Ontofenomenicità e tutela del soggetto debole all’interno della famiglia, in Europa. ERNESTO CIANCIOLA* Che all’interno della società e dell’Europa in particolare, sia mutato qualcosa e ancora qualcosa stia mutando, soprattutto per quel che attiene la famiglia e i complessi rap-porti al suo interno, traspare ed è sotto i nostri occhi1. Le ragioni di questo fenomeno hanno possibili e differenti giustificazioni a seconda di come si osservi il rapporto di coppia e quello tra genitori e figli. Conscio dell’assoluta impossibilità di esaurire l’argomento in poche battute, non vo-lendo dare al tema una impronta sociologica o antropologica2, mi sentirei di iniziare questa breve riflessione, affermando che le mutazioni nella società contemporanea in tema di famiglia, coppia, matrimonio e degli articolati rapporti che si istaurano al loro interno, possono trovare una loro origine (raffrontandoli con il passato prossimo) sui radicali cambiamenti che si sono verificati all’interno dell’uomo e, in special modo, al diverso modo di intendere (da parte di molti, ovviamente e non di tutti!), quello che è alla base delle unioni tra soggetti (di sesso differente, in prevalenza) e che va sotto il nome di AMORE3. Ovviamente, il richiamo alle norme europee come a quelle del diritto interno, servirà per ancorare il thema agli schemi comportamentali tipici del diritto contemporaneo. E mi limiterò4 a delimitare il campo solamente a quello che è l’ambito della tutela del soggetto (più) debole all’interno di un rapporto di coniugio (che, per le più disparate ragioni, possa disgregarsi) evidenziando le defaillance e le prospettive legislative che ritengo le più adeguate, a tutela della persona umana, nel più generale ambito dei rap-porti/diritti umani. * Professore incaricato di Informatica Giuridica presso l’Università degli Studi di Bari, Corso di Laurea in Informatica e Comu-nicazione Digitale 1 Il presente lavoro costituisce l’elaborazione scritta della conferenza tenuta all’Università di Białystok, Facoltà di Legge, il 27 novembre 2004, nell’ambito del convegno avente ad oggetto La famiglia e la società di ieri e di oggi. 2 Pur riconoscendo che studi con tale metodologia si appalesano necessari soprattutto per comprendere e recepire appieno il fenomeno della immigrazione e dello scambio culturale continuo e in atto tra popolazioni tra loro simili o differenti. 3 In fondo il precetto biblico dell’Ama il prossimo tuo come te stesso è e resta alla base della vita minima di relazione interpersonale e soggettiva che l’uomo avverte come esigenza e regola etica. Qui, quindi, il termine va inteso nella sua accezione più ampia. 4 In quanto gli aspetti storici o quelli tributari o quelli attinenti i minori non costituiscono l’ambito della presente riflessione, pur avendo indubbi momenti di relazione e interconnessione. 2 2 Premessa essenziale, ancora, è che il matrimonio e la famiglia sono oggetto di specifi-ca tutela a livello internazionale in quanto disciplinanti diritti umani tra quelli più spe-cifici a relazionare l’uomo e a collocarlo nella società civile. Non si dimentichi l’art. 12 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali5, che recita: “A partire dall’età maritale, l’uomo e la don-na hanno diritto di sposarsi e di formare una famiglia, secondo le leggi nazionali che regolano l’esercizio di questo diritto”. Ma il presupposto di ogni e qualsivoglia ragionamento è l’uomo, l’essere uomo. Un soggetto complesso, particolare, molto comune… ma unico, dotato di fisicità e razio-nalità, spiritualità, capace di far esplodere, dalla sua mente, grandi emozioni e sensa-zioni e incidere, energicamente, energeticamente anche sugli altri; su altri corpi, altre menti, terze alla sua esistenza. E, quindi, di porre in essere tutta una serie di azioni che vanno al di là, spesse volte, del suo stesso semplice, umano sentire, vole-re…L’eterogenesi dei fini, come si dice, appunto. Incognita indispensabile per capire le azioni umane tutte e sempre finalizzate, come afferma Aristotele all’inizio della sua Etica Nicomachea, al bene. In parole semplici, occorre iniziare dall’uomo, dal capire cosa sia6, come sia e come operi7, sì che si potrà ben intendere e valutare sia la condizione attuale della copertura legislativa sul tema, che le implicazioni future che coinvolgeranno un essere umano relazionato con se stesso e con il mondo. Solo comprendendo in pieno quella grande sfera luminosa e nouminosa che lo contorna e che egli esterna, che lo relaziona agli al-tri (perché riconosce, dapprima in se stesso, tutto quel che gli necessita per vivere giu-ridicamente e che va sotto i diversi modi di intendere la pretesa, i diritti, i doveri, gli obblighi, eccetera), alle sue capacità8, si potrà procedere lungo la strada che discipli-na i rapporti più complessi che l’uomo ha e che lo portano a essere una cellula della società nella quale è destinato a vivere. Tendere alla vera vita, con e per l’altro, all’interno di istituzioni giuste, è quello che sostiene Paul Ricoeur nel suo Sé come un altro9, nella visione dell’Io relazionato con gli altri, nella prospettiva etica della vita. La ipseità non intesa come egoismo, accen-tramento nell’Io, ma come consapevolezza d’un valore universale che mi consente di ri-conoscermi negli altri per stimarmi e stimare di più gli altri-da-me. 5 Firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del successivo Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952. 6 “Conoscitore,conoscere,conosciuto formano un’unità che esiste ma non possiede un autentico essere atemporale e aspaziale: questo è tuttavia il suo fondamento e si intuisce intellettualmente.”; così inizia Elémire Zolla il suo La filosofia perenne. L’incontro fra le tradizioni d’Oriente e d’Occidente, Mondadori, Milano 1999. Un viaggio nella mente naturale dell’uomo che lo porta a sincretizzare filosofie, storie, religioni e momenti letterari in modo pregevole credendo nella diversità degli uomini ma nella loro universalità unificante. 7 I tre interrogativi kantiani, insomma. 8 Intese nel senso di Merleau-Ponty dell’io posso, da intendersi, però,non solo sul piano fisico, ma anche sul quello etico. 9 Editoriale Jaca Book, Milano, 1996, con la traduzione di Daniella Iannotta. 3 3 E tutto ciò avviene in misura considerevole nella vita coniugale là dove la reciprocità, l’amore, l’aver cura10, il donarsi, eccetera, sono alla base della volontà di vivere in-sieme, in comune, la grande avventura della vita, per dar corpo a una famiglia11. E tutto questo è stato,da sempre, oggetto di attenzione delle diverse scienze umane12 per carpirne ora il senso sacro della unione, ora la passionalità che lo anima, ora i ri-svolti morali, ora quelli giuridici necessari per tutelare tutto quanto potesse provenire da una situazione giuridica particolare13, ma al tempo stesso complessa e ricca di tante individualità14. Nel quotidiano (anche giuridico15) ci sono almeno due volontà16 che si incontrano, si scontrano, si incrociano, si prendono e poi si lasciano. Per poi, forse, ritrovarsi. La famiglia è, in fondo, un luogo di ritrovo di individualità con reciproci intenti di convivenza e di rispetto proprio, dell’altro, degli altri, anche e soprattutto in virtù del 10 Per Sergio Cotta (Il diritto nell’esistenza. Linee di ontofenomenologia giuridica, Giuffrè, Milano 1991, pagg. 122 e sgg.) è il principio costitutivo della famiglia (su ciò, infra), intesa come forma coestistenziale integrativo-escludente (il terzo). Forma di vita dell’io in relazione con l’altro (insieme all’amicizia e alla politica) che segna il confine con quelle integrativo-includenti che sono rappresentate dal gioco, dal diritto e dalla carità. 11 Il termine, nel corso dei secoli, ha avuto connotazioni diverse per differenti modi di intendere l’unione di/tra più soggetti uniti tra loro da un determinato vincolo e per farne oggetto di tutela giuridica o fonte di diritti, doveri ed obblighi. Basti pensare alle diverse accezioni del diritto romano. Sul punto, Vincenzo Arangio-Ruiz, Istituzioni di diritto romano, Jovene, Napoli, 1987, pagg. 426 e sgg. 12 L’antropologia, ad esempio, disvela le usanze tra popolazioni differenti circa il matrimonio, l’unione fisica, le abitudini e apre scenari di riflessione davvero interessanti. Come quello descritto da Luc Richard nel suo Viaggio nella Cina proibita, Tea, Milano, 2004, sul matriarcato della popolazione Na. 13 È noto che la nostra Costituzione, all’art. 29, non fornisce una definizione di matrimonio e si limita a dare solo quella di famiglia: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”. Seguono altri articoli sui diritti e obblighi dei genitori e sulle agevolazioni economiche per la famiglia e, più in generale, sulla maternità e l’infanzia. 14 Nella lingua latina i figli si appellavano liberi, in contrapposizioni agli schiavi. Ma sempre “nella uniforme sottoposizione alla volontà del capo. Il fatto che ai servi, i figli siano contrapposti con la caratteristica denominazione di liberi, non esprime già una profonda differenza che sia in atto fra gli uni e gli altri, dal punto di vista del diritto privato; ma vale piuttosto a mettere in luce l’antitesi fra il carattere permanente della condizione di schiavo e la normale transitorietà del vincolo di soggezione domestica che stringe i figli al padre.”, V. Arangio-Ruiz, Istituzioni…, op. ult. cit., pagg. 426 – 427... Il che la dice lunga sulla concezione degli effettivi rapporti genitoriali verso i figli e sulla libertà effettiva che è entrata nel nostro patrimonio genetico come possibilità di estrinsecare la propria volontà nel modo più ampio, soltanto da poco tempo e solamente in alcune parti del mondo occidentale! Questa riflessione va tenuta per ferma per comprendere meglio i mutamenti che si stanno verificando nella nostra società globalizzata attuale in un ambito molto particolare:quello dei rapporti affettivi e familiari in senso lato.Quando a disciplinare una relazione complessa e sensibile insieme, come l’amore e l’affetto tra più soggetti, occorre l’intervento di una norma giuridica, siamo già nella patologia ed è finito quel momento tutto umano di un qualcosa di particolare come la tenerezza e il bene. 15 B. Romano, Il riconoscimento come relazione giuridica fondamentale, Roma, 1986. 16 Alla base di ogni nostra azione vi è, vi deve essere un libero volere, un ricercarne la finalità ponendovi fondamenti razionali. Dove questo non ci sia, non potremmo mai avere una scelta determinata sulla quale far ricadere effetti giuridici e morali. Libertà si coniuga con volontà. 4 4 riconoscimento, in chi mi sta di fronte17, di quel principio unico e sacro che ognuno ha. I diritti (e i doveri!), storicamente, vengono dopo; sono un posterius18 perché vengono scoperti prima dalla ragione e poi la società si limita a riconoscerli. Qui il senso della istituzione come la intende Ricoeur!19. Sacralità e normazione, da sempre, sono unite tra loro da un filo sottilissimo, ma tena-ce, che le lega; non soltanto per la loro qualità di essere ontologicamente costitutive dell’uomo, ma perché, insieme, costruiscono il percorso che l’uomo deve compiere verso un fine metastorico e universale. Se si analizza la società attuale, rispetto a un passato anche recente, guardando la real-tà coi nostri occhi, da gente comune, usando la ragionevolezza oltre che la ragione, cercando di attenuare la miopia (che ci spinge guardare sempre più in noi stessi) o la presbiopia (che ci spinge a non vedere bene quel che abbiamo proprio sotto il nostro sguardo)20, ci accorgeremmo che si comincia a delineare, da qualche tempo, in consi-derazione di tanti cambiamenti che sono in noi e intorno a noi, un apparente iato tra l’idea di matrimonio e quella di famiglia. Quasi che le due idee possano essere scisse tra loro. In realtà questo accade per pura convenienza ed egoismo. Il problema è altrove, se-condo me. Le crisi all’interno degli istituti testé richiamati, e per le quali le legislazioni prendono atto e tentano di porvi rimedio (ad esempio perseguendo in Paesi membri colui o colei che si sottrae a obblighi alimentari e di altra natura) nascono da un differente modo di distinguere il matrimonio (inteso per lo più come mera unione21) e la famiglia (intesa 17 Nei Vangeli, quando il Cristo fu condotto dinanzi Ponzio Pilato e questi gli chiese Quid est Veritas, sono concordi nell’affermare che tacet. I Medievalisti si chiesero il perché di tanto e lo scoprirono nell’anagramma della frase: Est Vir qui adest. L’Uomo (ma, direi, qualunque uomo) che gli stava di fronte era la Verità. E per noi, chiunque ci stia di fronte, accanto, davanti è quell’Altro da me che sono sempre Io: quel momento di universale e infinito racchiuso dentro una maschera (persona) di carne. 18 “…per diritto non alludo ad una qualsiasi realtà ordinamentale positiva, ma all’universale fondamento di qualsiasi forma ordinamentale, cioè a quella specifica forma di coesistenza, che a partire dal riconoscimento della parità ontologica dei soggetti, li costituisce in un universo relazionale privo – potenzialmente – di qualsiasi forma di esclusione. La dimensione positivo-normativa del diritto (che è a suo modo e per motivi che qui non è il caso di ricordare, indispensabile e irrinunciabile) è un posterius; è, per essere più precisi, la concretizzazione storico-fenomenica di una dimensione strutturale dell’esistere”, F. D’ Agostino, Per una filosofia…, op. cit. pagg. 64-65. 19 “ Per istituzione, intenderemo qui la struttura del vivere insieme di una comunità storica - popolo, nazione, religione, eccetera -, struttura irriducibile alle relazioni interpersonali e, tuttavia, ad esse collegata in un senso degno di nota, chela nozione di distribuzione permetterà di chiarire. L’idea di istituzione si caratterizza fondamentalmente attraverso costumi comuni e non attraverso regole coercitive. Siamo con ciò ricondotti all’éthos, da cui l’etica trae il suo nome. Un modo felice di sottolineare il primato etico del vivere insieme sui vincoli connessi ai sistemi giuridici e all’organizzazione politica, è quello di sottolineare, come fa Hannah Arendt, lo scarto che separa il potere-in-comune dal dominio.” P. Ricoeur, Sé come altro, op. cit., pagg. 290-291. 20 Secondo l’origine della malattie per la filosofia/medicina orientale. 21 Da qui l’idea che possano legalizzarsi matrimoni tra persone dello stesso sesso. 5 5 come complesso di persone, affetti, idee, interessi e, soprattutto, figli). Non più colle-gando i concetti ma, appunto, scindendoli per ragioni di mera convenienza Che intorno ci sia un mondo mutato rispetto al passato, è una verità semplice, banale. Il problema è che le trasformazioni oggi avvengono in successione di tempo più ri-stretto e si pongono alla attenzione comune sotto angolazioni particolari. Stessi ambiti, come la soggettività e la intersoggettività, sono vissuti in modo nuovo e differente da paese a paese, a seconda delle singole situazioni culturali, sociali, politi-che ed economiche. E questo comporta soluzioni diverse che si tenta di armonizzare. Penso alla immensa solitudine creata dal mondo informatico e virtuale nel quale sia-mo immersi22, alla pioggia di informazioni, allo scompaginamento mentale quando ci si accosti alle nuove tecnologie23; o alla insicurezza e alla mancanza di certezze, di ga-ranzie, delle quali parla Zygmunt Bauman nel suo La solitudine del cittadino globale24 e che sono da condividersi per la acutezza della analisi e le indagini complete. In un altro lavoro25 ho definito il cittadino attuale come homo digitalis che ha, come caratteristiche peculiari: la solitudine, il silenzio e la disperazione. È questo tipo di homo novus che sta dando origine a unioni, coppie, matrimoni e fa-miglie. E sul quale la legislazione interviene a tutela dei suoi diritti violati. E mai come oggi non potrà che esservi una sinergia osservazionale sull’essere da par-te di tutte le scienze che di lui si occupano e alle quali accennavo poco sopra. La filo-sofia, l’antropologia, la sociologia, la morale, la religione, il diritto, la psicologia, la psicanalisi, eccetera, ognuna di queste branche ha da dire la sua su questo momento importante che stiamo vivendo e offrire un ventaglio di soluzioni possibili. Su l’uomo e la sua volontà di unirsi a un altro essere per dare vita a un qualcosa di di-verso da sé e dall’altro. Un sé più un altro, potrei affermare, con una soluzione certa: l’origine di un’altra vita diversa da quelle che l’hanno generata. Poi vi sarà solo la legittimazione, il riconoscimento, attraverso la legge, dell’unione cui avranno dato vita. E a questo punto non si può accantonare il complesso problema delle coppie di fatto. È una realtà innegabile e molti paesi stanno cercando di trovare una soluzione possibi-le26 in funzione di regolare i rapporti da loro nascenti e tentare una tutela della parte più debole (secondo la tradizione del common law) 22 I nostri lavori si fanno per lo più in solitudine, davanti a un PC dove ritroviamo tutto quel che vogliamo:informazione, divertimento, contatto con gli altri, musica. Ma il più delle volte agiamo e operiamo in perfetto silenzio. La nostra voce, quel degli altri, ha un vago ricordo nel tempo. E questo muta le persone e le personalità. 23 Categorie come spazio e tempo, territorialità, contatto fisico, certezza dell’altro, apparenza, falsità, verità, sono in discussione ogni qual volta ci accingiamo a navigare in internet o a servirci di esso per scopi commerciali e legali. 24 Feltrinelli, Milano 2002. 25 Che compare nella stessa pubblicazione, in occasione di una lezione tenuta all’Università di Olsztyn, Facoltà di Scienze Politiche ed avente a oggetto una dissertazione sui minimi etici nell’era digitale. 26 Si pensi ai Pacs (Pacte civil de solidarité) della Francia, approvati con la legge 944 del 13 ottobre 1999, con i quali una coppia (ma lì non viene specificato se etero od omo sessuale) si impegna a darsi assistenza reciproca. In dottrina si è da più parti 6 6 Nell’affrontare l’argomento, a mio avviso, non è necessario partire immediatamente con uno sfavor (morale) nei confronti dei protagonisti, quanto, piuttosto, da una ipote-si di aiuto e soluzione ai problemi giuridici sorgenti dalla unione (circa le responsabi-lità, ad esempio e la possibilità di stipulare contratti con effetti comuni, congiunti o solo sull’altro) e ai risvolti successivi, nel caso di cessazione della convivenza. Anche lì, infatti, vi sarà pur sempre un soggetto debole. Il recupero morale potrà avvenire in un momento successivo, con l’ausilio di altre forze concorrenti al loro recupero. Nuove esigenze in una nuova società dove sono, forse, apparenti le contraddizioni27 che, però, vanno stemperandosi alla luce, proprio, della ragionevolezza cui accenna-vo28. La giustificazione più plausibile è che vi debba un ritorno a quel minimo etico tradi-zionale, ma soprattutto razionale, tipico delle culture intrise e tendenti a valori univer-sali e assoluti che permeano di etica il diritto. L’Europa è attenta al problema. Basti leggere il preambolo alla nuova Costituzione. Per una sorta di habitus culturale, morale, religioso, storico, si è portati a tener uniti i due termini (matrimonio e famiglia)29; ma ora li si considera in modo diverso, come investiti da una luce dei tempi diversa che getta ombre nuove. Per me l’idea centrale, il perno di ogni futura discussione, anche legislativa, dovrebbe essere, in prima battuta, l’unione nel/per il matrimonio, da intendersi come la forma prima (e più semplice), naturale, esistente nel gran corpo sociale, di dar vita a un ali-quid novi che partecipi delle nature iniziali, ma che diventi, di per sé, un tertium di-verso che, a sua volta, si potrà unire a altre cellule e così via… Un triadico processo sostenuto che la legge istitutiva del Pacs presenti ambiguità in quanto il pacte, dietro l'apparenza d’una veste contrattuale, celerebbe problematiche di tipo familiare che lo farebbero apparire come una soluzione alternativa al matrimonio.Tuttavia, il Conseil Constitutionel è stato chiaro in proposito, sottolineando la natura esclusivamente contrattuale del Pacs ( " le pacte civil de solidarietè est un contrat ètranger au mariage " ) e precisando che la sua conclusione non modifica lo stato civile delle parti. Sul punto, Chiara Minasso, Il patto civile di solidarietà e la situazione italiana, nella rivista on line Diritto & Diritti (www.diritto.it).- 27 L’Europa è unita nella diversità, come recita il Preambolo alla Costituzione Europea. 28 Penso alla legislazione italiana pungolata dalla giurisprudenza innovativa che si muove nell’ottica di tutelare il soggetto che si sottrae ad obblighi minimi di aiuto materiale verso l’altro/a e la prole nonché il diritto a un risarcimento nascente per coloro che sopravvivono alla morte di chi gli sia stato vicino, se pur in rapporto di convivenza, di fatto, quindi. Una prova di come gli ordinamenti si stiano movendo per salvaguardare le posizioni di fatto che diventano giuridiche alla luce del riconoscimento di diritti minimi esistenziali che la razionalità percepisce prima e che il diritto converte, dopo, in formule valide per tutti i consociati. L’ex facto oritur jus, insomma, mai sopito e sempre attuale (si pensi ai fenomeni nascenti su internet…) 29 Un segnale di parziale rinnovamento nella Carta dei diritti della famiglia che la Santa Sede ha emanato il 22 ottobre 1983. “Un documento in cui la critica (oggi dominante) alla concezione individualistico-borghese della famiglia, non è condotta in nome di un auspicato ritorno a vecchi modelli patriarcali, ma nella prospettiva di un nuovo ordine familiare, al quale sia affidata la possibilità di una esistenza umana non alienata, Francesco D’Agostino, Una filosofia della famiglia, Giuffrè, Milano, 1999, pag.8. 7 7 hegeliano, tutto sommato, nel quale, però, restino ferme le individualità, intese, anche, come complesso autonomo di diritti e pretese30, oltre che di spiritualità ed essenzialità. Non si tratta, pertanto, di mero evoluzionismo sociale. Le cellule delle quali parlo, hanno al loro interno una razionalità, una mente, una spi-ritualità, che le rende uniche e particolari: irripetibili e universali ma che, a volte, ri-tornano ad essere sole, per un accidens del destino ma che, non avendo mai perduto la singolarità, la particolarità, la natura superiore, la forza, l’energia, ritornano a rifulgere e a unirsi ad altre, anche in altre forme. Le istituzioni, quindi, dovrebbero prima darsi regole comuni ed omogenee per fron-teggiare la naturale esigenza della vita di coppia disciplinata dalle regole del matrimo-nio e poi aprirsi a regolamentare altre forme di convivenza mantenendo per ferma, pe-rò, la tutela del matrimonio. Tutte queste forme, però, ben possono dare origine a una famiglia attraverso il conce-pimento di figli e/o la possibilità di adottare creature. Perché il problema kantiano o nietzschiano della solitudine e della fine31, si scontra con il gran mare della vita, brodo primordiale salmastro e perenne, nel quale siamo costantemente immersi! Quindi: l’incontro con altre vite, con altri vissuti, con altri es-seri. Con altre solitudini. E sempre in equilibrio instabile appare quel Sé,heideggerianamente inteso,come continua appartenenza propria verso se stessi (l’essere sempre mio e degno di stima). Ciò che spinge a rimanere su e che dà consistenza all’acqua, per il naturale galleggia-mento dell’uomo, è il diritto! Gli ordinamenti giuridici servono a regolare la convivenza tra soggetti che oggi, più che mai, si differenziano tra di loro per etnie, culture, religioni, costumi, morali e u-sanze diverse ma che si incontrano con sempre maggiore frequenza. Venendo a inte-ragire e a combinarsi in modo più rapido e penetrante che nel passato anche prossimo. La globalizzazione è anche questo. Di questo nuovo fenomeno, se ne prende coscienza e conoscenza non appena desti, senza neanche uscire di casa! Basta accendere un personal computer; poi, andando fuori, sul lavoro, per strada, su internet, si entra nel nuovo e grande mondo dei contat-ti, anche virtuali, che se pur a-spaziali e a-temporali32, incidono pesantemente sul no-stro modo di vivere e modificano anche la maniera di pensare. La classificazione dei ricordo avviene per files! L’intreccio di vite con vite (per dirla con Capograssi) si è estesa a dismisura! È dive-nuta una mescolanza di vita con vita. E ci si accorge, allora, che quella primigenia aggregazione di unità biologiche che è il matrimonio dà inizio a una terza e che, accanto al problema della nascita d’una fami- 30 Sul punto rinvio alle belle e preziose pagine di Sergio Cotta, Il diritto nell’esistenza…, op. cit., pagg. 49 e sgg. .- 31 Quello che ogni essere umano tenta di superare unendosi all’altro, sperando di trovarvi un altro da/come sé! 32 Sono due peculiarità (e conseguenze) del nuovo modo di comunicare, relazionarsi, stipulare contratti, compiere azioni (anche delittuose). 8 8 glia, vi è, nella porta della casa accanto, quello della nascita d’una pluralità di famiglie (si pensi alla incidenza e diffusione della cultura islamica). E tutto questo viene ad incidere nella nostra vita, ma anche nel nostro ordinamento33. Ecco, allora, che il matrimonio, diventa la prima unione finalizzata a…: a dar vita nel tempo a una terza vita, a essere un centro di affari nei quali l’interesse economico venga in parte subordinato ad altri aspetti (la fiducia nel partner è cosa ben diversa dal naturale sospetto che si abbia per un socio…), a modularsi per diventare perno di altre famiglie, e così via. Il momento centrale appare la volontà di unirsi basata sull’affectio (e questo dovrebbe restare quanto più tempo sia possibile) tra soggetti di sesso diverso. Per concretizzarsi in una finalità naturale di genesi di vite. Il che, ovviamente, non esclude l’articolato fenomeno delle adozioni, dove la genitorialità è riflessa e successiva. Ma i modelli che il minore avrà accanto e in sè saranno conformi agli archetipi naturali insiti in ogni es-sere e riconosciuti come tali da tutte le culture34. È vero che veniamo da parametri culturali, religiosi, morali, emozionali secondo i quali il matrimonio appare come un’idea sacra, indissolubile ed eterna; ma è altrettan-to vero che la semplice forza d’una grande energia fisica naturale, che per davvero è universale35, eterna36 e della quale l’uomo appare un semplice “conduttore” (parlo dell’Amore), consente di non limitarci nel tempo, di immaginarla proiettata verso l’infinito, e di aspettarci, molto umanamente, che possa terminare. Per poi iniziare sot-to altre forme37. Ma, e sia detto qui con un filo di poesia e di speranza, si resta tutti, sempre, dei con-duttori e questa Energia ci passa attraverso continuamente, in ogni istante e momento di vita. Poi, quando siamo esauriti, non ne riusciamo ad assorbire più, allora… andia-mo direttamente a rifornirci nell’Unica Centrale, al di là del tempo e dello spazio… Tutte le legislazioni europee conoscono e prendono atto della grande valenza e dell’importanza del matrimonio (e delle unioni) e degli obblighi nascenti tra i coniugi prima, e tra loro e i figli, dopo. La societas naturalis così sorta, viene unicamente disciplinata (a seconda delle rispet-tive tradizioni giuridiche) dai singoli ordinamenti ma, è bene ribadirlo, essi non fanno 33 Il problema della pluralità di matrimoni islamici all’interno di un ordinamento che vieti la poligamia, ad esempio. Il confronto/incontro continuo, costante, tra culture e morali differenti che il diritto dovrà (perché deve) armonizzare, gestire, regolare per il bene comune di tutti. Questa è la nuova frontiera del jus! Sul punto, Otfried Höffe, Globalizzazione e diritto penale, Edizioni di Comunità, Torino 2001. 34 Lo Yin e Yang delle filosofie orientali, ad esempio. 35 È in ogni parte, angolo, punto dell’Universo e di ogni possibile Universo… 36 Parte dal Logos e ne costituisce la sua manifestazione prima e somma! Come non pensare a Dante, al quell’Amor che move ‘l Sole e l’altre stelle? 37 Mi piace qui ricordare il bel libro di Roland Barthes, Frammenti di un discorso amoroso, Einaudi, Torino, 1979, per la traduzione di Renzo Guidieri. Un affascinante viaggio, condotto dal semiologo accademico di Francia, all’interno del mondo della amore e dell’innamoramento, architettato secondo un vocabolario, per voci e fraseggi. Dove, alla fine, appare come mai sopita la gran voglia dell’essere umano di essere amato e di amare. Forza propulsiva della vita. 9 9 altro che riconoscerla, come istituto, e tutti i consociati ne sono consapevolmente ob-bligati, secondo quel bel modo di intendere l’obbedienza alle leggi che va sotto il no-me di Socionomia, per dirla con Sergio Cotta; né autonomia (tipica della morale) né eteronomia (tipica di un diritto imposto), ma nascita d’un diritto funzionale all’essere per realizzare le sue finalità (universali), oltre che la sua socialità. Con una obbedienza che egli sente, al suo interno, come già esistente nella sua coscienza, scoperta dalla au-tocoscienza, ancor prima della imposizione della norma. Un dovere giuridico che la razionalità riconosce nel momento di contatto con e per gli altri. Una consapevolezza di dover obbedire per ragione di razionalità e di riconoscimento di universalità comu-ni. L’Io, insomma, presta obbedienza alle leggi perché avverte di doverlo fare per il solo fatto di co/essere, co/esser-ci, co/esistere con gli altri e per gli altri, che sono uguali a lui e pari a lui. L’io e l’altro come Sé, permeati di quel che si vuole (di universalità, spiritualità, ra-zionalità, sentimenti, emozioni, socialità, eccetera) ma immersi in una legge comune che deve governarci per poterci far vivere meglio. Non necessariamente farei riferimento al Nòmos Basileus38. Una ontologia filosofica che deriva dalla naturalità delle leggi che non possono non prevedere, al centro d’ogni cosa, l’uomo, l’essere e che, nel diritto romano, si trova codificato nel jus naturale, presupposto di ogni jus, anche del gentium: alterum non laedere, suum cuique tribuere39. La famiglia è societas naturalis fondata sul matrimonio. Ne parla la Costituzione ita-liana (art. 29) e un po’ tutte le costituzioni e leggi fondamentali dei popoli, per dirla con J. Rawls40. È ben vero che il diritto sorge nelle coscienze, che una naturalis ratio pervade ogni nostro gesto, sentire, muoversi e che (quasi archetipo junghiano) noi avvertiamo l’esistenza doverosa di comandi e di direttive, di ordini e di pretese (lato sensu), cui siamo naturalmente portati ad obbedire per un nostro modo di autoporci nei confronti della società degli uomini, dove l’Io, il mio Sé non può che incontrarsi, incrociarsi, scontrarsi con altri Io, altri Sé (da me)41. L’esistenza del diritto naturale, come esisten-te nella nostra umana razionalità, appare innegabile Il matrimonio è sicuramente un atto dagli indubbi effetti giuridici nel quale giocano due fattori determinanti: lo scopo e un presupposto che appaiono determinanti come elementi di tipicità del rapporto cui danno vita: lo scopo è di dar vita a una unione (proprio nel senso di tendere all’uno: un coniugarsi reciproco) nella quale l’affectio 38 Rinvio al mio Senso della Giustizia, Cacucci, Bari, 1998 e alla bibliografia ivi indicata. 39 E sempre Ricoeur stabilisce la regola etica dell’A ciascuno il suo diritto, come fondante la giustizia intesa come valore universale (P. Ricoeur, Sé come un altro, op. cit. pag. 290 e sgg.). 40 Il diritto dei popoli, Edizioni di Comunità, Torino 2001, a cura di Sebastiano Maffettone; traduzione di Gianpaolo Ferranti e Paola Palminiello. 41 Nel senso sopra descritto. 10 10 costituisce il presupposto determinante. Ed è questo ciò che lega questi esseri per un periodo di tempo e che dà luogo alla famiglia42. Gli obblighi alimentari, quelli di mantenimento, quelli verso i figli hanno una radice profonda nella volontà che i due soggetti hanno posto in essere nel momento stesso nel quale abbiano deciso di unirsi. Un matri/monio dove l’unione abbia per scopo quello di ritrovare in un essere una Mater, e non soltanto una Mater che sia sicuramente Unus/a… A monte: la responsabilità di voler e dover far fronte a tutti quelli che sono i diritti, gli obblighi, i doveri naturali prima e legali dopo verso l’altro43. I diritti e doveri nascenti dal matrimonio sono noti e, proprio perché connessi con la fragilità dell’uomo, posso-no dar vita a quelle patologie delle quali ci stiamo occupando. Ecco perché, per me, l’unione (matrimoniale/legale; ma anche mera la unione di fatto, che viene a concretizzarsi, devono sempre essere basate su una profonda affectio) è il momento di forza a maggior confluenza di diritto, che riconosce quando gli uomini hanno posto in essere volendolo liberamente, per un fine sociale giusto. Le unioni che, di fatto, vengono a realizzarsi, devono comunque avere un riconosci-mento giuridico proprio, quanto agli eventuali effetti che andranno a produrre, in virtù di un principio minimo di tutela dei diritti umani nascenti nella e dalla coppia. È evi-dente che occorrerà chiarire quali siano i diritti e quali i doveri per differenziarli da quelli del matrimonio. Capire se debba intendersi come un contratto puro, valido ed efficace erga omnes (vedi i Pacs francesi) o un accordo di mero fatto da disciplinare per gli effetti/conseguenze giuridici/giuridiche che si vengono a produrre (figli, loca- 42 “Consideriamo la famiglia come una parte della struttura di base perché uno dei suoi ruoli principali è fare da cardine della produzione e riproduzione ordinata della società e della sua cultura, di generazione in generazione. Sappiamo che la società politica è sempre concepita come un sistema di cooperazione sociale che si prolunga indefinitivamente nel tempo; l’idea che vi sia un momento di futuro in cui i suoi affari devono giungere a termine e la società essere sciolta è estranea alla concezione della società politica. Il lavoro riproduttivo è dunque un lavoro socialmente necessario. Accettando di farsene carico,l famiglia si assume il compito centrale di provvedere in modo ragionevole ed efficace all’allevamento e alla cura dei bambini, di assicurare il loro sviluppo morale e di prepararli a partecipare alla cultura della società.” J. Rawls, Il diritto dei popoli, op. cit. pag.209. E poco oltre, aggiunge: “ Perché la ragione pubblica si applichi ad essa, la famiglia deve essere concepita almeno in parte come una questione da affrontare in termini di giustizia politica”, op. ult. cit., pag.210; “Torniamo alla famiglia. L’idea è la stessa: i principi politici non si applicano direttamente alla vita interna della famiglia, la le impongono vincoli essenziali in quanto istituzione e, in tal modo, garantiscono a tutti i suoi membri i diritti e le libertà (liberties) di base, e liberà (freedoms) e opportunità….lo fanno specificando i diritti di base di cittadini uguali che sono membri di famiglie. In quanto parte della struttura di base, la famiglia non può violare queste libertà..”, op. ult. cit., pag. 212. Rawls prosegue la sua analisi sottolineando che una perfetta giustizia sociale la si avrà quando le donne e i bambini avranno una tutela adeguata, sopratutto dal punto di vista assistenziale, sia durante la vita familiare che all’indomani di un divorzio. Dagli asili, alla scuola, al gioco, alla assistenza sanitaria. Discorso assolutamente condivisibile e che la Comunità Europea ha fatto proprio non solo attraverso la recente Costituzione, ma recependo tutte le convenzioni in materia e facendosi promotrice di tutela attraverso le sue corti giurisdizionali. 43 In senso cottiano, si intende: il mio obbligo a obbedire ai dettami della legge nasce nella mia coscienza, naturalmente, per il solo fatto di essere un homo, un individuo razionale; poi il resto è mero adeguamento delle e alle norme che la società mi impone per fini assolutamente contingenti. 11 11 zione immobiliare, acquisto di beni), è questione di diritto interno che, però, resta vin-colante per il cittadino europeo che intenda soggiornarvi nel Paese che abbia adottato un mezzo o un altro44. Ma l’ottica deve essere sempre quella di difendere il più debole. Momento genetico sarà l’affectio, come anche la fiducia/affidamento di un soggetto verso l’altro, con la volontà di poter/dover dar vita (possibilmente) a una famiglia. E in essa nasceranno certamente obblighi (obbligazioni) e pretese. Ma sempre con la distinzione che prece-de. Dal punto di vista normativo, abbastanza di recente, si è tentata una armonizzazione dei diritti dei e nei singoli Stati membri, al fine di poter veder tutelati gli obblighi na-scenti dal matrimonio per quel che attiene, appunto, la prova e l’onere degli alimenti e del mantenimento. Mi riferisco ai Regolamenti CE nn. 1348/2000 del Consiglio del 29 maggio 2000 (in tema di notificazione e comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed e-xtragiudiziari in materia civile o commerciale), 1206/2001 del Consiglio del 28 mag-gio 2001 (in tema di cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle prove in materia civile o commerciale), e 44/2001 del Consiglio del 22 dicembre 2001 (in tema di competenza giurisdizionale, riconosci-mento ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale). Tali regolamenti sono validi solo negli Stati membri e senza bisognosi uno specifico atto di recepimento. Ne deriva una certa qual sicurezza nelle possibilità di esercitare i diritti dei più deboli dinanzi i Tribunali locali, con possibilità di assumere le prove, di ritenerle per valide e di eseguire i provvedimenti sempre nel rispetto, però, dei diritti e delle procedure esi-stenti nei singoli Paesi membri. Qualche richiamo delle norme in proposito chiarirà il discorso. Il decimo considerando del regolamento CE n.1347/2000 limita l’ambito di applica-zione dello stesso ai casi di divorzio,alla separazione personale o all’annullamento del matrimonio. “Il riconoscimento delle decisioni di divorzio e annullamento riguarda soltanto le questioni relative allo scioglimento del vincolo matrimoniale45.il presente regolamento non pregiudica questioni quali la colpa dei coniugi, gli effetti del matri-monio sui rapporti patrimoniali,l’obbligo alimentare o altri provvedimenti accessori ed eventuali, pur se connessi a tali procedimenti”. I considerando successivi specificano meglio l’ambito di applicazione, gli obblighi di adeguamento per le giurisdizioni degli altri stati membri di adeguarsi alle decisioni adottate e consente a quegli Stati che abbiano stipulato accordi particolari con la Santa Sede, di mantenerli fermi onde evitare violazioni ai loro impegni internazionali (c. n.20). L’art. 12 prevede che, in caso di urgenza, “le disposizioni del presente regolamento non ostano a che i giudici di uno Stato membro adottino i provvedimenti provvisori o 44 Escamotages del tipo: divento islamico e mi sposo tre volte o cittadino francese e aderisco ai Pacs, mi sembrerebbe un artificio giuridico che non avrebbe una lunga durata…. Sarebbe viziato, oltre tutto. 45 E, quindi, esclude una sua applicabilità, anche in chiave analogica, alle altre formazioni di unione. 12 12 cautelari previsti dalla legge interna relativamente alle persone presenti nello Stato stesso o ai beni in questo situati, anche se, a norma del presente regolamento, la com-petenza a conoscere del merito spetta al giudice di un altro Stato membro”. Ma, al successivo articolo 14, precisa: “Le decisioni pronunciate in uno Stato membro, sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun pro-cedimento”. Si comincia a delineare la volontà di estendere oltre il territorio nazionale, su quello nuovo, europeo, gli effetti di decisioni sulla famiglia che incidono sui problemi atti-nenti la disciplina di diritti fondamentali, umani, particolari, indisponibili e di grande rilevanza sociale. In evoluzione rispetto al presente dettato normativo è il Regolamento CE 2201/2003 che non è entrato del tutto in vigore e che estende (su espresso richiamo al Consiglio europeo di Tampere) il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudi-ziarie, “quale fondamento per la creazione di un autentico spazio giudiziario e ha in-dividuato nel diritto di visita un settore prioritario”46. Ma, al successivo considerando 8, il Regolamento chiarisce (usando il modo di spo-stamento del granchio…) che: “Relativamente alle decisioni di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio, il presente regolamento dovrebbe applicarsi solo allo scioglimento del vincolo matrimoniale e non dovrebbe riguardare questioni quali le cause di divorzio, gli effetti del matrimonio sui rapporti patrimoniali o altri provvedimenti accessori ed eventuali. Due brevi annotazioni. È inusuale per un legislatore usare il verbo condizionale che appare dubitativo e non risolutivo. In assoluta contro tendenza alla certezza del diritto, pilastro degli ordina-menti (almeno di civil law) degli ultimi anni, a far tempo dalle codificazioni! Lo spa-zio lasciato all’interprete è assolutamente spropositato e potrà dai luogo a una serie considerevole di contenzioso, interno e fra Stati. Inoltre, per cause di divorzio dovrebbero intendersi le ragioni per le quali sia possibile sciogliere un matrimonio. La materia è differente tra i vari Stati membri, quindi appa-re lecito supporre che si sia lasciato ampio spazio alla discrezionalità del diritto inter-no e alla prevalenza su quello comunitario. Ma quid juris se vi sia contrasto tra ordi-namenti dei singoli Stati? Sarà agevole per il cittadino di uno Stato nel quale ottenere il divorzio appare più agevole, far ricorso a quella Autorità giudiziaria a scapito di un’altra? E se le ragioni di un divorzio siano più profonde e colpiscano l’aspetto più intimo della fine della relazione di coppia? Se, insomma, sia sempre il più forte a vo-ler prevalere, appare giusto che il diritto copra tale sua decisione? Inoltre! “Le obbligazioni alimentari sono escluse dal campo di applicazione del pre-sente regolamento in quanto sono disciplinate dal regolamento CE 22/22001”47. 46 Considerando n.2. 47 Ovviamente si danno per presupposti i Regolamenti CE n. 44/2001, in tema di competenza giurisdizionale, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale; n.1348/2000, relativo alla notificazione e alla comunicazione,negli Stati membri, degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale e n. 1206/2001, relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri, nel settore dell’assunzione delle prove in materia civile o commerciale. 13 13 È giusto. Ma è l’aspetto fondamentale allorché un matrimonio finisce e una famiglia si sperde. E sarebbe stato opportuno farne un richiamo esplicito. Del resto, se non si disciplinano le cause di divorzio e le obbligazioni alimentari, resta ben poco come materia del contendere! I regolamenti richiamati, ovviamente, disciplinano tutto quel che necessita per la solu-zione di eventuali conflitti di competenza e giurisdizione. Tra quanto da me richiamato e quanto si dirà in prosieguo, però, resta un clima di grande incertezza per la competenza a decidere e i provvedimenti da adottare. In linea di massima, viene tutelato spesso colui (colei) che ha già un provvedimento in suo favore. Ciò, però, a scapito della stessa idea di Giustizia (non solo formale, quindi) che pur viene invocata nelle leggi e nei regolamenti della CE. Proprio in virtù dei principi di sussidiarietà e proporzionalità più volte richiamati nei considerando dei regolamenti indicati. E che sono, per me, ovviamente, derivati dai più generali principi di libertà ed eguaglianza48. Oltre che di cittadinanza… Sia detto come inciso: una cittadinanza europea, accanto a quella nazionale e/o acquisita, age-volerebbe molto i problemi pratici della giustizia. Una sorta di Civis Europeus Sum, insomma, che sarebbe il mezzo semplice secondo il quale nessuno potrebbe sfuggire a una legge che lo investa tout court. E questo viene previsto nella nuova Costituzione europea, che dovrebbe essere adottata a breve tra gli Stati membri. Altro è per i minori. Ma non è oggetto di mia specifica riflessione. Salvaguardando i figli o i minori (ma anche maggiorenni, non vi pare? La individua-zione dell’età è fatta ai soli fini di ritrovare e scoprire concetti come imputabilità, re-sponsabilità, capacità o altro senza un metodo specifico e psicologico ma che tenga conto solo del comune modo di intendere la vita e l’età, un parametro freddo e sterile della legge che mi sembra debba essere mantenuto per fini egalitari, ma che possa es-sere ben derogato con l’ausilio di settaggi personali psicologici, ad hoc), disciplinati in più Regolamenti della CE, si sfugge al controllo doveroso di assicurare una posi-zione di maggior tutela al coniuge debole, all’abbandonato. Che oggi non sempre è la donna con o senza prole. Certo! Ragioni naturali e frequenti individuano in costei la parte debole del rapporto, quella da proteggere maggiormente. Il più delle volte è affidataria della prole, non lavora o ha gravi problemi sul lavoro (come e dove e a chi lasciare i figli per poter lavorare; gli asili nido o le scuole per l’infanzia sono lontane, eccetera). Oltre alle normali mansioni domestiche, deve svolgere anche quelle lavorative, spesse volte sobbarcandosi a stress davvero pesanti. 48 Fondamento di tutto quanto si è andato sino ad ora affermando! L’Io e l’Altro, il Sé come Altro e l’Altro come Sé, non hanno altra ragion d’essere intesi, se non proprio nell’ottica (politica) del principio di uguaglianza. 14 14 Si aggiunga che l’avanzare dell’età e la situazione di avere a carico la prole, non le a-gevola una socializzazione comune e le impedisce la frequentazione normale oltre i comuni orari lavorativi o post prandiale. E questo vale per la gran arte dei paesi europei. Ma a mio parere oggi non è che si verifichi una contro tendenza. La donna resta sempre il coniuge debole più semplice da individuare. Ma anche l’uomo moderno patisce, in caso di separazione, abbandono o divorzio, una non agevole condizione di vita nuova che lo porta a convergere in una situazione di debolezza differente ma che, comunque, è lo stesso densa di sofferenza e dolore. E non sempre, per entrambe le situazioni, l’aspetto economico è quello prevalente e determinante. Qui un discorso nuovo e de jure condendo a livello europeo. Per comune modo di intendere l’evento post separazione (di qualunque tipo di coppia, sia essa legale che di fatto) appare debole colui/colei che abbisogna di alimenti e/o mantenimento per sopravvivere (da sola/o, con o senza la prole). La sua debolezza è sinonimo di privazione di mezzi e assistenza ovvero di non più adeguati mezzi per mantenere sé e/o la prole a seguito della fine del mènage familiare condotto fino a quel tempo. È abbastanza semplice, banale, normale. Oggi si verificano ipotesi diverse e alternative, e le conseguenze sono differenti. E non voglio riferirmi solo ai maxi divorzi di divi del cinema o di altre forme di spettacolo o multimiliardari. Quelle sono eccezioni, ben inteso. Lì il calcolo economico è evidente! La legge della CE non prevede molto e rinvia il problema all’interno della legislazioni dei Paesi membri e dell’esecutorietà dei provvedimenti giurisdizionali nei Paesi nei quali si sia rifugiato (viva) il coniuge (più) forte. Infatti in una separazione o divorzio non si è solo un debole contrapposto a un forte; ma uno dei soggetti e meno (o più) debole o forte dell’altro. È la condizione umana, quella alla quale accennano all’inizio di questo lavoro, che in-cide sullo status psicologico e giuridico di un soggetto. Non è il semplice avvantag-giarsi dal punto di vista economico, che realizza la forza. E di questo gli ordinamenti interni e quello europeo dovrebbero prenderne atto. Ma il problema dell’assistenza a chi sia rimasto solo è complesso e non ben individua-to. Forse perché sfugge alle regole attuali nelle quali l’essere è sempre visto come un soggetto di diritti, doveri, obblighi, poteri; ma senza personalità49. Quasi che il suo a-gire sia solo da considerarsi e disciplinarsi nelle fredde righe d’una norma o di una sentenza e possa essere giudicato solo da esse. Un po’ poco, mi sembra. Proprio alla luce di quanto dicevo all’inizio di questa mia valutazione. La ricchezza interiore di un essere, il suo calore, la sua energia, non vengono valutate, stimate, apprezzate per intero. Sembra un depauperamento dovuto. A un giudizio della legge umana, segue un giudizio degli uomini. Una seconda cacciata da un luogo rite-nuto ideale e che fino ad allora lo/la aveva accolto/a e ritenuta importante. 49 Alla Musil, per intenderci. 15 15 Il dato psicologico, insomma, il quadro della personalità nella sua interezza, è assente dalla considerazione delle legislazioni di molti Stati. Si pensa solo ai suoi diritti o ai suoi doveri, alla sua anima peccatrice o sofferente (da un punto di vista squisitamente religioso. Ed è importante, si intende), ma non si guarda alla crisi profonda che un e-vento possa aver causato nella sua psiche sia esaltandola, sia abbattendola. L’aiuto e l’ausilio psicologico sono lontani e lasciati solo alle iniziative private o pubbliche50 La solitudine come condanna, ad esempio, la perdita di relazionalità, la paura di nuovi incontri, il timore di soffrire ancora, l’incapacità di aprirsi al mondo, la perdita di au-tostima e sicurezza sono solo alcuni degli aspetti che affliggono il coniuge debole. Ecco perché poco sopra tendevo a non contrapporre tour court il debole al forte. Co-me in una separazione (e, quindi, divorzio, per la legislazione italiana) sono pochissi-mi i casi nei quali le colpe sono soltanto da una sola parte, così le sue conseguenze hanno una ricaduta (psicologica, morale, giuridica, economica) a pioggia sulla coppia e sui componenti il nucleo familiare. Colpiscono tutti e indistintamente. E tutto ciò, in un quadro generale e complessivo della situazione di crisi, gioca un ruo-lo determinante ai fini della determinazione e individuazione delle sue obbligazioni. La potenzialità di ripresa di un tale soggetto, ha, come diretta conseguenza, anche di essere fonte di aiuto per chi debba ricevere da costui, costei. E non solo in termini di aiuti economici. Il diritto non è un qualcosa di sterilizzato, asettico51: vive per e nell’uomo e, quindi, giocano, con esso, altri fattori come la morale, l’idea religiosa, la psicologia, l’analisi del profondo, la struttura di personalità. La vasta casistica che è sotto lo sguardo di tutti, d’altronde, offre spunti di analisi di-versa. Non c’è solo il caso semplice di colui che abbandona moglie e figli e se ne va a vivere altrove, anche in un altro Stato. Ragioni sentimentali sopraggiunte, malattie gravi, patologie diverse, inducono le cop-pie a separarsi e, quindi, a divorziare. E tutto questo crea mondi divisi di solitudine e indifferenza. A volta aggravati da con-testi sociali e ambientali52 50 Nell’Emilia – Romagna, regione italiana all’avanguardia nel settore socio assistenziale, ad esempio, si stanno sperimentando case alloggio per uomini separati o divorziati che si trovino in palese difficoltà economica. Sono previste turnazioni e requisiti minimi di accesso come, ad esempio, non aver riportato condanne penali, non essere decaduti dalla potestà genitoriale, essere in regola con i pagamenti degli alimenti, frequentare i figli in modo continuativo, eccetera. Il rapporto con i figli, ad esempio, può subire delle alterazioni e rischiare un allontanamento proprio in considerazione del grave stress psicologico da separazione (abbandono) che anche il genitore subisce. Quello del figlio è evidente e quasi consequenziale. Ma quello nel genitore è latente; ma quando insorge, anche distanza di tempo, è generatore di sofferenza e di dolore. 51 L’ordinamento, scrivevo altrove, non è una sala asettica operatoria dove vi sia assenza di virus/valori e tutto debba procedere in modo sistemato e previsto. Gli accidens capitano anche lì ed esistono i virus da sala operatoria. L’uomo, in buona sostanza, non vive di solo ordinamento ma anche di valori fondamentali che le norme, anche inconsapevolmente, racchiudono e liberano nei momenti più impensati. E a questo servono gli interpreti! 16 16 Gli ordinamenti cercano di far fronte alle esigenze preminenti di tutelare e salvaguar-dare la prole53. Ed è giusto e doveroso. E il coniuge affidatario è quello sul quale rica-de la maggior responsabilità e gli oneri di ogni tipo (economici, educativi, sociali…). Ma anche colui che è restato solo merita una sua tutela, un rispetto e una attenzione maggiore da parte della società e, per esso, dall’ordinamento e dalle istituzioni. È di-ventato, più vulnerabile e oggetto di veri e propri ricatti, anche morali, da parte di quelli che erano componenti della sua famiglia, parti di sé. Una situazione di sofferen-za, insomma54. La debolezza e la fragilità sono condizioni dell’essere, sono connaturate a lui; come la filosofica idea di contingenza55. E tutti noi abbiamo momenti di crisi (crisis56). Che dovrebbero essere, prodromi di una crescita, come le febbri nei fanciulli. L’importante, ovviamente, è individuarne la causa e por mano ai rimedi per non aggravare la situazione difficile e agevolarne il su-peramento. Penso, allora, al concetto (mutuato dalla scienza dei metalli) di resilienza che si usa nella psico dinamica minorile e che indubbiamente favorisce la crescita dei minori57; 52 Una grande città, ad esempio, se da un lato offre spazi di ritrovo e di aggregazione nuova, dall’altro appesantisce la solitudine rendendola insuperabile. 53 Si tenga anche conto dell’ormai generalizzato fenomeno di allontanamento tardivo dei figli dalle famiglie d’origine per dar vita, a loro volta, si intende, o a una vita solitaria o in comune (convivenze) o per sposarsi (E il matrimonio resta la causa prima di allontanamento). Le ragioni sono molteplici: insicurezza del lavoro o non lavoro, attaccamento ai genitori, voglia di non crescere, paura di allontanarsi troppo da casa e perdere amicizie, incapacità a sapersi relazionare con gli altri, in cultura. 54 Come non essere in sintonia con Ricoeur quando afferma: “La sofferenza non è definita unicamente dal dolore fisico e neppure dal dolore mentale, ma dalla diminuzione, e anche dalla distruzione, della capacità di agire, di poter fare, che vengono sentite come un attentato ala integrità del sé. Qui, l’iniziativa,precisamente in termini di potere-di-fare, sembra spettare unicamente al sé, che dona la sua simpatia, la sua compassione, prendendo questi termini nel senso forte dell’aspirazione a condividere la pena altrui. Confrontato a questa beneficenza, e anche a questa benevolenza, l’altro sembra ridotto alla condizione di ricevere solamente…ed è in questo modo che il soffrire-con si dà, in prima approssimazione, come l’inverso della chiamata alla responsabilità ad opera della voce dell’altro.”, P. Ricoeur, Sé come un altro, op. cit., pag.286. 55 Che unitamente alla incompiutezza e alla particolarità, sono da Sergio Cotta viste come le caratteristiche essenziali dell’individuo empirico, “che sono all’opposto della sua aseità, assunta come iniziale nell’indagine”, S. Cotta, Il diritto nell’esistenza…, op. cit., pag.66. 56 Z. Bauman, La solitudine del cittadino globale, op. cit. pagg. 151 – 153. 57 Ne parla Francesco Bellino nel suo, Filosofia del successo, Cacucci, Bari, 2004, pagg. 215 e sgg.. Essa consiste nella resistenza a rottura dinamica di un metallo, nella capacità di un materiale ad assorbire un urto senza rompersi. In psicologia indica l’attitudine necessaria per uscire dalla spirale negativa dl dolore, da traumi gravi, da situazioni difficili e drammatiche. La resilienza è la caratteristica virtuosa e positiva del singolo che va ricercata, trovata e scoperta insieme a lui e che gli consente di superare le difficoltà e le sofferenze, avendo la consapevolezza di aver meglio resistito a un tipo di dolore ovvero, a ricostruirsi una personalità più forte e resistente. Se non si è una bambola di ferro, ma di coccio, si tende a far rivestire la stessa con una armatura che la corazzi per il futuro. Serve a conoscere, ma anche a conoscersi. Ognuno ha una soglia di dolore e di sofferenza differente, a seconda della naturale sensibilità, esperienza di vita, relazione con gli altri, vissuto storico in famiglia, rapporto con i genitori e gli altri durante la infanzia. Epoca formativa primaria. Non si dimentichi che nella famiglia è che si forgia la nostra struttura di personalità base. 17 17 ma estensibile anche a quei soggetti adulti che siano (stati) sottoposti a tensione, crisi, appunto e possano scoprire quale sia il loro punto di rottura per poterlo evitare. Per riscoprire, si intende, il mondo dei valori nel quale siamo immersi. L’individuo che resta solo, il debole, per risolvere i suoi drammi quotidiani, ha biso-gno dell’altro; avverte la mancanza di rapporti affettivi. Aristotele vedeva come fon-dante il rapporto amicale la necessità dell’altro. Nella società odierna, all’interno di una famiglia frantumata o venuta fuori da tale situazione, il soggetto (ap)percepisce la sua solitudine attraverso gli elementi della reversibilità (anche l’altro può/è solo), in-sostituibilità (dei ruoli giocati nella vita) e similitudine58 (ricercare, per risolvere, i momenti di rassomiglianza con l’altro). E l’ordinamento deve occuparsi anche di questo nuovo aspetto della complessità sog-gettiva dell’essere all’interno d’una famiglia e fuori (soprattutto se ne abbia idea di formarne un’altra). Le legislazioni dei singoli Paesi europei (e/o una legislazione nuova59), più attente ai temi nascenti dalle patologie delle separazioni e dei divorzi, non dovrebbero essere a-liene dal prevedere possibili aiuti psicoterapeutici alle coppie in crisi60 comunque sorte e dovunque collocate. In fondo sono i protagonisti di questa vicenda umana61 che, circolando, movendosi an-cora nel mondo, possono creare e dar vita ad altre unioni e ad altre famiglie giocando, un ruolo importante sia per coloro che aveva intorno che per i nuovi esseri che incon-trerà. Perché, come noto, a fondamento di una ricerca ontologica dell’uomo, questi è dap-prima portato a smarrirsi, a perdersi62; ma successivamente, ritrovatosi, ad attivarsi sempre più a universalizzare se stesso. 58 “ La similitudine è il frutto dello scambio fra stima di sé e sollecitudine per l’altro. Questo scambio autorizza a dire che non posso stimare me stesso senza stimare l’altro come me stesso. Come me stesso significa: anche tu sei capace di dar inizio a qualcosa ne mondo, di agire per delle ragioni, di gerarchizzare le tue preferenze, di stimare gli scopi della tua azione e, così facendo, di stimare te stesso come io stimo me stesso. L’equivalenza fra l’ <<anche tu>> e il <<come me stesso>> riposa su di una confidenza che può essere ritenuta per una estensione dell’attestazione, grazie alla quale io credo di potere e valere. ”, P. Ricoeur, Sé come un altro, op. cit. pag. 290. 59 Una sorta di UNIDROIT del 1994, recentemente integrato, che indica i principi dei contratti commerciali internazionali. 60 Per i minori esistono già diversi istituti di aiuto come è notoria la attività di intervento della psicologia della famiglia nei momenti antecedenti la separazione. L’esperimento degli istituti di mediazione, in Italia, nascono anche per sopperire a tali necessità. 61 …troppo umana, per dirla con Nietzsche. 62 “ La capacità regolativa dell’analisi ontologica ha quindi questo di caratteristico, che evidenzia non ciò che costituisce l’antitesi dell’humanum (non ciò, quindi, che differenzia l’uomo dalle pietre, dalle piante, ecc…), ma il depauperamento, il fallimento di questo; tutto ciò, insomma che inquina quella dimensione meta-biologica che rende tale l’uomo e la cui privazione, pur non alterandolo biologicamente, lo conduce alla fine a smarrire se stesso. La perdita della propria identità è sicuramente la più grande delle sofferenze che possono essere patite dall’uomo; ed è, nello stesso tempo, l’unica delle sofferenze che non possono (a quanto è dato ritenere, dato che non abbiamo alcun argomento per sostenere il contrario) essere patite dagli animali. L’indagine ontologica non ci condurrà, quindi, ad identificare condizioni alle quali l’uomo non può rinunciare, ma condizioni alla cui rinuncia è ricollegata quella propria soggettività di uomo; nell’impegno ontologico… la posta in gioco è quella 18 18 E il tutto ha ed avrà una valenza sociale, politica, giuridica ed economica di grande valore e portata. La giustizia sociale, come ricordava Rawls, è equilibrio all’interno di una famiglia. Una assistenza psicologica più forte, quasi obbligante (che non vada oltre i limiti della privacy, si intende), nei momenti di crisi e difficoltà sia all’interno d’una coppia, che di una famiglia che, dopo una separazione (non solo tra genitori, ma anche tra questi e i figli), può, unitamente a un sistema legislativo comune che consenta di obbligare all’adempimento il coniuge più forte verso quello più debole ai suoi doveri, ritrovare la possibilità di crescere e rafforzare il cittadino di questo paese globale. Con buona pace, si intende, per uno stato etico, che non ha più ragion d’essere, se mai ne abbia avuta una! Per un diverso e più universale modo di appropriarsi e difendere non solo le note li-berta “da” e libertà “di”, ma anche quelle “con” e “per”; quest’ultima non intesa come mera finalizzazione degli interessi individuali, ma come riscoperta dall’altro da usar, kantianamente, mai come mezzo ma sempre come fine. Per un ritorno a un vivere sereno e sociale, allargato, europeo, globalizzato (senza mi-tizzazioni, allo stato, di improbabili ordinamenti mondiali) nel quale un nuovo incon-tro tra due esseri resti sempre possibile, una volta adempiuti precedenti e reciproci ob-blighi e doveri, verso vite incontrate e perse, con una naturale e ritrovata gioia di vive-re, nella nuova ottica di un Ubi Tu Gaius Ego Gaja, dove, accanto all’assoluta libertà e indipendenza dei singoli che siano (siamo) ciascuno (di noi), ovviamente, sui juris in senso pieno, l’ultima parola indichi, anche, la mai sopita terrestre e sacra fertilità, fonte attrattiva e propulsiva di quella strana forza che (in) Dio è, le donne naturalmen-te posseggono e gli uomini chiamano semplicemente: AMORE. della identificazione non di un corpo, ma di un ‘volto’, nel senso di Lévinas.”, F. D’Agostino, Una filosofia della famiglia, op. cit. pag. 67

Ontofenomenicità e tutela del soggetto debole all'interno della famiglia in Europa

CIANCIOLA, Ernesto
2007-01-01

Abstract

Ontofenomenicità e tutela del soggetto debole all’interno della famiglia, in Europa. ERNESTO CIANCIOLA* Che all’interno della società e dell’Europa in particolare, sia mutato qualcosa e ancora qualcosa stia mutando, soprattutto per quel che attiene la famiglia e i complessi rap-porti al suo interno, traspare ed è sotto i nostri occhi1. Le ragioni di questo fenomeno hanno possibili e differenti giustificazioni a seconda di come si osservi il rapporto di coppia e quello tra genitori e figli. Conscio dell’assoluta impossibilità di esaurire l’argomento in poche battute, non vo-lendo dare al tema una impronta sociologica o antropologica2, mi sentirei di iniziare questa breve riflessione, affermando che le mutazioni nella società contemporanea in tema di famiglia, coppia, matrimonio e degli articolati rapporti che si istaurano al loro interno, possono trovare una loro origine (raffrontandoli con il passato prossimo) sui radicali cambiamenti che si sono verificati all’interno dell’uomo e, in special modo, al diverso modo di intendere (da parte di molti, ovviamente e non di tutti!), quello che è alla base delle unioni tra soggetti (di sesso differente, in prevalenza) e che va sotto il nome di AMORE3. Ovviamente, il richiamo alle norme europee come a quelle del diritto interno, servirà per ancorare il thema agli schemi comportamentali tipici del diritto contemporaneo. E mi limiterò4 a delimitare il campo solamente a quello che è l’ambito della tutela del soggetto (più) debole all’interno di un rapporto di coniugio (che, per le più disparate ragioni, possa disgregarsi) evidenziando le defaillance e le prospettive legislative che ritengo le più adeguate, a tutela della persona umana, nel più generale ambito dei rap-porti/diritti umani. * Professore incaricato di Informatica Giuridica presso l’Università degli Studi di Bari, Corso di Laurea in Informatica e Comu-nicazione Digitale 1 Il presente lavoro costituisce l’elaborazione scritta della conferenza tenuta all’Università di Białystok, Facoltà di Legge, il 27 novembre 2004, nell’ambito del convegno avente ad oggetto La famiglia e la società di ieri e di oggi. 2 Pur riconoscendo che studi con tale metodologia si appalesano necessari soprattutto per comprendere e recepire appieno il fenomeno della immigrazione e dello scambio culturale continuo e in atto tra popolazioni tra loro simili o differenti. 3 In fondo il precetto biblico dell’Ama il prossimo tuo come te stesso è e resta alla base della vita minima di relazione interpersonale e soggettiva che l’uomo avverte come esigenza e regola etica. Qui, quindi, il termine va inteso nella sua accezione più ampia. 4 In quanto gli aspetti storici o quelli tributari o quelli attinenti i minori non costituiscono l’ambito della presente riflessione, pur avendo indubbi momenti di relazione e interconnessione. 2 2 Premessa essenziale, ancora, è che il matrimonio e la famiglia sono oggetto di specifi-ca tutela a livello internazionale in quanto disciplinanti diritti umani tra quelli più spe-cifici a relazionare l’uomo e a collocarlo nella società civile. Non si dimentichi l’art. 12 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali5, che recita: “A partire dall’età maritale, l’uomo e la don-na hanno diritto di sposarsi e di formare una famiglia, secondo le leggi nazionali che regolano l’esercizio di questo diritto”. Ma il presupposto di ogni e qualsivoglia ragionamento è l’uomo, l’essere uomo. Un soggetto complesso, particolare, molto comune… ma unico, dotato di fisicità e razio-nalità, spiritualità, capace di far esplodere, dalla sua mente, grandi emozioni e sensa-zioni e incidere, energicamente, energeticamente anche sugli altri; su altri corpi, altre menti, terze alla sua esistenza. E, quindi, di porre in essere tutta una serie di azioni che vanno al di là, spesse volte, del suo stesso semplice, umano sentire, vole-re…L’eterogenesi dei fini, come si dice, appunto. Incognita indispensabile per capire le azioni umane tutte e sempre finalizzate, come afferma Aristotele all’inizio della sua Etica Nicomachea, al bene. In parole semplici, occorre iniziare dall’uomo, dal capire cosa sia6, come sia e come operi7, sì che si potrà ben intendere e valutare sia la condizione attuale della copertura legislativa sul tema, che le implicazioni future che coinvolgeranno un essere umano relazionato con se stesso e con il mondo. Solo comprendendo in pieno quella grande sfera luminosa e nouminosa che lo contorna e che egli esterna, che lo relaziona agli al-tri (perché riconosce, dapprima in se stesso, tutto quel che gli necessita per vivere giu-ridicamente e che va sotto i diversi modi di intendere la pretesa, i diritti, i doveri, gli obblighi, eccetera), alle sue capacità8, si potrà procedere lungo la strada che discipli-na i rapporti più complessi che l’uomo ha e che lo portano a essere una cellula della società nella quale è destinato a vivere. Tendere alla vera vita, con e per l’altro, all’interno di istituzioni giuste, è quello che sostiene Paul Ricoeur nel suo Sé come un altro9, nella visione dell’Io relazionato con gli altri, nella prospettiva etica della vita. La ipseità non intesa come egoismo, accen-tramento nell’Io, ma come consapevolezza d’un valore universale che mi consente di ri-conoscermi negli altri per stimarmi e stimare di più gli altri-da-me. 5 Firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del successivo Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952. 6 “Conoscitore,conoscere,conosciuto formano un’unità che esiste ma non possiede un autentico essere atemporale e aspaziale: questo è tuttavia il suo fondamento e si intuisce intellettualmente.”; così inizia Elémire Zolla il suo La filosofia perenne. L’incontro fra le tradizioni d’Oriente e d’Occidente, Mondadori, Milano 1999. Un viaggio nella mente naturale dell’uomo che lo porta a sincretizzare filosofie, storie, religioni e momenti letterari in modo pregevole credendo nella diversità degli uomini ma nella loro universalità unificante. 7 I tre interrogativi kantiani, insomma. 8 Intese nel senso di Merleau-Ponty dell’io posso, da intendersi, però,non solo sul piano fisico, ma anche sul quello etico. 9 Editoriale Jaca Book, Milano, 1996, con la traduzione di Daniella Iannotta. 3 3 E tutto ciò avviene in misura considerevole nella vita coniugale là dove la reciprocità, l’amore, l’aver cura10, il donarsi, eccetera, sono alla base della volontà di vivere in-sieme, in comune, la grande avventura della vita, per dar corpo a una famiglia11. E tutto questo è stato,da sempre, oggetto di attenzione delle diverse scienze umane12 per carpirne ora il senso sacro della unione, ora la passionalità che lo anima, ora i ri-svolti morali, ora quelli giuridici necessari per tutelare tutto quanto potesse provenire da una situazione giuridica particolare13, ma al tempo stesso complessa e ricca di tante individualità14. Nel quotidiano (anche giuridico15) ci sono almeno due volontà16 che si incontrano, si scontrano, si incrociano, si prendono e poi si lasciano. Per poi, forse, ritrovarsi. La famiglia è, in fondo, un luogo di ritrovo di individualità con reciproci intenti di convivenza e di rispetto proprio, dell’altro, degli altri, anche e soprattutto in virtù del 10 Per Sergio Cotta (Il diritto nell’esistenza. Linee di ontofenomenologia giuridica, Giuffrè, Milano 1991, pagg. 122 e sgg.) è il principio costitutivo della famiglia (su ciò, infra), intesa come forma coestistenziale integrativo-escludente (il terzo). Forma di vita dell’io in relazione con l’altro (insieme all’amicizia e alla politica) che segna il confine con quelle integrativo-includenti che sono rappresentate dal gioco, dal diritto e dalla carità. 11 Il termine, nel corso dei secoli, ha avuto connotazioni diverse per differenti modi di intendere l’unione di/tra più soggetti uniti tra loro da un determinato vincolo e per farne oggetto di tutela giuridica o fonte di diritti, doveri ed obblighi. Basti pensare alle diverse accezioni del diritto romano. Sul punto, Vincenzo Arangio-Ruiz, Istituzioni di diritto romano, Jovene, Napoli, 1987, pagg. 426 e sgg. 12 L’antropologia, ad esempio, disvela le usanze tra popolazioni differenti circa il matrimonio, l’unione fisica, le abitudini e apre scenari di riflessione davvero interessanti. Come quello descritto da Luc Richard nel suo Viaggio nella Cina proibita, Tea, Milano, 2004, sul matriarcato della popolazione Na. 13 È noto che la nostra Costituzione, all’art. 29, non fornisce una definizione di matrimonio e si limita a dare solo quella di famiglia: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”. Seguono altri articoli sui diritti e obblighi dei genitori e sulle agevolazioni economiche per la famiglia e, più in generale, sulla maternità e l’infanzia. 14 Nella lingua latina i figli si appellavano liberi, in contrapposizioni agli schiavi. Ma sempre “nella uniforme sottoposizione alla volontà del capo. Il fatto che ai servi, i figli siano contrapposti con la caratteristica denominazione di liberi, non esprime già una profonda differenza che sia in atto fra gli uni e gli altri, dal punto di vista del diritto privato; ma vale piuttosto a mettere in luce l’antitesi fra il carattere permanente della condizione di schiavo e la normale transitorietà del vincolo di soggezione domestica che stringe i figli al padre.”, V. Arangio-Ruiz, Istituzioni…, op. ult. cit., pagg. 426 – 427... Il che la dice lunga sulla concezione degli effettivi rapporti genitoriali verso i figli e sulla libertà effettiva che è entrata nel nostro patrimonio genetico come possibilità di estrinsecare la propria volontà nel modo più ampio, soltanto da poco tempo e solamente in alcune parti del mondo occidentale! Questa riflessione va tenuta per ferma per comprendere meglio i mutamenti che si stanno verificando nella nostra società globalizzata attuale in un ambito molto particolare:quello dei rapporti affettivi e familiari in senso lato.Quando a disciplinare una relazione complessa e sensibile insieme, come l’amore e l’affetto tra più soggetti, occorre l’intervento di una norma giuridica, siamo già nella patologia ed è finito quel momento tutto umano di un qualcosa di particolare come la tenerezza e il bene. 15 B. Romano, Il riconoscimento come relazione giuridica fondamentale, Roma, 1986. 16 Alla base di ogni nostra azione vi è, vi deve essere un libero volere, un ricercarne la finalità ponendovi fondamenti razionali. Dove questo non ci sia, non potremmo mai avere una scelta determinata sulla quale far ricadere effetti giuridici e morali. Libertà si coniuga con volontà. 4 4 riconoscimento, in chi mi sta di fronte17, di quel principio unico e sacro che ognuno ha. I diritti (e i doveri!), storicamente, vengono dopo; sono un posterius18 perché vengono scoperti prima dalla ragione e poi la società si limita a riconoscerli. Qui il senso della istituzione come la intende Ricoeur!19. Sacralità e normazione, da sempre, sono unite tra loro da un filo sottilissimo, ma tena-ce, che le lega; non soltanto per la loro qualità di essere ontologicamente costitutive dell’uomo, ma perché, insieme, costruiscono il percorso che l’uomo deve compiere verso un fine metastorico e universale. Se si analizza la società attuale, rispetto a un passato anche recente, guardando la real-tà coi nostri occhi, da gente comune, usando la ragionevolezza oltre che la ragione, cercando di attenuare la miopia (che ci spinge guardare sempre più in noi stessi) o la presbiopia (che ci spinge a non vedere bene quel che abbiamo proprio sotto il nostro sguardo)20, ci accorgeremmo che si comincia a delineare, da qualche tempo, in consi-derazione di tanti cambiamenti che sono in noi e intorno a noi, un apparente iato tra l’idea di matrimonio e quella di famiglia. Quasi che le due idee possano essere scisse tra loro. In realtà questo accade per pura convenienza ed egoismo. Il problema è altrove, se-condo me. Le crisi all’interno degli istituti testé richiamati, e per le quali le legislazioni prendono atto e tentano di porvi rimedio (ad esempio perseguendo in Paesi membri colui o colei che si sottrae a obblighi alimentari e di altra natura) nascono da un differente modo di distinguere il matrimonio (inteso per lo più come mera unione21) e la famiglia (intesa 17 Nei Vangeli, quando il Cristo fu condotto dinanzi Ponzio Pilato e questi gli chiese Quid est Veritas, sono concordi nell’affermare che tacet. I Medievalisti si chiesero il perché di tanto e lo scoprirono nell’anagramma della frase: Est Vir qui adest. L’Uomo (ma, direi, qualunque uomo) che gli stava di fronte era la Verità. E per noi, chiunque ci stia di fronte, accanto, davanti è quell’Altro da me che sono sempre Io: quel momento di universale e infinito racchiuso dentro una maschera (persona) di carne. 18 “…per diritto non alludo ad una qualsiasi realtà ordinamentale positiva, ma all’universale fondamento di qualsiasi forma ordinamentale, cioè a quella specifica forma di coesistenza, che a partire dal riconoscimento della parità ontologica dei soggetti, li costituisce in un universo relazionale privo – potenzialmente – di qualsiasi forma di esclusione. La dimensione positivo-normativa del diritto (che è a suo modo e per motivi che qui non è il caso di ricordare, indispensabile e irrinunciabile) è un posterius; è, per essere più precisi, la concretizzazione storico-fenomenica di una dimensione strutturale dell’esistere”, F. D’ Agostino, Per una filosofia…, op. cit. pagg. 64-65. 19 “ Per istituzione, intenderemo qui la struttura del vivere insieme di una comunità storica - popolo, nazione, religione, eccetera -, struttura irriducibile alle relazioni interpersonali e, tuttavia, ad esse collegata in un senso degno di nota, chela nozione di distribuzione permetterà di chiarire. L’idea di istituzione si caratterizza fondamentalmente attraverso costumi comuni e non attraverso regole coercitive. Siamo con ciò ricondotti all’éthos, da cui l’etica trae il suo nome. Un modo felice di sottolineare il primato etico del vivere insieme sui vincoli connessi ai sistemi giuridici e all’organizzazione politica, è quello di sottolineare, come fa Hannah Arendt, lo scarto che separa il potere-in-comune dal dominio.” P. Ricoeur, Sé come altro, op. cit., pagg. 290-291. 20 Secondo l’origine della malattie per la filosofia/medicina orientale. 21 Da qui l’idea che possano legalizzarsi matrimoni tra persone dello stesso sesso. 5 5 come complesso di persone, affetti, idee, interessi e, soprattutto, figli). Non più colle-gando i concetti ma, appunto, scindendoli per ragioni di mera convenienza Che intorno ci sia un mondo mutato rispetto al passato, è una verità semplice, banale. Il problema è che le trasformazioni oggi avvengono in successione di tempo più ri-stretto e si pongono alla attenzione comune sotto angolazioni particolari. Stessi ambiti, come la soggettività e la intersoggettività, sono vissuti in modo nuovo e differente da paese a paese, a seconda delle singole situazioni culturali, sociali, politi-che ed economiche. E questo comporta soluzioni diverse che si tenta di armonizzare. Penso alla immensa solitudine creata dal mondo informatico e virtuale nel quale sia-mo immersi22, alla pioggia di informazioni, allo scompaginamento mentale quando ci si accosti alle nuove tecnologie23; o alla insicurezza e alla mancanza di certezze, di ga-ranzie, delle quali parla Zygmunt Bauman nel suo La solitudine del cittadino globale24 e che sono da condividersi per la acutezza della analisi e le indagini complete. In un altro lavoro25 ho definito il cittadino attuale come homo digitalis che ha, come caratteristiche peculiari: la solitudine, il silenzio e la disperazione. È questo tipo di homo novus che sta dando origine a unioni, coppie, matrimoni e fa-miglie. E sul quale la legislazione interviene a tutela dei suoi diritti violati. E mai come oggi non potrà che esservi una sinergia osservazionale sull’essere da par-te di tutte le scienze che di lui si occupano e alle quali accennavo poco sopra. La filo-sofia, l’antropologia, la sociologia, la morale, la religione, il diritto, la psicologia, la psicanalisi, eccetera, ognuna di queste branche ha da dire la sua su questo momento importante che stiamo vivendo e offrire un ventaglio di soluzioni possibili. Su l’uomo e la sua volontà di unirsi a un altro essere per dare vita a un qualcosa di di-verso da sé e dall’altro. Un sé più un altro, potrei affermare, con una soluzione certa: l’origine di un’altra vita diversa da quelle che l’hanno generata. Poi vi sarà solo la legittimazione, il riconoscimento, attraverso la legge, dell’unione cui avranno dato vita. E a questo punto non si può accantonare il complesso problema delle coppie di fatto. È una realtà innegabile e molti paesi stanno cercando di trovare una soluzione possibi-le26 in funzione di regolare i rapporti da loro nascenti e tentare una tutela della parte più debole (secondo la tradizione del common law) 22 I nostri lavori si fanno per lo più in solitudine, davanti a un PC dove ritroviamo tutto quel che vogliamo:informazione, divertimento, contatto con gli altri, musica. Ma il più delle volte agiamo e operiamo in perfetto silenzio. La nostra voce, quel degli altri, ha un vago ricordo nel tempo. E questo muta le persone e le personalità. 23 Categorie come spazio e tempo, territorialità, contatto fisico, certezza dell’altro, apparenza, falsità, verità, sono in discussione ogni qual volta ci accingiamo a navigare in internet o a servirci di esso per scopi commerciali e legali. 24 Feltrinelli, Milano 2002. 25 Che compare nella stessa pubblicazione, in occasione di una lezione tenuta all’Università di Olsztyn, Facoltà di Scienze Politiche ed avente a oggetto una dissertazione sui minimi etici nell’era digitale. 26 Si pensi ai Pacs (Pacte civil de solidarité) della Francia, approvati con la legge 944 del 13 ottobre 1999, con i quali una coppia (ma lì non viene specificato se etero od omo sessuale) si impegna a darsi assistenza reciproca. In dottrina si è da più parti 6 6 Nell’affrontare l’argomento, a mio avviso, non è necessario partire immediatamente con uno sfavor (morale) nei confronti dei protagonisti, quanto, piuttosto, da una ipote-si di aiuto e soluzione ai problemi giuridici sorgenti dalla unione (circa le responsabi-lità, ad esempio e la possibilità di stipulare contratti con effetti comuni, congiunti o solo sull’altro) e ai risvolti successivi, nel caso di cessazione della convivenza. Anche lì, infatti, vi sarà pur sempre un soggetto debole. Il recupero morale potrà avvenire in un momento successivo, con l’ausilio di altre forze concorrenti al loro recupero. Nuove esigenze in una nuova società dove sono, forse, apparenti le contraddizioni27 che, però, vanno stemperandosi alla luce, proprio, della ragionevolezza cui accenna-vo28. La giustificazione più plausibile è che vi debba un ritorno a quel minimo etico tradi-zionale, ma soprattutto razionale, tipico delle culture intrise e tendenti a valori univer-sali e assoluti che permeano di etica il diritto. L’Europa è attenta al problema. Basti leggere il preambolo alla nuova Costituzione. Per una sorta di habitus culturale, morale, religioso, storico, si è portati a tener uniti i due termini (matrimonio e famiglia)29; ma ora li si considera in modo diverso, come investiti da una luce dei tempi diversa che getta ombre nuove. Per me l’idea centrale, il perno di ogni futura discussione, anche legislativa, dovrebbe essere, in prima battuta, l’unione nel/per il matrimonio, da intendersi come la forma prima (e più semplice), naturale, esistente nel gran corpo sociale, di dar vita a un ali-quid novi che partecipi delle nature iniziali, ma che diventi, di per sé, un tertium di-verso che, a sua volta, si potrà unire a altre cellule e così via… Un triadico processo sostenuto che la legge istitutiva del Pacs presenti ambiguità in quanto il pacte, dietro l'apparenza d’una veste contrattuale, celerebbe problematiche di tipo familiare che lo farebbero apparire come una soluzione alternativa al matrimonio.Tuttavia, il Conseil Constitutionel è stato chiaro in proposito, sottolineando la natura esclusivamente contrattuale del Pacs ( " le pacte civil de solidarietè est un contrat ètranger au mariage " ) e precisando che la sua conclusione non modifica lo stato civile delle parti. Sul punto, Chiara Minasso, Il patto civile di solidarietà e la situazione italiana, nella rivista on line Diritto & Diritti (www.diritto.it).- 27 L’Europa è unita nella diversità, come recita il Preambolo alla Costituzione Europea. 28 Penso alla legislazione italiana pungolata dalla giurisprudenza innovativa che si muove nell’ottica di tutelare il soggetto che si sottrae ad obblighi minimi di aiuto materiale verso l’altro/a e la prole nonché il diritto a un risarcimento nascente per coloro che sopravvivono alla morte di chi gli sia stato vicino, se pur in rapporto di convivenza, di fatto, quindi. Una prova di come gli ordinamenti si stiano movendo per salvaguardare le posizioni di fatto che diventano giuridiche alla luce del riconoscimento di diritti minimi esistenziali che la razionalità percepisce prima e che il diritto converte, dopo, in formule valide per tutti i consociati. L’ex facto oritur jus, insomma, mai sopito e sempre attuale (si pensi ai fenomeni nascenti su internet…) 29 Un segnale di parziale rinnovamento nella Carta dei diritti della famiglia che la Santa Sede ha emanato il 22 ottobre 1983. “Un documento in cui la critica (oggi dominante) alla concezione individualistico-borghese della famiglia, non è condotta in nome di un auspicato ritorno a vecchi modelli patriarcali, ma nella prospettiva di un nuovo ordine familiare, al quale sia affidata la possibilità di una esistenza umana non alienata, Francesco D’Agostino, Una filosofia della famiglia, Giuffrè, Milano, 1999, pag.8. 7 7 hegeliano, tutto sommato, nel quale, però, restino ferme le individualità, intese, anche, come complesso autonomo di diritti e pretese30, oltre che di spiritualità ed essenzialità. Non si tratta, pertanto, di mero evoluzionismo sociale. Le cellule delle quali parlo, hanno al loro interno una razionalità, una mente, una spi-ritualità, che le rende uniche e particolari: irripetibili e universali ma che, a volte, ri-tornano ad essere sole, per un accidens del destino ma che, non avendo mai perduto la singolarità, la particolarità, la natura superiore, la forza, l’energia, ritornano a rifulgere e a unirsi ad altre, anche in altre forme. Le istituzioni, quindi, dovrebbero prima darsi regole comuni ed omogenee per fron-teggiare la naturale esigenza della vita di coppia disciplinata dalle regole del matrimo-nio e poi aprirsi a regolamentare altre forme di convivenza mantenendo per ferma, pe-rò, la tutela del matrimonio. Tutte queste forme, però, ben possono dare origine a una famiglia attraverso il conce-pimento di figli e/o la possibilità di adottare creature. Perché il problema kantiano o nietzschiano della solitudine e della fine31, si scontra con il gran mare della vita, brodo primordiale salmastro e perenne, nel quale siamo costantemente immersi! Quindi: l’incontro con altre vite, con altri vissuti, con altri es-seri. Con altre solitudini. E sempre in equilibrio instabile appare quel Sé,heideggerianamente inteso,come continua appartenenza propria verso se stessi (l’essere sempre mio e degno di stima). Ciò che spinge a rimanere su e che dà consistenza all’acqua, per il naturale galleggia-mento dell’uomo, è il diritto! Gli ordinamenti giuridici servono a regolare la convivenza tra soggetti che oggi, più che mai, si differenziano tra di loro per etnie, culture, religioni, costumi, morali e u-sanze diverse ma che si incontrano con sempre maggiore frequenza. Venendo a inte-ragire e a combinarsi in modo più rapido e penetrante che nel passato anche prossimo. La globalizzazione è anche questo. Di questo nuovo fenomeno, se ne prende coscienza e conoscenza non appena desti, senza neanche uscire di casa! Basta accendere un personal computer; poi, andando fuori, sul lavoro, per strada, su internet, si entra nel nuovo e grande mondo dei contat-ti, anche virtuali, che se pur a-spaziali e a-temporali32, incidono pesantemente sul no-stro modo di vivere e modificano anche la maniera di pensare. La classificazione dei ricordo avviene per files! L’intreccio di vite con vite (per dirla con Capograssi) si è estesa a dismisura! È dive-nuta una mescolanza di vita con vita. E ci si accorge, allora, che quella primigenia aggregazione di unità biologiche che è il matrimonio dà inizio a una terza e che, accanto al problema della nascita d’una fami- 30 Sul punto rinvio alle belle e preziose pagine di Sergio Cotta, Il diritto nell’esistenza…, op. cit., pagg. 49 e sgg. .- 31 Quello che ogni essere umano tenta di superare unendosi all’altro, sperando di trovarvi un altro da/come sé! 32 Sono due peculiarità (e conseguenze) del nuovo modo di comunicare, relazionarsi, stipulare contratti, compiere azioni (anche delittuose). 8 8 glia, vi è, nella porta della casa accanto, quello della nascita d’una pluralità di famiglie (si pensi alla incidenza e diffusione della cultura islamica). E tutto questo viene ad incidere nella nostra vita, ma anche nel nostro ordinamento33. Ecco, allora, che il matrimonio, diventa la prima unione finalizzata a…: a dar vita nel tempo a una terza vita, a essere un centro di affari nei quali l’interesse economico venga in parte subordinato ad altri aspetti (la fiducia nel partner è cosa ben diversa dal naturale sospetto che si abbia per un socio…), a modularsi per diventare perno di altre famiglie, e così via. Il momento centrale appare la volontà di unirsi basata sull’affectio (e questo dovrebbe restare quanto più tempo sia possibile) tra soggetti di sesso diverso. Per concretizzarsi in una finalità naturale di genesi di vite. Il che, ovviamente, non esclude l’articolato fenomeno delle adozioni, dove la genitorialità è riflessa e successiva. Ma i modelli che il minore avrà accanto e in sè saranno conformi agli archetipi naturali insiti in ogni es-sere e riconosciuti come tali da tutte le culture34. È vero che veniamo da parametri culturali, religiosi, morali, emozionali secondo i quali il matrimonio appare come un’idea sacra, indissolubile ed eterna; ma è altrettan-to vero che la semplice forza d’una grande energia fisica naturale, che per davvero è universale35, eterna36 e della quale l’uomo appare un semplice “conduttore” (parlo dell’Amore), consente di non limitarci nel tempo, di immaginarla proiettata verso l’infinito, e di aspettarci, molto umanamente, che possa terminare. Per poi iniziare sot-to altre forme37. Ma, e sia detto qui con un filo di poesia e di speranza, si resta tutti, sempre, dei con-duttori e questa Energia ci passa attraverso continuamente, in ogni istante e momento di vita. Poi, quando siamo esauriti, non ne riusciamo ad assorbire più, allora… andia-mo direttamente a rifornirci nell’Unica Centrale, al di là del tempo e dello spazio… Tutte le legislazioni europee conoscono e prendono atto della grande valenza e dell’importanza del matrimonio (e delle unioni) e degli obblighi nascenti tra i coniugi prima, e tra loro e i figli, dopo. La societas naturalis così sorta, viene unicamente disciplinata (a seconda delle rispet-tive tradizioni giuridiche) dai singoli ordinamenti ma, è bene ribadirlo, essi non fanno 33 Il problema della pluralità di matrimoni islamici all’interno di un ordinamento che vieti la poligamia, ad esempio. Il confronto/incontro continuo, costante, tra culture e morali differenti che il diritto dovrà (perché deve) armonizzare, gestire, regolare per il bene comune di tutti. Questa è la nuova frontiera del jus! Sul punto, Otfried Höffe, Globalizzazione e diritto penale, Edizioni di Comunità, Torino 2001. 34 Lo Yin e Yang delle filosofie orientali, ad esempio. 35 È in ogni parte, angolo, punto dell’Universo e di ogni possibile Universo… 36 Parte dal Logos e ne costituisce la sua manifestazione prima e somma! Come non pensare a Dante, al quell’Amor che move ‘l Sole e l’altre stelle? 37 Mi piace qui ricordare il bel libro di Roland Barthes, Frammenti di un discorso amoroso, Einaudi, Torino, 1979, per la traduzione di Renzo Guidieri. Un affascinante viaggio, condotto dal semiologo accademico di Francia, all’interno del mondo della amore e dell’innamoramento, architettato secondo un vocabolario, per voci e fraseggi. Dove, alla fine, appare come mai sopita la gran voglia dell’essere umano di essere amato e di amare. Forza propulsiva della vita. 9 9 altro che riconoscerla, come istituto, e tutti i consociati ne sono consapevolmente ob-bligati, secondo quel bel modo di intendere l’obbedienza alle leggi che va sotto il no-me di Socionomia, per dirla con Sergio Cotta; né autonomia (tipica della morale) né eteronomia (tipica di un diritto imposto), ma nascita d’un diritto funzionale all’essere per realizzare le sue finalità (universali), oltre che la sua socialità. Con una obbedienza che egli sente, al suo interno, come già esistente nella sua coscienza, scoperta dalla au-tocoscienza, ancor prima della imposizione della norma. Un dovere giuridico che la razionalità riconosce nel momento di contatto con e per gli altri. Una consapevolezza di dover obbedire per ragione di razionalità e di riconoscimento di universalità comu-ni. L’Io, insomma, presta obbedienza alle leggi perché avverte di doverlo fare per il solo fatto di co/essere, co/esser-ci, co/esistere con gli altri e per gli altri, che sono uguali a lui e pari a lui. L’io e l’altro come Sé, permeati di quel che si vuole (di universalità, spiritualità, ra-zionalità, sentimenti, emozioni, socialità, eccetera) ma immersi in una legge comune che deve governarci per poterci far vivere meglio. Non necessariamente farei riferimento al Nòmos Basileus38. Una ontologia filosofica che deriva dalla naturalità delle leggi che non possono non prevedere, al centro d’ogni cosa, l’uomo, l’essere e che, nel diritto romano, si trova codificato nel jus naturale, presupposto di ogni jus, anche del gentium: alterum non laedere, suum cuique tribuere39. La famiglia è societas naturalis fondata sul matrimonio. Ne parla la Costituzione ita-liana (art. 29) e un po’ tutte le costituzioni e leggi fondamentali dei popoli, per dirla con J. Rawls40. È ben vero che il diritto sorge nelle coscienze, che una naturalis ratio pervade ogni nostro gesto, sentire, muoversi e che (quasi archetipo junghiano) noi avvertiamo l’esistenza doverosa di comandi e di direttive, di ordini e di pretese (lato sensu), cui siamo naturalmente portati ad obbedire per un nostro modo di autoporci nei confronti della società degli uomini, dove l’Io, il mio Sé non può che incontrarsi, incrociarsi, scontrarsi con altri Io, altri Sé (da me)41. L’esistenza del diritto naturale, come esisten-te nella nostra umana razionalità, appare innegabile Il matrimonio è sicuramente un atto dagli indubbi effetti giuridici nel quale giocano due fattori determinanti: lo scopo e un presupposto che appaiono determinanti come elementi di tipicità del rapporto cui danno vita: lo scopo è di dar vita a una unione (proprio nel senso di tendere all’uno: un coniugarsi reciproco) nella quale l’affectio 38 Rinvio al mio Senso della Giustizia, Cacucci, Bari, 1998 e alla bibliografia ivi indicata. 39 E sempre Ricoeur stabilisce la regola etica dell’A ciascuno il suo diritto, come fondante la giustizia intesa come valore universale (P. Ricoeur, Sé come un altro, op. cit. pag. 290 e sgg.). 40 Il diritto dei popoli, Edizioni di Comunità, Torino 2001, a cura di Sebastiano Maffettone; traduzione di Gianpaolo Ferranti e Paola Palminiello. 41 Nel senso sopra descritto. 10 10 costituisce il presupposto determinante. Ed è questo ciò che lega questi esseri per un periodo di tempo e che dà luogo alla famiglia42. Gli obblighi alimentari, quelli di mantenimento, quelli verso i figli hanno una radice profonda nella volontà che i due soggetti hanno posto in essere nel momento stesso nel quale abbiano deciso di unirsi. Un matri/monio dove l’unione abbia per scopo quello di ritrovare in un essere una Mater, e non soltanto una Mater che sia sicuramente Unus/a… A monte: la responsabilità di voler e dover far fronte a tutti quelli che sono i diritti, gli obblighi, i doveri naturali prima e legali dopo verso l’altro43. I diritti e doveri nascenti dal matrimonio sono noti e, proprio perché connessi con la fragilità dell’uomo, posso-no dar vita a quelle patologie delle quali ci stiamo occupando. Ecco perché, per me, l’unione (matrimoniale/legale; ma anche mera la unione di fatto, che viene a concretizzarsi, devono sempre essere basate su una profonda affectio) è il momento di forza a maggior confluenza di diritto, che riconosce quando gli uomini hanno posto in essere volendolo liberamente, per un fine sociale giusto. Le unioni che, di fatto, vengono a realizzarsi, devono comunque avere un riconosci-mento giuridico proprio, quanto agli eventuali effetti che andranno a produrre, in virtù di un principio minimo di tutela dei diritti umani nascenti nella e dalla coppia. È evi-dente che occorrerà chiarire quali siano i diritti e quali i doveri per differenziarli da quelli del matrimonio. Capire se debba intendersi come un contratto puro, valido ed efficace erga omnes (vedi i Pacs francesi) o un accordo di mero fatto da disciplinare per gli effetti/conseguenze giuridici/giuridiche che si vengono a produrre (figli, loca- 42 “Consideriamo la famiglia come una parte della struttura di base perché uno dei suoi ruoli principali è fare da cardine della produzione e riproduzione ordinata della società e della sua cultura, di generazione in generazione. Sappiamo che la società politica è sempre concepita come un sistema di cooperazione sociale che si prolunga indefinitivamente nel tempo; l’idea che vi sia un momento di futuro in cui i suoi affari devono giungere a termine e la società essere sciolta è estranea alla concezione della società politica. Il lavoro riproduttivo è dunque un lavoro socialmente necessario. Accettando di farsene carico,l famiglia si assume il compito centrale di provvedere in modo ragionevole ed efficace all’allevamento e alla cura dei bambini, di assicurare il loro sviluppo morale e di prepararli a partecipare alla cultura della società.” J. Rawls, Il diritto dei popoli, op. cit. pag.209. E poco oltre, aggiunge: “ Perché la ragione pubblica si applichi ad essa, la famiglia deve essere concepita almeno in parte come una questione da affrontare in termini di giustizia politica”, op. ult. cit., pag.210; “Torniamo alla famiglia. L’idea è la stessa: i principi politici non si applicano direttamente alla vita interna della famiglia, la le impongono vincoli essenziali in quanto istituzione e, in tal modo, garantiscono a tutti i suoi membri i diritti e le libertà (liberties) di base, e liberà (freedoms) e opportunità….lo fanno specificando i diritti di base di cittadini uguali che sono membri di famiglie. In quanto parte della struttura di base, la famiglia non può violare queste libertà..”, op. ult. cit., pag. 212. Rawls prosegue la sua analisi sottolineando che una perfetta giustizia sociale la si avrà quando le donne e i bambini avranno una tutela adeguata, sopratutto dal punto di vista assistenziale, sia durante la vita familiare che all’indomani di un divorzio. Dagli asili, alla scuola, al gioco, alla assistenza sanitaria. Discorso assolutamente condivisibile e che la Comunità Europea ha fatto proprio non solo attraverso la recente Costituzione, ma recependo tutte le convenzioni in materia e facendosi promotrice di tutela attraverso le sue corti giurisdizionali. 43 In senso cottiano, si intende: il mio obbligo a obbedire ai dettami della legge nasce nella mia coscienza, naturalmente, per il solo fatto di essere un homo, un individuo razionale; poi il resto è mero adeguamento delle e alle norme che la società mi impone per fini assolutamente contingenti. 11 11 zione immobiliare, acquisto di beni), è questione di diritto interno che, però, resta vin-colante per il cittadino europeo che intenda soggiornarvi nel Paese che abbia adottato un mezzo o un altro44. Ma l’ottica deve essere sempre quella di difendere il più debole. Momento genetico sarà l’affectio, come anche la fiducia/affidamento di un soggetto verso l’altro, con la volontà di poter/dover dar vita (possibilmente) a una famiglia. E in essa nasceranno certamente obblighi (obbligazioni) e pretese. Ma sempre con la distinzione che prece-de. Dal punto di vista normativo, abbastanza di recente, si è tentata una armonizzazione dei diritti dei e nei singoli Stati membri, al fine di poter veder tutelati gli obblighi na-scenti dal matrimonio per quel che attiene, appunto, la prova e l’onere degli alimenti e del mantenimento. Mi riferisco ai Regolamenti CE nn. 1348/2000 del Consiglio del 29 maggio 2000 (in tema di notificazione e comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed e-xtragiudiziari in materia civile o commerciale), 1206/2001 del Consiglio del 28 mag-gio 2001 (in tema di cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle prove in materia civile o commerciale), e 44/2001 del Consiglio del 22 dicembre 2001 (in tema di competenza giurisdizionale, riconosci-mento ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale). Tali regolamenti sono validi solo negli Stati membri e senza bisognosi uno specifico atto di recepimento. Ne deriva una certa qual sicurezza nelle possibilità di esercitare i diritti dei più deboli dinanzi i Tribunali locali, con possibilità di assumere le prove, di ritenerle per valide e di eseguire i provvedimenti sempre nel rispetto, però, dei diritti e delle procedure esi-stenti nei singoli Paesi membri. Qualche richiamo delle norme in proposito chiarirà il discorso. Il decimo considerando del regolamento CE n.1347/2000 limita l’ambito di applica-zione dello stesso ai casi di divorzio,alla separazione personale o all’annullamento del matrimonio. “Il riconoscimento delle decisioni di divorzio e annullamento riguarda soltanto le questioni relative allo scioglimento del vincolo matrimoniale45.il presente regolamento non pregiudica questioni quali la colpa dei coniugi, gli effetti del matri-monio sui rapporti patrimoniali,l’obbligo alimentare o altri provvedimenti accessori ed eventuali, pur se connessi a tali procedimenti”. I considerando successivi specificano meglio l’ambito di applicazione, gli obblighi di adeguamento per le giurisdizioni degli altri stati membri di adeguarsi alle decisioni adottate e consente a quegli Stati che abbiano stipulato accordi particolari con la Santa Sede, di mantenerli fermi onde evitare violazioni ai loro impegni internazionali (c. n.20). L’art. 12 prevede che, in caso di urgenza, “le disposizioni del presente regolamento non ostano a che i giudici di uno Stato membro adottino i provvedimenti provvisori o 44 Escamotages del tipo: divento islamico e mi sposo tre volte o cittadino francese e aderisco ai Pacs, mi sembrerebbe un artificio giuridico che non avrebbe una lunga durata…. Sarebbe viziato, oltre tutto. 45 E, quindi, esclude una sua applicabilità, anche in chiave analogica, alle altre formazioni di unione. 12 12 cautelari previsti dalla legge interna relativamente alle persone presenti nello Stato stesso o ai beni in questo situati, anche se, a norma del presente regolamento, la com-petenza a conoscere del merito spetta al giudice di un altro Stato membro”. Ma, al successivo articolo 14, precisa: “Le decisioni pronunciate in uno Stato membro, sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun pro-cedimento”. Si comincia a delineare la volontà di estendere oltre il territorio nazionale, su quello nuovo, europeo, gli effetti di decisioni sulla famiglia che incidono sui problemi atti-nenti la disciplina di diritti fondamentali, umani, particolari, indisponibili e di grande rilevanza sociale. In evoluzione rispetto al presente dettato normativo è il Regolamento CE 2201/2003 che non è entrato del tutto in vigore e che estende (su espresso richiamo al Consiglio europeo di Tampere) il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudi-ziarie, “quale fondamento per la creazione di un autentico spazio giudiziario e ha in-dividuato nel diritto di visita un settore prioritario”46. Ma, al successivo considerando 8, il Regolamento chiarisce (usando il modo di spo-stamento del granchio…) che: “Relativamente alle decisioni di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio, il presente regolamento dovrebbe applicarsi solo allo scioglimento del vincolo matrimoniale e non dovrebbe riguardare questioni quali le cause di divorzio, gli effetti del matrimonio sui rapporti patrimoniali o altri provvedimenti accessori ed eventuali. Due brevi annotazioni. È inusuale per un legislatore usare il verbo condizionale che appare dubitativo e non risolutivo. In assoluta contro tendenza alla certezza del diritto, pilastro degli ordina-menti (almeno di civil law) degli ultimi anni, a far tempo dalle codificazioni! Lo spa-zio lasciato all’interprete è assolutamente spropositato e potrà dai luogo a una serie considerevole di contenzioso, interno e fra Stati. Inoltre, per cause di divorzio dovrebbero intendersi le ragioni per le quali sia possibile sciogliere un matrimonio. La materia è differente tra i vari Stati membri, quindi appa-re lecito supporre che si sia lasciato ampio spazio alla discrezionalità del diritto inter-no e alla prevalenza su quello comunitario. Ma quid juris se vi sia contrasto tra ordi-namenti dei singoli Stati? Sarà agevole per il cittadino di uno Stato nel quale ottenere il divorzio appare più agevole, far ricorso a quella Autorità giudiziaria a scapito di un’altra? E se le ragioni di un divorzio siano più profonde e colpiscano l’aspetto più intimo della fine della relazione di coppia? Se, insomma, sia sempre il più forte a vo-ler prevalere, appare giusto che il diritto copra tale sua decisione? Inoltre! “Le obbligazioni alimentari sono escluse dal campo di applicazione del pre-sente regolamento in quanto sono disciplinate dal regolamento CE 22/22001”47. 46 Considerando n.2. 47 Ovviamente si danno per presupposti i Regolamenti CE n. 44/2001, in tema di competenza giurisdizionale, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale; n.1348/2000, relativo alla notificazione e alla comunicazione,negli Stati membri, degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale e n. 1206/2001, relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri, nel settore dell’assunzione delle prove in materia civile o commerciale. 13 13 È giusto. Ma è l’aspetto fondamentale allorché un matrimonio finisce e una famiglia si sperde. E sarebbe stato opportuno farne un richiamo esplicito. Del resto, se non si disciplinano le cause di divorzio e le obbligazioni alimentari, resta ben poco come materia del contendere! I regolamenti richiamati, ovviamente, disciplinano tutto quel che necessita per la solu-zione di eventuali conflitti di competenza e giurisdizione. Tra quanto da me richiamato e quanto si dirà in prosieguo, però, resta un clima di grande incertezza per la competenza a decidere e i provvedimenti da adottare. In linea di massima, viene tutelato spesso colui (colei) che ha già un provvedimento in suo favore. Ciò, però, a scapito della stessa idea di Giustizia (non solo formale, quindi) che pur viene invocata nelle leggi e nei regolamenti della CE. Proprio in virtù dei principi di sussidiarietà e proporzionalità più volte richiamati nei considerando dei regolamenti indicati. E che sono, per me, ovviamente, derivati dai più generali principi di libertà ed eguaglianza48. Oltre che di cittadinanza… Sia detto come inciso: una cittadinanza europea, accanto a quella nazionale e/o acquisita, age-volerebbe molto i problemi pratici della giustizia. Una sorta di Civis Europeus Sum, insomma, che sarebbe il mezzo semplice secondo il quale nessuno potrebbe sfuggire a una legge che lo investa tout court. E questo viene previsto nella nuova Costituzione europea, che dovrebbe essere adottata a breve tra gli Stati membri. Altro è per i minori. Ma non è oggetto di mia specifica riflessione. Salvaguardando i figli o i minori (ma anche maggiorenni, non vi pare? La individua-zione dell’età è fatta ai soli fini di ritrovare e scoprire concetti come imputabilità, re-sponsabilità, capacità o altro senza un metodo specifico e psicologico ma che tenga conto solo del comune modo di intendere la vita e l’età, un parametro freddo e sterile della legge che mi sembra debba essere mantenuto per fini egalitari, ma che possa es-sere ben derogato con l’ausilio di settaggi personali psicologici, ad hoc), disciplinati in più Regolamenti della CE, si sfugge al controllo doveroso di assicurare una posi-zione di maggior tutela al coniuge debole, all’abbandonato. Che oggi non sempre è la donna con o senza prole. Certo! Ragioni naturali e frequenti individuano in costei la parte debole del rapporto, quella da proteggere maggiormente. Il più delle volte è affidataria della prole, non lavora o ha gravi problemi sul lavoro (come e dove e a chi lasciare i figli per poter lavorare; gli asili nido o le scuole per l’infanzia sono lontane, eccetera). Oltre alle normali mansioni domestiche, deve svolgere anche quelle lavorative, spesse volte sobbarcandosi a stress davvero pesanti. 48 Fondamento di tutto quanto si è andato sino ad ora affermando! L’Io e l’Altro, il Sé come Altro e l’Altro come Sé, non hanno altra ragion d’essere intesi, se non proprio nell’ottica (politica) del principio di uguaglianza. 14 14 Si aggiunga che l’avanzare dell’età e la situazione di avere a carico la prole, non le a-gevola una socializzazione comune e le impedisce la frequentazione normale oltre i comuni orari lavorativi o post prandiale. E questo vale per la gran arte dei paesi europei. Ma a mio parere oggi non è che si verifichi una contro tendenza. La donna resta sempre il coniuge debole più semplice da individuare. Ma anche l’uomo moderno patisce, in caso di separazione, abbandono o divorzio, una non agevole condizione di vita nuova che lo porta a convergere in una situazione di debolezza differente ma che, comunque, è lo stesso densa di sofferenza e dolore. E non sempre, per entrambe le situazioni, l’aspetto economico è quello prevalente e determinante. Qui un discorso nuovo e de jure condendo a livello europeo. Per comune modo di intendere l’evento post separazione (di qualunque tipo di coppia, sia essa legale che di fatto) appare debole colui/colei che abbisogna di alimenti e/o mantenimento per sopravvivere (da sola/o, con o senza la prole). La sua debolezza è sinonimo di privazione di mezzi e assistenza ovvero di non più adeguati mezzi per mantenere sé e/o la prole a seguito della fine del mènage familiare condotto fino a quel tempo. È abbastanza semplice, banale, normale. Oggi si verificano ipotesi diverse e alternative, e le conseguenze sono differenti. E non voglio riferirmi solo ai maxi divorzi di divi del cinema o di altre forme di spettacolo o multimiliardari. Quelle sono eccezioni, ben inteso. Lì il calcolo economico è evidente! La legge della CE non prevede molto e rinvia il problema all’interno della legislazioni dei Paesi membri e dell’esecutorietà dei provvedimenti giurisdizionali nei Paesi nei quali si sia rifugiato (viva) il coniuge (più) forte. Infatti in una separazione o divorzio non si è solo un debole contrapposto a un forte; ma uno dei soggetti e meno (o più) debole o forte dell’altro. È la condizione umana, quella alla quale accennano all’inizio di questo lavoro, che in-cide sullo status psicologico e giuridico di un soggetto. Non è il semplice avvantag-giarsi dal punto di vista economico, che realizza la forza. E di questo gli ordinamenti interni e quello europeo dovrebbero prenderne atto. Ma il problema dell’assistenza a chi sia rimasto solo è complesso e non ben individua-to. Forse perché sfugge alle regole attuali nelle quali l’essere è sempre visto come un soggetto di diritti, doveri, obblighi, poteri; ma senza personalità49. Quasi che il suo a-gire sia solo da considerarsi e disciplinarsi nelle fredde righe d’una norma o di una sentenza e possa essere giudicato solo da esse. Un po’ poco, mi sembra. Proprio alla luce di quanto dicevo all’inizio di questa mia valutazione. La ricchezza interiore di un essere, il suo calore, la sua energia, non vengono valutate, stimate, apprezzate per intero. Sembra un depauperamento dovuto. A un giudizio della legge umana, segue un giudizio degli uomini. Una seconda cacciata da un luogo rite-nuto ideale e che fino ad allora lo/la aveva accolto/a e ritenuta importante. 49 Alla Musil, per intenderci. 15 15 Il dato psicologico, insomma, il quadro della personalità nella sua interezza, è assente dalla considerazione delle legislazioni di molti Stati. Si pensa solo ai suoi diritti o ai suoi doveri, alla sua anima peccatrice o sofferente (da un punto di vista squisitamente religioso. Ed è importante, si intende), ma non si guarda alla crisi profonda che un e-vento possa aver causato nella sua psiche sia esaltandola, sia abbattendola. L’aiuto e l’ausilio psicologico sono lontani e lasciati solo alle iniziative private o pubbliche50 La solitudine come condanna, ad esempio, la perdita di relazionalità, la paura di nuovi incontri, il timore di soffrire ancora, l’incapacità di aprirsi al mondo, la perdita di au-tostima e sicurezza sono solo alcuni degli aspetti che affliggono il coniuge debole. Ecco perché poco sopra tendevo a non contrapporre tour court il debole al forte. Co-me in una separazione (e, quindi, divorzio, per la legislazione italiana) sono pochissi-mi i casi nei quali le colpe sono soltanto da una sola parte, così le sue conseguenze hanno una ricaduta (psicologica, morale, giuridica, economica) a pioggia sulla coppia e sui componenti il nucleo familiare. Colpiscono tutti e indistintamente. E tutto ciò, in un quadro generale e complessivo della situazione di crisi, gioca un ruo-lo determinante ai fini della determinazione e individuazione delle sue obbligazioni. La potenzialità di ripresa di un tale soggetto, ha, come diretta conseguenza, anche di essere fonte di aiuto per chi debba ricevere da costui, costei. E non solo in termini di aiuti economici. Il diritto non è un qualcosa di sterilizzato, asettico51: vive per e nell’uomo e, quindi, giocano, con esso, altri fattori come la morale, l’idea religiosa, la psicologia, l’analisi del profondo, la struttura di personalità. La vasta casistica che è sotto lo sguardo di tutti, d’altronde, offre spunti di analisi di-versa. Non c’è solo il caso semplice di colui che abbandona moglie e figli e se ne va a vivere altrove, anche in un altro Stato. Ragioni sentimentali sopraggiunte, malattie gravi, patologie diverse, inducono le cop-pie a separarsi e, quindi, a divorziare. E tutto questo crea mondi divisi di solitudine e indifferenza. A volta aggravati da con-testi sociali e ambientali52 50 Nell’Emilia – Romagna, regione italiana all’avanguardia nel settore socio assistenziale, ad esempio, si stanno sperimentando case alloggio per uomini separati o divorziati che si trovino in palese difficoltà economica. Sono previste turnazioni e requisiti minimi di accesso come, ad esempio, non aver riportato condanne penali, non essere decaduti dalla potestà genitoriale, essere in regola con i pagamenti degli alimenti, frequentare i figli in modo continuativo, eccetera. Il rapporto con i figli, ad esempio, può subire delle alterazioni e rischiare un allontanamento proprio in considerazione del grave stress psicologico da separazione (abbandono) che anche il genitore subisce. Quello del figlio è evidente e quasi consequenziale. Ma quello nel genitore è latente; ma quando insorge, anche distanza di tempo, è generatore di sofferenza e di dolore. 51 L’ordinamento, scrivevo altrove, non è una sala asettica operatoria dove vi sia assenza di virus/valori e tutto debba procedere in modo sistemato e previsto. Gli accidens capitano anche lì ed esistono i virus da sala operatoria. L’uomo, in buona sostanza, non vive di solo ordinamento ma anche di valori fondamentali che le norme, anche inconsapevolmente, racchiudono e liberano nei momenti più impensati. E a questo servono gli interpreti! 16 16 Gli ordinamenti cercano di far fronte alle esigenze preminenti di tutelare e salvaguar-dare la prole53. Ed è giusto e doveroso. E il coniuge affidatario è quello sul quale rica-de la maggior responsabilità e gli oneri di ogni tipo (economici, educativi, sociali…). Ma anche colui che è restato solo merita una sua tutela, un rispetto e una attenzione maggiore da parte della società e, per esso, dall’ordinamento e dalle istituzioni. È di-ventato, più vulnerabile e oggetto di veri e propri ricatti, anche morali, da parte di quelli che erano componenti della sua famiglia, parti di sé. Una situazione di sofferen-za, insomma54. La debolezza e la fragilità sono condizioni dell’essere, sono connaturate a lui; come la filosofica idea di contingenza55. E tutti noi abbiamo momenti di crisi (crisis56). Che dovrebbero essere, prodromi di una crescita, come le febbri nei fanciulli. L’importante, ovviamente, è individuarne la causa e por mano ai rimedi per non aggravare la situazione difficile e agevolarne il su-peramento. Penso, allora, al concetto (mutuato dalla scienza dei metalli) di resilienza che si usa nella psico dinamica minorile e che indubbiamente favorisce la crescita dei minori57; 52 Una grande città, ad esempio, se da un lato offre spazi di ritrovo e di aggregazione nuova, dall’altro appesantisce la solitudine rendendola insuperabile. 53 Si tenga anche conto dell’ormai generalizzato fenomeno di allontanamento tardivo dei figli dalle famiglie d’origine per dar vita, a loro volta, si intende, o a una vita solitaria o in comune (convivenze) o per sposarsi (E il matrimonio resta la causa prima di allontanamento). Le ragioni sono molteplici: insicurezza del lavoro o non lavoro, attaccamento ai genitori, voglia di non crescere, paura di allontanarsi troppo da casa e perdere amicizie, incapacità a sapersi relazionare con gli altri, in cultura. 54 Come non essere in sintonia con Ricoeur quando afferma: “La sofferenza non è definita unicamente dal dolore fisico e neppure dal dolore mentale, ma dalla diminuzione, e anche dalla distruzione, della capacità di agire, di poter fare, che vengono sentite come un attentato ala integrità del sé. Qui, l’iniziativa,precisamente in termini di potere-di-fare, sembra spettare unicamente al sé, che dona la sua simpatia, la sua compassione, prendendo questi termini nel senso forte dell’aspirazione a condividere la pena altrui. Confrontato a questa beneficenza, e anche a questa benevolenza, l’altro sembra ridotto alla condizione di ricevere solamente…ed è in questo modo che il soffrire-con si dà, in prima approssimazione, come l’inverso della chiamata alla responsabilità ad opera della voce dell’altro.”, P. Ricoeur, Sé come un altro, op. cit., pag.286. 55 Che unitamente alla incompiutezza e alla particolarità, sono da Sergio Cotta viste come le caratteristiche essenziali dell’individuo empirico, “che sono all’opposto della sua aseità, assunta come iniziale nell’indagine”, S. Cotta, Il diritto nell’esistenza…, op. cit., pag.66. 56 Z. Bauman, La solitudine del cittadino globale, op. cit. pagg. 151 – 153. 57 Ne parla Francesco Bellino nel suo, Filosofia del successo, Cacucci, Bari, 2004, pagg. 215 e sgg.. Essa consiste nella resistenza a rottura dinamica di un metallo, nella capacità di un materiale ad assorbire un urto senza rompersi. In psicologia indica l’attitudine necessaria per uscire dalla spirale negativa dl dolore, da traumi gravi, da situazioni difficili e drammatiche. La resilienza è la caratteristica virtuosa e positiva del singolo che va ricercata, trovata e scoperta insieme a lui e che gli consente di superare le difficoltà e le sofferenze, avendo la consapevolezza di aver meglio resistito a un tipo di dolore ovvero, a ricostruirsi una personalità più forte e resistente. Se non si è una bambola di ferro, ma di coccio, si tende a far rivestire la stessa con una armatura che la corazzi per il futuro. Serve a conoscere, ma anche a conoscersi. Ognuno ha una soglia di dolore e di sofferenza differente, a seconda della naturale sensibilità, esperienza di vita, relazione con gli altri, vissuto storico in famiglia, rapporto con i genitori e gli altri durante la infanzia. Epoca formativa primaria. Non si dimentichi che nella famiglia è che si forgia la nostra struttura di personalità base. 17 17 ma estensibile anche a quei soggetti adulti che siano (stati) sottoposti a tensione, crisi, appunto e possano scoprire quale sia il loro punto di rottura per poterlo evitare. Per riscoprire, si intende, il mondo dei valori nel quale siamo immersi. L’individuo che resta solo, il debole, per risolvere i suoi drammi quotidiani, ha biso-gno dell’altro; avverte la mancanza di rapporti affettivi. Aristotele vedeva come fon-dante il rapporto amicale la necessità dell’altro. Nella società odierna, all’interno di una famiglia frantumata o venuta fuori da tale situazione, il soggetto (ap)percepisce la sua solitudine attraverso gli elementi della reversibilità (anche l’altro può/è solo), in-sostituibilità (dei ruoli giocati nella vita) e similitudine58 (ricercare, per risolvere, i momenti di rassomiglianza con l’altro). E l’ordinamento deve occuparsi anche di questo nuovo aspetto della complessità sog-gettiva dell’essere all’interno d’una famiglia e fuori (soprattutto se ne abbia idea di formarne un’altra). Le legislazioni dei singoli Paesi europei (e/o una legislazione nuova59), più attente ai temi nascenti dalle patologie delle separazioni e dei divorzi, non dovrebbero essere a-liene dal prevedere possibili aiuti psicoterapeutici alle coppie in crisi60 comunque sorte e dovunque collocate. In fondo sono i protagonisti di questa vicenda umana61 che, circolando, movendosi an-cora nel mondo, possono creare e dar vita ad altre unioni e ad altre famiglie giocando, un ruolo importante sia per coloro che aveva intorno che per i nuovi esseri che incon-trerà. Perché, come noto, a fondamento di una ricerca ontologica dell’uomo, questi è dap-prima portato a smarrirsi, a perdersi62; ma successivamente, ritrovatosi, ad attivarsi sempre più a universalizzare se stesso. 58 “ La similitudine è il frutto dello scambio fra stima di sé e sollecitudine per l’altro. Questo scambio autorizza a dire che non posso stimare me stesso senza stimare l’altro come me stesso. Come me stesso significa: anche tu sei capace di dar inizio a qualcosa ne mondo, di agire per delle ragioni, di gerarchizzare le tue preferenze, di stimare gli scopi della tua azione e, così facendo, di stimare te stesso come io stimo me stesso. L’equivalenza fra l’ <> e il <> riposa su di una confidenza che può essere ritenuta per una estensione dell’attestazione, grazie alla quale io credo di potere e valere. ”, P. Ricoeur, Sé come un altro, op. cit. pag. 290. 59 Una sorta di UNIDROIT del 1994, recentemente integrato, che indica i principi dei contratti commerciali internazionali. 60 Per i minori esistono già diversi istituti di aiuto come è notoria la attività di intervento della psicologia della famiglia nei momenti antecedenti la separazione. L’esperimento degli istituti di mediazione, in Italia, nascono anche per sopperire a tali necessità. 61 …troppo umana, per dirla con Nietzsche. 62 “ La capacità regolativa dell’analisi ontologica ha quindi questo di caratteristico, che evidenzia non ciò che costituisce l’antitesi dell’humanum (non ciò, quindi, che differenzia l’uomo dalle pietre, dalle piante, ecc…), ma il depauperamento, il fallimento di questo; tutto ciò, insomma che inquina quella dimensione meta-biologica che rende tale l’uomo e la cui privazione, pur non alterandolo biologicamente, lo conduce alla fine a smarrire se stesso. La perdita della propria identità è sicuramente la più grande delle sofferenze che possono essere patite dall’uomo; ed è, nello stesso tempo, l’unica delle sofferenze che non possono (a quanto è dato ritenere, dato che non abbiamo alcun argomento per sostenere il contrario) essere patite dagli animali. L’indagine ontologica non ci condurrà, quindi, ad identificare condizioni alle quali l’uomo non può rinunciare, ma condizioni alla cui rinuncia è ricollegata quella propria soggettività di uomo; nell’impegno ontologico… la posta in gioco è quella 18 18 E il tutto ha ed avrà una valenza sociale, politica, giuridica ed economica di grande valore e portata. La giustizia sociale, come ricordava Rawls, è equilibrio all’interno di una famiglia. Una assistenza psicologica più forte, quasi obbligante (che non vada oltre i limiti della privacy, si intende), nei momenti di crisi e difficoltà sia all’interno d’una coppia, che di una famiglia che, dopo una separazione (non solo tra genitori, ma anche tra questi e i figli), può, unitamente a un sistema legislativo comune che consenta di obbligare all’adempimento il coniuge più forte verso quello più debole ai suoi doveri, ritrovare la possibilità di crescere e rafforzare il cittadino di questo paese globale. Con buona pace, si intende, per uno stato etico, che non ha più ragion d’essere, se mai ne abbia avuta una! Per un diverso e più universale modo di appropriarsi e difendere non solo le note li-berta “da” e libertà “di”, ma anche quelle “con” e “per”; quest’ultima non intesa come mera finalizzazione degli interessi individuali, ma come riscoperta dall’altro da usar, kantianamente, mai come mezzo ma sempre come fine. Per un ritorno a un vivere sereno e sociale, allargato, europeo, globalizzato (senza mi-tizzazioni, allo stato, di improbabili ordinamenti mondiali) nel quale un nuovo incon-tro tra due esseri resti sempre possibile, una volta adempiuti precedenti e reciproci ob-blighi e doveri, verso vite incontrate e perse, con una naturale e ritrovata gioia di vive-re, nella nuova ottica di un Ubi Tu Gaius Ego Gaja, dove, accanto all’assoluta libertà e indipendenza dei singoli che siano (siamo) ciascuno (di noi), ovviamente, sui juris in senso pieno, l’ultima parola indichi, anche, la mai sopita terrestre e sacra fertilità, fonte attrattiva e propulsiva di quella strana forza che (in) Dio è, le donne naturalmen-te posseggono e gli uomini chiamano semplicemente: AMORE. della identificazione non di un corpo, ma di un ‘volto’, nel senso di Lévinas.”, F. D’Agostino, Una filosofia della famiglia, op. cit. pag. 67
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