Alla fine degli anni ‘80 dell’Ottocento Max Weber è incaricato dal Verein für Sozialpolitik di svolgere una inchiesta sulle condizioni dei contadini nei territori della Germania dell’est al confine con la Polonia, dalle cui conclusioni emergono due aspetti che caratterizzeranno l’opera successiva del pensatore tedesco: sottoporre la conoscenza storico-sociale, affinché risulti scientificamente corretta, anche ad un lavoro di ricerca empirica e legare l’analisi scientifica alla critica politica. Nel 1895 a Weber è affidata la cattedra di Economia politica presso l’Università di Friburgo. In occasione dell’inaugurazione del corso di economia politica legge un celeberrimo discorso noto come la prolusione del 1895. L’articolo intende soffermarsi su questo scritto weberiano Lo Stato nazionale e la politica economica tedesca. Questo saggio è stato oggetto di molteplici analisi in cui molti interpreti, hanno sottolineato i tratti nazionalistici presenti nel c pensiero di Weber che esaltano lo “Stato nazionale” o la natura imperialistica della politica. In questo saggio sua attenzione si dirige in primo luogo sulla situazione dei territori orientali della Germania di cui analizza le differenze della fertilità dei suoli, la distribuzione della popolazione ed i rapporti di produzione all’interno di una economia prevalentemente agricola, il contesto sociale ed, infine, la stratificazione etnica e religiosa. Ma Weber non intende affatto rivendicare una supremazia di carattere nazionale, come, al contrario, spesso la critica ha letto questo testo. Egli coglie, da politico, il disfacimento – che, in realtà, investe l’intera Germania e non solo le sue marche orientali – di rapporti economici che legano insieme interesse dei contadini e interessi della grande proprietà terriera. Nel latifondo, il proprietario esercita non solo il potere economico ma anche il potere politico. Gli effetti della disgregazione produttiva del latifondo, con la sua trasformazione in impresa agricola di tipo capitalistico, trascina con sé anche un profondo mutamento sociale e la crisi politica e di potere della classe degli Junker. Analisi scientifica e critica politica si sorreggono vicendevolmente nel giovane Weber. Ma il punto di vista di Weber è anche economico. Parla da economista (è docente di economia politica a Friburgo), e si rivolge prevalentemente ad economisti. Ed è su questo terreno che, richiamandosi alla tradizione della scuola storica dell’economica, troviamo spunti critici ai postulati dell’economia neoclassica di fine Ottocento. In primo luogo, Weber che l’economia non è assimilabile ad una scienza naturale, poiché nella vita economica non opera alcuna legge di natura. Quindi, non si può sostenere che la sola determinante dei comportamenti economici sia l’interesse del singolo. Pertanto, l’utilità personale non conduce affatto, inevitabilmente, ad una generale armonia sociale. Come ogni altro comportamentoanche quello economico è soggetto al giudizio dell’ambiente circostante, e ciò significa che nella condotta indivisuale si manifesta l’influenza di un dover essere che rende l’agire umano libero da qualsiasi legge di natura. Ci troviamo, quindi, non di fronte ad un Weber apologeta della politica imperialista tedesca ma al cospetto di una autore che, precocemente, coglie, altramonto del XIX secolo, i primi sintomi di una crisi che colpirà le moderne società di massa novecentesche.
Naţionalismul şi conceputl de identitate în gândirea din tinereţe a lui Max Weber
Angelo Chielli
2024-01-01
Abstract
Alla fine degli anni ‘80 dell’Ottocento Max Weber è incaricato dal Verein für Sozialpolitik di svolgere una inchiesta sulle condizioni dei contadini nei territori della Germania dell’est al confine con la Polonia, dalle cui conclusioni emergono due aspetti che caratterizzeranno l’opera successiva del pensatore tedesco: sottoporre la conoscenza storico-sociale, affinché risulti scientificamente corretta, anche ad un lavoro di ricerca empirica e legare l’analisi scientifica alla critica politica. Nel 1895 a Weber è affidata la cattedra di Economia politica presso l’Università di Friburgo. In occasione dell’inaugurazione del corso di economia politica legge un celeberrimo discorso noto come la prolusione del 1895. L’articolo intende soffermarsi su questo scritto weberiano Lo Stato nazionale e la politica economica tedesca. Questo saggio è stato oggetto di molteplici analisi in cui molti interpreti, hanno sottolineato i tratti nazionalistici presenti nel c pensiero di Weber che esaltano lo “Stato nazionale” o la natura imperialistica della politica. In questo saggio sua attenzione si dirige in primo luogo sulla situazione dei territori orientali della Germania di cui analizza le differenze della fertilità dei suoli, la distribuzione della popolazione ed i rapporti di produzione all’interno di una economia prevalentemente agricola, il contesto sociale ed, infine, la stratificazione etnica e religiosa. Ma Weber non intende affatto rivendicare una supremazia di carattere nazionale, come, al contrario, spesso la critica ha letto questo testo. Egli coglie, da politico, il disfacimento – che, in realtà, investe l’intera Germania e non solo le sue marche orientali – di rapporti economici che legano insieme interesse dei contadini e interessi della grande proprietà terriera. Nel latifondo, il proprietario esercita non solo il potere economico ma anche il potere politico. Gli effetti della disgregazione produttiva del latifondo, con la sua trasformazione in impresa agricola di tipo capitalistico, trascina con sé anche un profondo mutamento sociale e la crisi politica e di potere della classe degli Junker. Analisi scientifica e critica politica si sorreggono vicendevolmente nel giovane Weber. Ma il punto di vista di Weber è anche economico. Parla da economista (è docente di economia politica a Friburgo), e si rivolge prevalentemente ad economisti. Ed è su questo terreno che, richiamandosi alla tradizione della scuola storica dell’economica, troviamo spunti critici ai postulati dell’economia neoclassica di fine Ottocento. In primo luogo, Weber che l’economia non è assimilabile ad una scienza naturale, poiché nella vita economica non opera alcuna legge di natura. Quindi, non si può sostenere che la sola determinante dei comportamenti economici sia l’interesse del singolo. Pertanto, l’utilità personale non conduce affatto, inevitabilmente, ad una generale armonia sociale. Come ogni altro comportamentoanche quello economico è soggetto al giudizio dell’ambiente circostante, e ciò significa che nella condotta indivisuale si manifesta l’influenza di un dover essere che rende l’agire umano libero da qualsiasi legge di natura. Ci troviamo, quindi, non di fronte ad un Weber apologeta della politica imperialista tedesca ma al cospetto di una autore che, precocemente, coglie, altramonto del XIX secolo, i primi sintomi di una crisi che colpirà le moderne società di massa novecentesche.File | Dimensione | Formato | |
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