In seguito alla scissione di palazzo Barberini del gennaio 1947, i socialdemocratici italiani, riuniti nel Partito socialista dei lavoratori italiani e guidati da Giuseppe Saragat, si impegnarono nella costituzione di uno schieramento politico ‘terzaforzista’, cercando di coinvolgere l’ala sinistra della Democrazia cristiana, le componenti autonomiste del Partito socialista italiano, il Partito repubblicano, il Partito d’Azione e quello della Democrazia e del Lavoro. I risultati di questa iniziativa, tuttavia, furono inferiori alle attese: la strategia del PSLI si scontrò fin da subito con la grave situazione economica e sociale dell’Italia, che vide un peggioramento proprio nel 1947, e con il crescente contrasto fra Stati Uniti d’America e Unione Sovietica. Le vicende del 1947, nel loro incalzante susseguirsi, generarono nel PSLI forti incomprensioni: fra questi motivi di attrito, centrale, ad esempio, fu la questione sull’opportunità di avviare e, poi, di proseguire, la difficile collaborazione governativa con la DC e i liberali. Nel 1947, infatti, gli spazi di azione politica fra le masse operaie e contadine si rivelarono subito assai ridotti a causa di una netta preponderanza della propaganda socialcomunista, alimentata dal mito di un’Unione Sovietica vista come modello per uscire dalla crisi in cui versava l’Italia nell’immediato dopoguerra. I socialdemocratici, peraltro, non riuscirono a conquistare largo consenso neppure fra i ceti medi, a causa del diffuso timore, fra questi ultimi, di un avanzamento del ‘pericolo comunista’. Dopo i primi mesi trascorsi all’opposizione, il PSLI decise, quindi, di giocare, nel dicembre 1947, la carta della collaborazione governativa con la DC. Il varo del piano Marshall rappresentò, poi, un’altra fondamentale ragione che convinse il PSLI ad andare al governo con Alcide De Gasperi e Luigi Einaudi, nell’intento dichiarato – una volta riconosciuta l’inevitabilità della svolta deflazionistica – di contribuire a far sì che l’utilizzo degli aiuti americani venisse programmato e ‘pianificato’, in base a logiche ‘produttivistiche’. Il piano Marshall, secondo i socialdemocratici italiani, avrebbe, poi, favorito la pacificazione e l’integrazione europea, alimentando il sogno di quegli Stati Uniti d’Europa di cui Filippo Turati parlava già alla fine dell’Ottocento.

Dalla scissione di palazzo Barberini al governo. I socialdemocratici italiani dal 'terzaforzismo' al campo occidentale (1947)

Michele Donno
2024-01-01

Abstract

In seguito alla scissione di palazzo Barberini del gennaio 1947, i socialdemocratici italiani, riuniti nel Partito socialista dei lavoratori italiani e guidati da Giuseppe Saragat, si impegnarono nella costituzione di uno schieramento politico ‘terzaforzista’, cercando di coinvolgere l’ala sinistra della Democrazia cristiana, le componenti autonomiste del Partito socialista italiano, il Partito repubblicano, il Partito d’Azione e quello della Democrazia e del Lavoro. I risultati di questa iniziativa, tuttavia, furono inferiori alle attese: la strategia del PSLI si scontrò fin da subito con la grave situazione economica e sociale dell’Italia, che vide un peggioramento proprio nel 1947, e con il crescente contrasto fra Stati Uniti d’America e Unione Sovietica. Le vicende del 1947, nel loro incalzante susseguirsi, generarono nel PSLI forti incomprensioni: fra questi motivi di attrito, centrale, ad esempio, fu la questione sull’opportunità di avviare e, poi, di proseguire, la difficile collaborazione governativa con la DC e i liberali. Nel 1947, infatti, gli spazi di azione politica fra le masse operaie e contadine si rivelarono subito assai ridotti a causa di una netta preponderanza della propaganda socialcomunista, alimentata dal mito di un’Unione Sovietica vista come modello per uscire dalla crisi in cui versava l’Italia nell’immediato dopoguerra. I socialdemocratici, peraltro, non riuscirono a conquistare largo consenso neppure fra i ceti medi, a causa del diffuso timore, fra questi ultimi, di un avanzamento del ‘pericolo comunista’. Dopo i primi mesi trascorsi all’opposizione, il PSLI decise, quindi, di giocare, nel dicembre 1947, la carta della collaborazione governativa con la DC. Il varo del piano Marshall rappresentò, poi, un’altra fondamentale ragione che convinse il PSLI ad andare al governo con Alcide De Gasperi e Luigi Einaudi, nell’intento dichiarato – una volta riconosciuta l’inevitabilità della svolta deflazionistica – di contribuire a far sì che l’utilizzo degli aiuti americani venisse programmato e ‘pianificato’, in base a logiche ‘produttivistiche’. Il piano Marshall, secondo i socialdemocratici italiani, avrebbe, poi, favorito la pacificazione e l’integrazione europea, alimentando il sogno di quegli Stati Uniti d’Europa di cui Filippo Turati parlava già alla fine dell’Ottocento.
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