Il raggruppamento in questione, che chiude l’Attivo Patrimoniale, presenta un insieme di grandezze aventi natura differente. E noto, infatti, che tali valori, pur essendo accomunati da un procedimento di calcolo basato sulla proporzionalità in funzione del decorrere del tempo, hanno natura economico-contabile sostanzialmente differente: – i ratei rappresentano valori finanziari assimilabili ai crediti e debiti (ratei attivi e ratei passivi) che misurano componenti di reddito di competenza dell’esercizio in chiusura, ma che avranno manifestazione finanziaria nell’esercizio successivo; – i risconti rappresentano valori economici assimilabili alle rimanenze che hanno la funzione di “stornare” componenti di reddito, i quali, pur avendo già avuto la manifestazione finanziaria, si ritengono di competenza dell’esercizio successivo, costituendo, in definitiva, una rimanenza contabile. La soluzione legislativa richiede, invece, la collocazione congiunta dei valori suddetti. Una giustificazione può scaturire dal fatto che il legislatore ha inteso dare rilevanza alla circostanza che trattasi “di quote di costi e proventi, comuni a due o più esercizi, l’entità dei quali varia in ragione del tempo”. L’impostazione prevista ha, conseguentemente, permesso la collocazione, anche se separata, in questo raggruppamento, del disaggio di emissione su prestiti obbligazionari (tradizionalmente inteso in dottrina quale costo ad utilizzazione pluriennale). La definizione legislativa di rateo e risconto consente l’inclusione di valori connessi a canoni di locazione (compreso il leasing), a premi di assicurazione, a interessi su mutui, ai costi di pubblicità, a interessi su titoli, ecc. Risulta, pertanto, impedito l’utilizzo, in passato notevolmente diffuso, di tali voci per operazioni di natura differente, quali ad esempio le fatture da emettere per vendite già effettuate, gli interessi maturati e liquidabili, ecc.
I Ratei e Risconti
Turco, Mario
2021-01-01
Abstract
Il raggruppamento in questione, che chiude l’Attivo Patrimoniale, presenta un insieme di grandezze aventi natura differente. E noto, infatti, che tali valori, pur essendo accomunati da un procedimento di calcolo basato sulla proporzionalità in funzione del decorrere del tempo, hanno natura economico-contabile sostanzialmente differente: – i ratei rappresentano valori finanziari assimilabili ai crediti e debiti (ratei attivi e ratei passivi) che misurano componenti di reddito di competenza dell’esercizio in chiusura, ma che avranno manifestazione finanziaria nell’esercizio successivo; – i risconti rappresentano valori economici assimilabili alle rimanenze che hanno la funzione di “stornare” componenti di reddito, i quali, pur avendo già avuto la manifestazione finanziaria, si ritengono di competenza dell’esercizio successivo, costituendo, in definitiva, una rimanenza contabile. La soluzione legislativa richiede, invece, la collocazione congiunta dei valori suddetti. Una giustificazione può scaturire dal fatto che il legislatore ha inteso dare rilevanza alla circostanza che trattasi “di quote di costi e proventi, comuni a due o più esercizi, l’entità dei quali varia in ragione del tempo”. L’impostazione prevista ha, conseguentemente, permesso la collocazione, anche se separata, in questo raggruppamento, del disaggio di emissione su prestiti obbligazionari (tradizionalmente inteso in dottrina quale costo ad utilizzazione pluriennale). La definizione legislativa di rateo e risconto consente l’inclusione di valori connessi a canoni di locazione (compreso il leasing), a premi di assicurazione, a interessi su mutui, ai costi di pubblicità, a interessi su titoli, ecc. Risulta, pertanto, impedito l’utilizzo, in passato notevolmente diffuso, di tali voci per operazioni di natura differente, quali ad esempio le fatture da emettere per vendite già effettuate, gli interessi maturati e liquidabili, ecc.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.