La forma del dialogo, pur potendosi considerare un archetipo della interazione linguistica, e dunque una sorta di prerequisito per lo sviluppo della competenza comunicativa, resta, nel tempo, uno strumento sempre suscettibile di innovazione. Oltre che l’esercizio della pratica linguistica (orale e, si è visto, anche scritta, per il tramite della oralità formalizzata oppure quando i dialoghi utilizzati appartengano canonicamente alla tradizione della lingua scritta), l’uso della forma dialogica incentiva, difatti, anche lo sviluppo di una competenza che si potrebbe definire metacomunicativa, in quanto gli apprendenti esposti all’input del testo dialogico tendono, se opportunamente guidati, a servirsi di questo strumento per riflettere su alcune specifiche componenti della lingua d’arrivo; e altresì sulla loro propria attitudine all’uso proficuo (ai fini di una corretta interazione verbale) di quelle componenti. Nel caso specifico dell’italiano L2, caso da cui questa riflessione di fatto muove, il binomio lingua parlata-lingua scritta, difficilmente scindibile per le ragioni culturali che sono ben note, diventa un nodo intrinseco tra due dimensioni che, di fatto, sono costituenti attive di quella competenza comunicativa reale la quale, se nelle sue forme più tradizionali si estrinseca nel dialogo “faccia a faccia” (per riprendere l’espressione utilizzata da uno degli studenti coinvolti), nondimeno trova nelle forme mediate dalla scrittura occasioni di esercizio, di nuovo sviluppo e di sempre maggiore consapevolezza degli utenti, in nome di quella dimensione educativa della lingua e della riflessione linguistica di cui ormai da tempo è impensabile privarsi.
"I dialoghi veri sono quelli faccia a faccia (?)". Scritto vs parlato in italiano L2: per una competenza comunicativa 'reale'
R. Abbaticchio
2024-01-01
Abstract
La forma del dialogo, pur potendosi considerare un archetipo della interazione linguistica, e dunque una sorta di prerequisito per lo sviluppo della competenza comunicativa, resta, nel tempo, uno strumento sempre suscettibile di innovazione. Oltre che l’esercizio della pratica linguistica (orale e, si è visto, anche scritta, per il tramite della oralità formalizzata oppure quando i dialoghi utilizzati appartengano canonicamente alla tradizione della lingua scritta), l’uso della forma dialogica incentiva, difatti, anche lo sviluppo di una competenza che si potrebbe definire metacomunicativa, in quanto gli apprendenti esposti all’input del testo dialogico tendono, se opportunamente guidati, a servirsi di questo strumento per riflettere su alcune specifiche componenti della lingua d’arrivo; e altresì sulla loro propria attitudine all’uso proficuo (ai fini di una corretta interazione verbale) di quelle componenti. Nel caso specifico dell’italiano L2, caso da cui questa riflessione di fatto muove, il binomio lingua parlata-lingua scritta, difficilmente scindibile per le ragioni culturali che sono ben note, diventa un nodo intrinseco tra due dimensioni che, di fatto, sono costituenti attive di quella competenza comunicativa reale la quale, se nelle sue forme più tradizionali si estrinseca nel dialogo “faccia a faccia” (per riprendere l’espressione utilizzata da uno degli studenti coinvolti), nondimeno trova nelle forme mediate dalla scrittura occasioni di esercizio, di nuovo sviluppo e di sempre maggiore consapevolezza degli utenti, in nome di quella dimensione educativa della lingua e della riflessione linguistica di cui ormai da tempo è impensabile privarsi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


