Il dibattito politico e scientifico sulle municipalizzazioni, i cui piani tesero a sovrapporsi e che generò la legge del 1903, agitava questioni che richiamavano il rapporto tra Stato e mercato, tra ruolo dell’intervento pubblico e ruolo dell’impresa privata nella fornitura di servizi, principalmente idrici ed energetici, il cui carattere pubblico era oggetto di discussione; e che, una volta accolto, poneva la rilevante questione del finanziamento delle funzioni attribuite ai comuni nell’ambito delle difficili ed agitate condizioni della fiscalità locale. Si comprende come i temi dibattuti rivelino la ricorrenza, o forse la permanenza, per un verso del fondamentale conflitto ideologico tra Stato e mercato e per l’altro del rapporto tra fiscalità statale e comunale. Sul piano storico in quel dibattito si espresse il rapporto tra municipalizzazioni e democrazia, che non può essere limitato agli intenti del socialismo municipale di inizio Novecento, ovvero agli esiti della conquista politica delle amministrazioni locali da parte dei politici socialisti, ma inteso come evidenza di un graduale processo di evoluzione del conflitto politico e sociale, che aveva scosso non solo i grandi centri urbani, da Milano alla Sicilia dei Fasci, verso una nuova forma di partecipazione collettiva alla vita democratica locale attraverso il governo di servizi pubblici essenziali per la vita delle comunità e per i bisogni crescenti delle classi meno abbienti, specialmente nel Mezzogiorno politicamente marginalizzate e fiscalmente vessate. La partecipazione democratica era premessa per una essenziale funzione di controllo sulle scelte ed i risultati dell’azione politica. Il consumatore-contribuente ed il politico-amministratore risultavano coincidenti e coinvolti nel governo economico del municipio, in una concezione cooperativa della democrazia e della finanza pubblica, elaborata originalmente da de Viti de Marco e da cui Giovanni Montemartini avrebbe anche tratto per la sua fondamentale teoria della municipalizzazione. In ciò si manifestava la fiducia nel cammino della democrazia politica e della finanza democratica, ovvero nel processo di progressiva riforma del sistema tributario che doveva tendere alla eliminazione degli squilibri distributivi tra le classi e tra i territori, in cui l’autonomia della finanza comunale da quella statale era intesa come funzionale ad avvicinare il cittadino al processo delle scelte di finanza pubblica.

Municipalizzazioni e finanza democratica: Montemartini e il dibattito sulla legge Giolitti

massimo paradiso
2022-01-01

Abstract

Il dibattito politico e scientifico sulle municipalizzazioni, i cui piani tesero a sovrapporsi e che generò la legge del 1903, agitava questioni che richiamavano il rapporto tra Stato e mercato, tra ruolo dell’intervento pubblico e ruolo dell’impresa privata nella fornitura di servizi, principalmente idrici ed energetici, il cui carattere pubblico era oggetto di discussione; e che, una volta accolto, poneva la rilevante questione del finanziamento delle funzioni attribuite ai comuni nell’ambito delle difficili ed agitate condizioni della fiscalità locale. Si comprende come i temi dibattuti rivelino la ricorrenza, o forse la permanenza, per un verso del fondamentale conflitto ideologico tra Stato e mercato e per l’altro del rapporto tra fiscalità statale e comunale. Sul piano storico in quel dibattito si espresse il rapporto tra municipalizzazioni e democrazia, che non può essere limitato agli intenti del socialismo municipale di inizio Novecento, ovvero agli esiti della conquista politica delle amministrazioni locali da parte dei politici socialisti, ma inteso come evidenza di un graduale processo di evoluzione del conflitto politico e sociale, che aveva scosso non solo i grandi centri urbani, da Milano alla Sicilia dei Fasci, verso una nuova forma di partecipazione collettiva alla vita democratica locale attraverso il governo di servizi pubblici essenziali per la vita delle comunità e per i bisogni crescenti delle classi meno abbienti, specialmente nel Mezzogiorno politicamente marginalizzate e fiscalmente vessate. La partecipazione democratica era premessa per una essenziale funzione di controllo sulle scelte ed i risultati dell’azione politica. Il consumatore-contribuente ed il politico-amministratore risultavano coincidenti e coinvolti nel governo economico del municipio, in una concezione cooperativa della democrazia e della finanza pubblica, elaborata originalmente da de Viti de Marco e da cui Giovanni Montemartini avrebbe anche tratto per la sua fondamentale teoria della municipalizzazione. In ciò si manifestava la fiducia nel cammino della democrazia politica e della finanza democratica, ovvero nel processo di progressiva riforma del sistema tributario che doveva tendere alla eliminazione degli squilibri distributivi tra le classi e tra i territori, in cui l’autonomia della finanza comunale da quella statale era intesa come funzionale ad avvicinare il cittadino al processo delle scelte di finanza pubblica.
2022
9788832908572
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11586/536220
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