I casi che verranno analizzati si riferiscono, dunque, a parlanti anglofoni apprendenti di italiano residenti in Italia (e, dunque, in situazione di Ital2): gli apprendenti alle cui esperienze si farà riferimento non sono, in altre parole, turisti o residenti temporanei, ma soggetti stanziati piò o meno stabilmente in Italia, che proprio per questo vengono a contatto con i piccoli, grandi osta- 94 Rossella Abbaticchio coli che derivano dal relazionarsi quotidianamente con una lingua e una cultura differenti da quella di partenza, e con le sue peculiarità comunicative – modalità di interazione in ambito scolastico, lavorativo e commerciale, scambi di convenevoli, ingresso in una conversazione (Merli, Quercioli 2003: https://www.itals.it/prospettive- nellinsegnamento-dellitaliano-discenti-angloamericani). Tutte situazioni, in altre parole, in cui l’entrata in campo di fattori quali il tempo, la cortesia verbale e il non rispetto delle convenzioni contempla il rischio di incidenti, a volte anche rilevanti, nello scambio comunicativo (cfr. Demetrio, Favaro 2004). In questo contesto si inserisce anche la riflessione su un terzo progetto, il progetto PIXI, che ha proposto una sperimentazione didattica in chiave “itinerante” con parlanti anglofoni residenti a diverso titolo in Italia. Preceduta da un breve excursus storico sulla presenza anglofona in Italia, la ripresa di questi case studies si propone dunque, da un lato, di sollecitare una rinnovata riflessione generale sugli strumenti didattici utilizzabili quando si debba sponsorizzare lo studio di una L2 in presenza di una lingua che è una sorta di ‘mostro sacro’ nella comunicazione moderna; dall’altro lato, essa intende ribadire, più nello specifico, l’ampio potenziale di interesse – culturale, socio-pragmatico e comunicativo – suscitato dall’italiano nell’odierno panorama di didattica linguistica; e, dunque, provare a profilare un percorso che, partendo da alcune considerazioni di carattere teorico, e passando poi ad illustrare alcune possibilità concrete di insegnamento dell’italiano a parlanti anglofoni, sfati (o se non altro ridimensioni) il mito secondo cui questi parlanti non avrebbero interesse ad apprendere una lingua seconda o straniera con potenziale comunicativo e spendibilità limitati rispetto a quelli della loro lingua materna.
Insegnare italiano ad apprendenti anglofoni: spunti da due “vecchie vie”
Abbaticchio Rossella
2025-01-01
Abstract
I casi che verranno analizzati si riferiscono, dunque, a parlanti anglofoni apprendenti di italiano residenti in Italia (e, dunque, in situazione di Ital2): gli apprendenti alle cui esperienze si farà riferimento non sono, in altre parole, turisti o residenti temporanei, ma soggetti stanziati piò o meno stabilmente in Italia, che proprio per questo vengono a contatto con i piccoli, grandi osta- 94 Rossella Abbaticchio coli che derivano dal relazionarsi quotidianamente con una lingua e una cultura differenti da quella di partenza, e con le sue peculiarità comunicative – modalità di interazione in ambito scolastico, lavorativo e commerciale, scambi di convenevoli, ingresso in una conversazione (Merli, Quercioli 2003: https://www.itals.it/prospettive- nellinsegnamento-dellitaliano-discenti-angloamericani). Tutte situazioni, in altre parole, in cui l’entrata in campo di fattori quali il tempo, la cortesia verbale e il non rispetto delle convenzioni contempla il rischio di incidenti, a volte anche rilevanti, nello scambio comunicativo (cfr. Demetrio, Favaro 2004). In questo contesto si inserisce anche la riflessione su un terzo progetto, il progetto PIXI, che ha proposto una sperimentazione didattica in chiave “itinerante” con parlanti anglofoni residenti a diverso titolo in Italia. Preceduta da un breve excursus storico sulla presenza anglofona in Italia, la ripresa di questi case studies si propone dunque, da un lato, di sollecitare una rinnovata riflessione generale sugli strumenti didattici utilizzabili quando si debba sponsorizzare lo studio di una L2 in presenza di una lingua che è una sorta di ‘mostro sacro’ nella comunicazione moderna; dall’altro lato, essa intende ribadire, più nello specifico, l’ampio potenziale di interesse – culturale, socio-pragmatico e comunicativo – suscitato dall’italiano nell’odierno panorama di didattica linguistica; e, dunque, provare a profilare un percorso che, partendo da alcune considerazioni di carattere teorico, e passando poi ad illustrare alcune possibilità concrete di insegnamento dell’italiano a parlanti anglofoni, sfati (o se non altro ridimensioni) il mito secondo cui questi parlanti non avrebbero interesse ad apprendere una lingua seconda o straniera con potenziale comunicativo e spendibilità limitati rispetto a quelli della loro lingua materna.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


