La lettura della vicenda del “pane a rendere”, da parte del Consiglio di Stato, nel contorno disciplinare della disposizione (ormai abrogata) dell’art. 62 d.l. n. 1/2012, risulta di particolare rilievo nella misura in cui la Novella del decreto n. 198/2021 ha integrato la fattispecie di slealtà nella lista grigia delle pratiche vietate solo se imposte, riproponendo la complessa questione della prova della negoziazione della clausola di reso. Nella valutazione dell’AGCM, «in una situazione di squilibrio negoziale, una condizione del rapporto commerciale vantaggiosa per il contraente più forte e dannosa per il contraente con minore potere negoziale è un indizio del fatto che tale condizione sia stata ‘subìta’ dalla parte debole e che non via stata nessuna trattativa commerciale». Peraltro, nell’economia complessiva dei rapporti contrattuali, il trasferimento ai panificatori di un rischio tipico dell’attività di distribuzione non risulta giustificato da una ragione diversa dalla forza commerciale della GDO. La capacità dimostrativa del ragionamento presuntivo alla base dei provvedimenti impugnati è contestata dai tribunali amministrativi in riferimento ad una politica commerciale “unitaria” dell’impresa di distribuzione, volta ad imporre ai fornitori la clausola secondo un modello identico. La disomogeneità delle modalità applicative dell’obbligo di reso è ritenuta, cioè, sintomatica di una carenza istruttoria e dell’insussistenza di una strategia aziendale illecita e deliberatamente mirata all’imposizione generalizzata dell’obbligo di reso. Il passaggio argomentativo, che si rivolge alla verifica della complessiva strategia aziendale delle catene di distribuzione, per concludere che non emerge dalle risultanze istruttorie una politica unitaria che corrisponda ad un’identica prassi applicativa, non convince, perché impone requisiti di serialità e apprezzabilità della pratica che non sono elementi costitutivi della fattispecie di slealtà delineata dall’art. 62.
Rapporti contrattuali della filiera della panificazione e clausole di reso. La prova della slealtà al vaglio del Consiglio di Stato
GENOVESE
2024-01-01
Abstract
La lettura della vicenda del “pane a rendere”, da parte del Consiglio di Stato, nel contorno disciplinare della disposizione (ormai abrogata) dell’art. 62 d.l. n. 1/2012, risulta di particolare rilievo nella misura in cui la Novella del decreto n. 198/2021 ha integrato la fattispecie di slealtà nella lista grigia delle pratiche vietate solo se imposte, riproponendo la complessa questione della prova della negoziazione della clausola di reso. Nella valutazione dell’AGCM, «in una situazione di squilibrio negoziale, una condizione del rapporto commerciale vantaggiosa per il contraente più forte e dannosa per il contraente con minore potere negoziale è un indizio del fatto che tale condizione sia stata ‘subìta’ dalla parte debole e che non via stata nessuna trattativa commerciale». Peraltro, nell’economia complessiva dei rapporti contrattuali, il trasferimento ai panificatori di un rischio tipico dell’attività di distribuzione non risulta giustificato da una ragione diversa dalla forza commerciale della GDO. La capacità dimostrativa del ragionamento presuntivo alla base dei provvedimenti impugnati è contestata dai tribunali amministrativi in riferimento ad una politica commerciale “unitaria” dell’impresa di distribuzione, volta ad imporre ai fornitori la clausola secondo un modello identico. La disomogeneità delle modalità applicative dell’obbligo di reso è ritenuta, cioè, sintomatica di una carenza istruttoria e dell’insussistenza di una strategia aziendale illecita e deliberatamente mirata all’imposizione generalizzata dell’obbligo di reso. Il passaggio argomentativo, che si rivolge alla verifica della complessiva strategia aziendale delle catene di distribuzione, per concludere che non emerge dalle risultanze istruttorie una politica unitaria che corrisponda ad un’identica prassi applicativa, non convince, perché impone requisiti di serialità e apprezzabilità della pratica che non sono elementi costitutivi della fattispecie di slealtà delineata dall’art. 62.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


