Il contributo intende ricostruire l'impatto del principio di autodeterminazione nazionale elaborato dal presidente degli Stati Uniti, Thomas Woodrow Wilson, sulle aspirazioni dei movimenti nazionali dei paesi del Medio Oriente. In quella regione, tali ambizioni dovevano scontrarsi con le mire imperialistiche delle potenze europee vincitrici del primo conflitto mondiale, pronte a dividersi i territori asiatici dell'Impero ottomano, visto come il “grande malato d'Europa” e già privato di gran parte dei territori europei nei Balcani e dell'Africa del nord. I principi dell'internazionalismo progressista wilsoniano, espressi nei suoi «Quattordici Punti» pronunciati durante un discorso tenuto davanti al Congresso l'8 gennaio 1918, si scontrarono, infatti, nel corso delle sedute della conferenza per la pace di Parigi, che iniziò i suoi lavori nel gennaio del 1919, con i metodi della diplomazia segreta da parte delle potenze europee vincitrici del conflitto. Queste avevano già definito le rispettive sfere d'influenza sui territori asiatici dell'Impero ottomano: con l'accordo Sykes-Picot prima, siglato nel gennaio 1916 da Francia e Gran Bretagna, e con gli accordi di San Giovanni di Moriana poi, che definiva la zona di occupazione dell'Italia nella penisola anatolica. L'indebolimento della posizione di Wilson, che non riuscì a far assumere agli Stati Uniti la responsabilità di un mandato in Anatolia (su Costantinopoli, sugli Stretti o sulla complessa e penosa situazione dell'Armenia) e che fallì la mediazione tra Francia e Gran Bretagna sulla Siria per mezzo della commissione King-Crane, aprì la strada al suo declino politico. Il presidente statunitense si vide respingere dal Senato, a maggioranza repubblicana, la ratifica del trattato di Versailles e l'ingresso degli Stati Uniti nella Società delle Nazioni. I movimenti nazionali – o nazionalisti – nei paesi del Medio Oriente rimangono orfani, così, dell'internazionalismo wilsoniano. Essi prendono una piega quasi anti-europea. Ne sono prove la nuova Turchia di Mustafa Kemal Atatürk, nata dalla guerra contro le potenze occupanti l'Anatolia (Francia, Grecia, Italia); l'Egitto del movimento Wafd («Delegazione») di Sa'd Zaghlul; l'Afghanistan di Amanullah e la Persia di Reza Khan Pahlavi. In Turchia, in Persia e in Afghanistan, vale a dire i tre paesi del Medio Oriente che Gran Bretagna e Russia si erano contesi per più di un secolo nell'ambito del Grande Gioco, tre nuovi governi avevano sottoscritto, come primissimi atti in politica estera, accordi con la Russia comunista. Era una minaccia nuova per le posizioni delle potenze coloniali europee in Medio Oriente, che dimostravano, forse, un dato importante per tutto il mondo occidentale. Il fallimento dell'internazionalismo wilsoniano non aveva favorito le vecchie potenze europee, che avevano combattuto un conflitto mondiale per sottrarre all'Impero ottomano l'egemonia sul Medio Oriente. Aveva, piuttosto, orientato quelle classi dirigenti in ascesa e che non avevano trovato soddisfazione alle loro aspirazioni nazionaliste e indipendentiste nella conferenza per la pace di Parigi verso l'altra ideologia internazionalista dell'epoca: quella bolscevica.
L'autodeterminazione nazionale extraeuropea:nazione e ordine postbellico in Medio Oriente
Federico Imperato
2022-01-01
Abstract
Il contributo intende ricostruire l'impatto del principio di autodeterminazione nazionale elaborato dal presidente degli Stati Uniti, Thomas Woodrow Wilson, sulle aspirazioni dei movimenti nazionali dei paesi del Medio Oriente. In quella regione, tali ambizioni dovevano scontrarsi con le mire imperialistiche delle potenze europee vincitrici del primo conflitto mondiale, pronte a dividersi i territori asiatici dell'Impero ottomano, visto come il “grande malato d'Europa” e già privato di gran parte dei territori europei nei Balcani e dell'Africa del nord. I principi dell'internazionalismo progressista wilsoniano, espressi nei suoi «Quattordici Punti» pronunciati durante un discorso tenuto davanti al Congresso l'8 gennaio 1918, si scontrarono, infatti, nel corso delle sedute della conferenza per la pace di Parigi, che iniziò i suoi lavori nel gennaio del 1919, con i metodi della diplomazia segreta da parte delle potenze europee vincitrici del conflitto. Queste avevano già definito le rispettive sfere d'influenza sui territori asiatici dell'Impero ottomano: con l'accordo Sykes-Picot prima, siglato nel gennaio 1916 da Francia e Gran Bretagna, e con gli accordi di San Giovanni di Moriana poi, che definiva la zona di occupazione dell'Italia nella penisola anatolica. L'indebolimento della posizione di Wilson, che non riuscì a far assumere agli Stati Uniti la responsabilità di un mandato in Anatolia (su Costantinopoli, sugli Stretti o sulla complessa e penosa situazione dell'Armenia) e che fallì la mediazione tra Francia e Gran Bretagna sulla Siria per mezzo della commissione King-Crane, aprì la strada al suo declino politico. Il presidente statunitense si vide respingere dal Senato, a maggioranza repubblicana, la ratifica del trattato di Versailles e l'ingresso degli Stati Uniti nella Società delle Nazioni. I movimenti nazionali – o nazionalisti – nei paesi del Medio Oriente rimangono orfani, così, dell'internazionalismo wilsoniano. Essi prendono una piega quasi anti-europea. Ne sono prove la nuova Turchia di Mustafa Kemal Atatürk, nata dalla guerra contro le potenze occupanti l'Anatolia (Francia, Grecia, Italia); l'Egitto del movimento Wafd («Delegazione») di Sa'd Zaghlul; l'Afghanistan di Amanullah e la Persia di Reza Khan Pahlavi. In Turchia, in Persia e in Afghanistan, vale a dire i tre paesi del Medio Oriente che Gran Bretagna e Russia si erano contesi per più di un secolo nell'ambito del Grande Gioco, tre nuovi governi avevano sottoscritto, come primissimi atti in politica estera, accordi con la Russia comunista. Era una minaccia nuova per le posizioni delle potenze coloniali europee in Medio Oriente, che dimostravano, forse, un dato importante per tutto il mondo occidentale. Il fallimento dell'internazionalismo wilsoniano non aveva favorito le vecchie potenze europee, che avevano combattuto un conflitto mondiale per sottrarre all'Impero ottomano l'egemonia sul Medio Oriente. Aveva, piuttosto, orientato quelle classi dirigenti in ascesa e che non avevano trovato soddisfazione alle loro aspirazioni nazionaliste e indipendentiste nella conferenza per la pace di Parigi verso l'altra ideologia internazionalista dell'epoca: quella bolscevica.File | Dimensione | Formato | |
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