Nell’attuale dibattito scientifico rilevanza crescente è da attribuirsi al concetto di sviluppo sostenibile ed al perseguimento dello stesso da parte di aziende, istituzioni pubbliche e società civile in senso lato. La tradizionale definizione di “sviluppo sostenibile” risale al rapporto “Our Common Future” pubblicato nel 1987 dalla Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo (Commissione Bruntland) del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente. Da tale definizione emerge che per sviluppo sostenibile si intende uno sviluppo in grado di assicurare «il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri» (Commissione Bruntland, 1987). La Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo (UNCED, United Nations Conference on Environment and Development), tenuta a Rio de Janeiro nel 1992, ha consolidato il principio dello sviluppo sostenibile attraverso la sua formalizzazione negli atti adottati a conclusione del Vertice. Tale no zione è stata inoltre accolta nei trattati ambientali aperti alla firma a Rio: la Convenzione sui cambiamenti climatici, entrata in vigore nel 1994, e la Con venzione sulla diversità biologica, entrata in vigore nel 1993. Gli atti di Rio e le successive conferenze mondiali promosse dalle Nazioni Unite, in specie la Conferenza di Johannesburg del 2002, confermano una configurazione del principio dello sviluppo sostenibile fondata su tre fattori interdipendenti: tutela dell’ambiente, crescita economica e sviluppo sociale. Infine, l’attualità del tema è riconosciuta dalle Nazioni Unite che nel 2015, nel definire i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile da perseguire entro il 2030, hanno richiesto ad ogni Paese aderente l’impegno a definire una propria strategia di sviluppo sostenibile che consenta di raggiungere gli obiettivi entro i termini fissati da Agenda 2030. In tale contesto, il presente lavoro, dopo aver analizzato i principali paradigmi formulati dalla dottrina economica in merito alle tipologie di intervento dello Stato a sostegno della crescita e dello sviluppo economico, indaga il ruolo che le istituzioni pubbliche assumono nel perseguimento dello sviluppo sostenibile attraverso l’analisi di un case study. In particolare, l’analisi dell’ILVA di Taranto, centro siderurgico tra i più grandi d’Europa, si evolve trasversalmente lungo le differenti fasi in cui lo Stato ha, prima, gestito direttamente il centro siderurgico e, poi, privatizzato lo stesso. In particolare, la ricerca individua e indaga quattro fasi di sviluppo: quella iniziale di insediamento dello stabilimento produttivo caratterizzato dalla gestione pubblica diretta, il periodo della privatizzazione della seconda metà degli anni Novanta, la fase del commissariamento e della gestione straordinaria e la fase attuale della nuova gestione privata affidata alla multinazionale ArcelorMittal, società leader mondiale nel settore che, peraltro, vanterebbe “sulla carta” un approccio pro-attivo ed una lunga esperienza in tema di responsabilità sociale e sviluppo sostenibile. Per ciascuna delle predette fasi, lo studio analizza la strategia governativa, osservata nell’ottica del paradigma dello sviluppo sostenibile, in linea con i principali framework teorici elaborati sul tema a livello internazionale. Nell’effettuare tale analisi longitudinale si è tenuto ovviamente in considerazione dell’evoluzione del concetto di sviluppo sostenibile nel tempo, nonchè, in particolare del differente livello di accettazione sociale e di coscienza ambientale che si è evoluta nel corso del tempo. Per analizzare il ruolo delle istituzioni pubbliche nel perseguimento dello sviluppo sostenibile (o mancato perseguimento dello stesso), in accordo a precedenti e consolidati studi (De Villiers et al., 2019; Qu and Dumay, 2011; Yin, 2014; Dumay and Rooney, 2011), la ricerca effettua un’analisi qualitativa di tipo longitudinale del caso ILVA, investigando i diversi ambiti dello sviluppo sostenibile nelle fasi storiche sopra citate. Tale analisi, di tipo induttivo, si fonda sull’osservazione di una serie di unstructured data, quali articoli di quotidiani, interviste, blog, fonti legislative nazionali, europee e regionali. L’analisi dei dati ha consentito di ricostruire ed interpretare i fatti accaduti, individuando i relativi aspetti di rilievo. Partendo da queste considerazioni, il presente lavoro analizza il caso ILVA di Taranto e si pone l’obiettivo di indagare il ruolo dello Stato nella composizione delle dimensioni della sostenibilità a valere nel tempo e verificare le modalità con cui il governo italiano ha valutato i simultanei rischi economici, sociali ed ambientali ed ha deciso di orientare le scelte strategiche per giungere alla loro possibile composizione nell’ottica del raggiungimento del più ampio obiettivo nazionale di sviluppo. La principale novità dell’analisi condotta risiede nell’aver affrontato, attraverso uno studio empirico, come l’ottica della convenienza economica e sociale nazionale spinga la governance politica ad accettare la non sostenibilità economica d’impresa e socio-ambientale di contesto locale, ponendo in essere meccanismi di intervento che compongono e orientano i vari interessi.
Il Ruolo delle Istituzioni Pubbliche nel Perseguimento dello Sviluppo Sostenibile. Il Caso Ilva di Taranto
Turco, Mario
2022-01-01
Abstract
Nell’attuale dibattito scientifico rilevanza crescente è da attribuirsi al concetto di sviluppo sostenibile ed al perseguimento dello stesso da parte di aziende, istituzioni pubbliche e società civile in senso lato. La tradizionale definizione di “sviluppo sostenibile” risale al rapporto “Our Common Future” pubblicato nel 1987 dalla Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo (Commissione Bruntland) del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente. Da tale definizione emerge che per sviluppo sostenibile si intende uno sviluppo in grado di assicurare «il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri» (Commissione Bruntland, 1987). La Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo (UNCED, United Nations Conference on Environment and Development), tenuta a Rio de Janeiro nel 1992, ha consolidato il principio dello sviluppo sostenibile attraverso la sua formalizzazione negli atti adottati a conclusione del Vertice. Tale no zione è stata inoltre accolta nei trattati ambientali aperti alla firma a Rio: la Convenzione sui cambiamenti climatici, entrata in vigore nel 1994, e la Con venzione sulla diversità biologica, entrata in vigore nel 1993. Gli atti di Rio e le successive conferenze mondiali promosse dalle Nazioni Unite, in specie la Conferenza di Johannesburg del 2002, confermano una configurazione del principio dello sviluppo sostenibile fondata su tre fattori interdipendenti: tutela dell’ambiente, crescita economica e sviluppo sociale. Infine, l’attualità del tema è riconosciuta dalle Nazioni Unite che nel 2015, nel definire i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile da perseguire entro il 2030, hanno richiesto ad ogni Paese aderente l’impegno a definire una propria strategia di sviluppo sostenibile che consenta di raggiungere gli obiettivi entro i termini fissati da Agenda 2030. In tale contesto, il presente lavoro, dopo aver analizzato i principali paradigmi formulati dalla dottrina economica in merito alle tipologie di intervento dello Stato a sostegno della crescita e dello sviluppo economico, indaga il ruolo che le istituzioni pubbliche assumono nel perseguimento dello sviluppo sostenibile attraverso l’analisi di un case study. In particolare, l’analisi dell’ILVA di Taranto, centro siderurgico tra i più grandi d’Europa, si evolve trasversalmente lungo le differenti fasi in cui lo Stato ha, prima, gestito direttamente il centro siderurgico e, poi, privatizzato lo stesso. In particolare, la ricerca individua e indaga quattro fasi di sviluppo: quella iniziale di insediamento dello stabilimento produttivo caratterizzato dalla gestione pubblica diretta, il periodo della privatizzazione della seconda metà degli anni Novanta, la fase del commissariamento e della gestione straordinaria e la fase attuale della nuova gestione privata affidata alla multinazionale ArcelorMittal, società leader mondiale nel settore che, peraltro, vanterebbe “sulla carta” un approccio pro-attivo ed una lunga esperienza in tema di responsabilità sociale e sviluppo sostenibile. Per ciascuna delle predette fasi, lo studio analizza la strategia governativa, osservata nell’ottica del paradigma dello sviluppo sostenibile, in linea con i principali framework teorici elaborati sul tema a livello internazionale. Nell’effettuare tale analisi longitudinale si è tenuto ovviamente in considerazione dell’evoluzione del concetto di sviluppo sostenibile nel tempo, nonchè, in particolare del differente livello di accettazione sociale e di coscienza ambientale che si è evoluta nel corso del tempo. Per analizzare il ruolo delle istituzioni pubbliche nel perseguimento dello sviluppo sostenibile (o mancato perseguimento dello stesso), in accordo a precedenti e consolidati studi (De Villiers et al., 2019; Qu and Dumay, 2011; Yin, 2014; Dumay and Rooney, 2011), la ricerca effettua un’analisi qualitativa di tipo longitudinale del caso ILVA, investigando i diversi ambiti dello sviluppo sostenibile nelle fasi storiche sopra citate. Tale analisi, di tipo induttivo, si fonda sull’osservazione di una serie di unstructured data, quali articoli di quotidiani, interviste, blog, fonti legislative nazionali, europee e regionali. L’analisi dei dati ha consentito di ricostruire ed interpretare i fatti accaduti, individuando i relativi aspetti di rilievo. Partendo da queste considerazioni, il presente lavoro analizza il caso ILVA di Taranto e si pone l’obiettivo di indagare il ruolo dello Stato nella composizione delle dimensioni della sostenibilità a valere nel tempo e verificare le modalità con cui il governo italiano ha valutato i simultanei rischi economici, sociali ed ambientali ed ha deciso di orientare le scelte strategiche per giungere alla loro possibile composizione nell’ottica del raggiungimento del più ampio obiettivo nazionale di sviluppo. La principale novità dell’analisi condotta risiede nell’aver affrontato, attraverso uno studio empirico, come l’ottica della convenienza economica e sociale nazionale spinga la governance politica ad accettare la non sostenibilità economica d’impresa e socio-ambientale di contesto locale, ponendo in essere meccanismi di intervento che compongono e orientano i vari interessi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.