni e i servizi che le Unioni sono chiamate a svolgere. A tale proposito, si cercherà di appurare le reali possibilità di attribuzione all’Unione di comuni di una (certa) autonoma potestà impositiva, in parte anche de jure condendo, quale condizione indispensabile al fine di rendere operante il principio di autosufficienza finanziaria, in base al quale ai servizi erogati deve necessariamente corrispondere la risorsa necessaria per il suo assolvimento.
2012
978-88-6611-131-3
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